Ripristinare la natura

Entra in vigore il regolamento dell’Unione europea sul ripristino della natura, nonostante l’opposizione di alcuni Stati membri, tra cui l’Italia
Foto PEXELS
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Secondo gli ultimi dati dall’Agenzia europea dell’ambiente, risalenti al 2020, nell’Unione europea (Ue) l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la perdita di habitat e la presenza di specie invasive stanno mettendo a rischio la sopravvivenza degli ecosistemi naturali e sulle specie che vi vivono. Per esempio, l’80% degli habitat è in cattive condizioni, il 10% delle specie di api e farfalle è a rischio di estinzione, mentre il 70% dei terreni è in condizioni di degrado.

Sebbene le api selvatiche siano i più noti impollinatori dei fiori, essenziali per garantire la crescita delle colture più conosciuti, anche altre specie di insetti contribuiscono all’impollinazione, come farfalle, coleotteri, sirfidi, falene e vespe. Basti pensare che il valore della produzione agricola annuale dell’Ue direttamente legata agli insetti impollinatori ammonta a quasi 5 miliardi di €.

Contrastare il decadimento ambientale è evidentemente una priorità e, per questo, l’Ue ha approvato il cosiddetto regolamento europeo sul ripristino della natura, uno degli elementi fondamentali del Green Deal europeo, proposto dalla Commissione europea nel giugno 2022 e pienamente in vigore dal 18 agosto, dopo l’approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Ue. Esso fissa, per la prima volta, degli obiettivi vincolanti per ripristinare gli ecosistemi, gli habitat naturali e le specie.

La ragione del regolamento europeo sul ripristino della natura sta nel fatto che il delicato equilibrio tra le specie e i loro habitat garantisce un ambiente naturale sano e ben funzionante che, altrimenti, gli ecosistemi si degradano e perdono la loro capacità di fornire servizi vitali che sono necessari per la vita umana, come la fornitura di alimenti nutrienti, la produzione di ossigeno, il reperimento di risorse naturali, l’assorbimento di CO2 utile a mitigare i cambiamenti climatici.

Inoltre, la natura è il fondamento dell’economia mondiale, dato che oltre la metà del Prodotto Interno Lordo (PIL) globale, cioè la ricchezza prodotta nel mondo, dipende dai materiali e dai servizi degli ecosistemi; basti pensare agli alimenti per le persone e gli animali, ai terreni fertili, alle materie prime essenziali per l’industria e le costruzioni, ai benefici per la salute mentale, alle riserve di acqua dolce, alle risorse genetiche necessarie per l’agricoltura e la medicina.

Le norme previste dal regolamento europeo sul ripristino della natura stabiliscono un obiettivo vincolante che imporrà agli Stati membri dell’Ue di attuare misure di ripristino della natura che raggiungano almeno il 20% degli habitat terrestri, costieri, marini e di acqua dolce dell’Ue entro il 2030. Poi, entro il 2050, dovranno essere sviluppate delle misure per tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino. Successivamente, sarà necessario coprire il 60% degli habitat entro il 2040 e il 90% entro il 2050. Le nuove norme del regolamento europeo sul ripristino della natura invertiranno il calo degli impollinatori accrescendone le popolazioni entro il 2030.

Le foreste ricoprono quasi il 40% del territorio dell’Ue e sono essenziali per la mitigazione dei cambiamenti climatici, in quanto servono da pozzi di assorbimento del carbonio e ospitano gran parte della biodiversità europea. Le nuove norme europee mirano a rafforzare la biodiversità nelle foreste ed impegnano gli Stati membri a migliorare lo stato delle foreste utilizzando indicatori specifici in grado di misurare la salute dell’ecosistema forestale, per esempio osservando la quantità di legno morto, che fornisce un habitat a molti organismi forestali e contribuisce alla formazione del suolo e monitorando il numero di specie di uccelli. Inoltre, gli Stati membri dovranno contribuire a piantare almeno tre miliardi di alberi in tutta l’Ue entro il 2030.

Quando pensiamo agli ecosistemi dobbiamo pensare anche agli ecosistemi urbani, che rappresentano il 22% della superficie terrestre dell’Ue, e sono costituiti da parchi, giardini, alberi e prati, habitat di piante, uccelli e insetti. Le nuove norme europee promuoveranno l’aumento degli spazi verdi nelle città, nei piccoli centri e nelle periferie, garantendo l’assenza di perdita di spazio verde entro il 2030 e l’aumento degli alberi nelle città.

Le nuove norme prevedono anche la rimozione di barriere nei fiumi dell’Ue, come dighe, sbarramenti e rampe, al fine di garantire una maggiore continuità nelle reti fluviali, per raggiungere i 25.000 km di fiumi a scorrimento libero entro il 2030, per consentire il movimento di acqua, sedimenti, pesci e altri organismi e sono fondamentali per migliorare lo stato delle acque dell’UE e rafforzare la biodiversità.

Gli obiettivi del regolamento europeo sul ripristino della natura si basano anche sull’impegno internazionale assunto dall’Ue e dai suoi Stati membri nella Convenzione sulla diversità biologica, firmata a Rio de Janeiro nel 1992, che prevede la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile dei componenti della diversità biologica e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche. Inoltre, ciò è in linea con l’accordo per ripristinare gli ecosistemi terrestri e marini entro il 2030, raggiunto al vertice delle Nazioni Unite sulla biodiversità del 2022.

Il regolamento europeo sul ripristino della natura impone agli Stati membri dell’Ue di elaborare piani nazionali di ripristino, che arrivino fino al 2050 e che contemplino le misure di ripristino necessarie per il conseguimento degli obiettivi stabiliti dal regolamento, la superficie totale da ripristinare, nonché un calendario.

L’Italia, che pure sostiene l’obiettivo di tutelare e riparare gli ecosistemi, ha osservato che il regolamento avrà degli impatti negativi sul settore agricolo, cruciale per l’economia e la sicurezza alimentare dell’Italia e dell’Ue. Per questo, in sede di Consiglio dell’Ue, l’Italia ha votato contro la proposta di regolamento insieme a Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia e Svezia, mentre il Belgio si è astenuto. Il regolamento è stato comunque approvato a maggioranza qualificata, che si ottiene con il voto di almeno 15 Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Ue.

Il punto debole del regolamento europeo sul ripristino della natura è proprio la sua applicazione da parte degli Stati membri e di quelli che continuano ad osservare le questioni ambientali in modo miope, senza considerare che preservare la biodiversità è lo strumento migliore per tutelare gli agricoltori contro fenomeni come il decadimento dei terreni e il dissesto idrogeologico.

Paesi come l’Italia, caratterizzata da un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in Europa sia per numero totale di specie animali e vegetali, sia perché molte di queste sono unicamente presenti in determinati territori, secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale vede la propria biodiversità seriamente minacciata.

D’altronde, i cittadini europei sembrano essere più consapevoli dei rischi ambientali di quanto lo siano alcuni governi. Secondo un sondaggio di Eurobarometro del 2024, il 78% dei cittadini europei ritiene che le questioni ambientali abbiano un effetto diretto sulla loro vita quotidiana e sulla loro salute, mentre l’84% degli intervistati ritiene che la legislazione dell’Ue sull’ambiente sia necessaria per proteggere l’ambiente nel proprio Paese, mentre per il 92% dei rispondenti le aziende dovrebbero farsi carico dei costi legati alla bonifica dell’inquinamento. Infine, secondo il 30% dei cittadini europei, l’ambito prioritario dell’azione dell’Ue a medio termine è quello del clima e dell’ambiente.

Secondo un’indagine del 2023, il 93% dei cittadini europei ritiene che i cambiamenti climatici rappresentino un grave problema su scala mondiale, mentre il 58 % ritiene che la transizione verso un’economia verde andrebbe accelerata, laddove il 73% degli intervistati pensa che i costi dei danni causati dai cambiamenti

climatici siano molto superiori agli investimenti necessari per la transizione verde e il 75% dei rispondenti pensa che la lotta ai cambiamenti climatici favorirà l’innovazione.

Infine, è interessante notare il 93% dei cittadini europei è impegnato individualmente in favore del clima e opta per scelte sostenibili nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, oltre l’azione individuale, gli intervistati ritengono che sia necessario anche l’impegno dei governi nazionali (56%) e dell’Ue (56%), nonché delle imprese e dell’industria (53%).

 

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