Fuoco vicino ad Atene
Ancora una volta i greci sono spettatori nello stesso film.
Dal pomeriggio della domenica scorsa, 11 agosto, fuochi feroci a Nord-Est di Atene hanno bruciato quasi 100 mila ettari, decine di case, imprese e macchine, in più c’è stata anche una vittima – una donna di 60 anni che lavorava in una delle imprese bruciate − cosa che succede quasi ogni estate, questa volta però non si tratta solo di fuochi boschivi ma di furiosi incendi che sono arrivati a meno di trenta chilometri dal centro di Atene.
L’incendio principale si è sviluppato tra Varnavas e Grammatiko (pochi chilometri a nord di Maratona), ha quindi salito e disceso tre colline arrivando al monte Pentele (1.100 metri, dove si trova la cava del famoso marmo pentelico) poi al sobborgo balneare di Nea Makri e alla città di Maratona per piegare infine verso Vrillissia e Chalandri, proprio ai confini del cimitero delle due località e a poco più di 20 Km dal Partenone di Atene.
Nonostante lo sforzo immenso di 560 vigili di fuoco, supportati da aerei ed elicotteri, e di numerosi volontari, il risultato è stato devastante. Si deve sottolineare che le case bruciate non erano case di campagna o di vacanza ma vere e proprie case di residenti, il che vuol dire che molte persone si trovano adesso proprio a zero, in attesa di un aiuto del municipio o dello stato, che in ogni caso non basterà.
Una delle case distrutte dal fuoco apparteneva a una delle persone condannate per incendio colposo per aver provocato il disastroso incendio di Mati (23 luglio 2018), in cui morirono 104 persone: tragica ironia oppure autentica nemesi? E se nessun vicino in questi giorni ha tentato di aiutarlo, è pur vero che nessuno è felice o prova consolazione per quello che gli è accaduto.
Il governo greco ha fatto ricorso al Meccanismo Europeo di Protezione Civile e parecchi paesi hanno risposto alla richiesta di aiuto, come Francia, Italia, Serbia, Romania e Cipro. Anche la Turchia si è dichiarata disponibile al soccorso. Però la catastrofe è ormai avvenuta.
Come succede in simili circonstanze, in politica l’intera opposizione attacca e accusa il governo, e non senza ragione. È vero che la crisi climatica è un fatto noto da decenni, e si sa che la siccità colpisce specialmente i paesi mediterranei, ed è innegabile che le alte temperature e il vento forte che cambiava continuamente il percorso del fuoco hanno contribuito non poco al disastro, ma non si possono ignorare le carenze di personale e di mezzi aerei; e rimane il fatto che i vigili di fuoco, questi veri eroi, sono pagati pochissimo e che la maggior parte del personale è stagionale.
Per tutto questo, per i periodi in cui sono frequenti fuochi e incendi si può fare di più con un’adeguata programmazione e il coordinamento dei servizi pubblici a molti livelli. Si dice che chi non impara dalla storia è condannato a ripeterla, solo che questa storia degli incendi che si ripresentano ogni anno sta costando moltissimo alla natura, all’economia e alla vita quotidiana di molte, troppe persone. E alla qualità di vita di moltissime altre.