Rivisitare un capolavoro
Andare a Venezia, gremita di un turismo selvaggio,e di questi giorni, è una impresa scoraggiante. Ma si può trovare la forza, e il coraggio di entrare nella città pulviscolare di umanità e scoprire che Venezia è anche la città del silenzio.
Si arriva alla gotica chiesa dei Frari – i frati francescani – si entra e le arcate alte ci accolgono fra spazi ampi, luminosi, che favoriscono il silenzio e il raccoglimento. La basilica custodisce capolavori del Bellini e di Tiziano, come la Pala Pesaro di recente restaurata che ha ritrovato le tinte squillanti dell’autore.
Ma lo sguardo fin dall’ingresso va alla immensa tavola dell’abside dove giganteggia l’Assunta. I turisti ci sono, guardano, fotografano, escono. Stranamente, non disturbano. Perciò, seduti sui banchi antichi di noce scura, si può contemplare il capolavoro. Era il 1518 quando i veneziani restarono a bocca aperta di fronte al trionfo della luce, del colore, della passione gloriosa inscenata dal giovane Tiziano. Abituati alle Assunzioni tranquille con Maria in cielo , la tomba vuota piena di fiori, i discepoli in coro oranti, tutto ordinato e composto, quell’accensione emotiva li sconcertava.
Tiziano vedeva in Maria danzante sulle nubi incontro al Padre che la incorona, il trionfo clamoroso della prima creatura umana a vivere dopo la morte in corpo e anima. Il pittore celebrava la resurrezione dell’umanità, la vittoria della vita sulla morte, la speranza realizzata.
E se in basso gli apostoli giganteschi – sulle orme del Michelangelo della Sistina -erano in preda ai sentimenti più discordanti ( emozione paura sorpresa sbigottimento), tra le nuvole e l’oro del cielo, tra schiere di angeli piccoli e grandi in una festa senza fine, lei, la Donna per eccellenza si recava all’abbraccio del Padre in volo sulle ali dello Spirito col volto radioso, le vesti rosse e blu fluttuanti, e la gioia più bella dell’arte tizianesca.
Mai più Tiziano avrebbe ritrovato un sorriso tanto puro, incantato, anche”bambino”, pieno di freschezza e di leggerezza. Di leggerezza, perché la tavola, pur nelle dimensioni vaste, è lieve, palpitante, vibra nella luce e nel colore ricchissimo, specie il rosso fuoco. La tavola vola, perché il suo respiro, la sua anima -e ci siamo noi con Tiziano in essa vola.
Si osserva l’opera, si lascia il silenzio entrarci ed anche noi ci troviamo su nell’oro e nella fiamma, dove è sempre giorno pieno. Si capisce che dopo una simile opera, nel 1518, il giovane Tiziano doveva diventare il primo pittore di Venezia.
Uscendo dalla basilica, si trova la Scuola Grande di san Rocco. Tintoretto ha dipinto qui anche lui la sua Assunta: dinamica, mossa, vitale. Si ammira, ma è altra cosa. Si deve rientrare in basilica, per ritrovare un assaggio di bellezza e di immortalità.
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