Mattarella, con chiarezza alle radici della Repubblica

Mese di agosto pieno di eventi di cui fare memoria senza ambiguità per mantenere salde le radici dell’Italia repubblicana. Dalla strage nazifascista di Sant’Anna di Stazzena del 1944 all’inquietante strategia eversiva degli attentati alla stazione di Bologna nel 1980 e al treno Italicus nel 1974
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (ANSA/UFFICIO STAMPA QUIRINALE/PAOLO GIANDOTTI)

Il sempre più torrido mese di Agosto in Italia è contrassegnato dalla ricorrenza di eventi traumatici nella storia nazionale che non possono essere rimossi senza perdere l’identità del Paese.

Un pericolo finora sventato dalla presenza di Sergio Mattarella sul colle più alto di Roma, nel palazzo del Quirinale costruito dai pontefici come residenza estiva sul luogo che prende il nome dal dio Quirino associato a Romolo, mitico fondatore di una città nata dalla contesa di un confine e dal fratricidio di Remo.

Le radici della Repubblica sono da sempre al centro dell’attenzione del presidente Mattarella come testimonia la visita alle Fosse ardeatine come primo gesto compito dopo la sua elezione avvenuta nel 2015.

Quel posto marginale sulla via Ardeatina a Roma, luogo di estrazione della pozzolana per le costruzioni, resta un segno di contraddizione nella storia della Resistenza contro il regime nazifascista che, con i suoi gerarchi, decise di eseguire immediatamente la condanna a morte contro 335 persone rastrellate in fretta quale rappresaglia dell’attentato compiuto dai partigiani in via Rasella contro le truppe di occupazione tedesca nel marzo 1944 che provocò 35 morti e 64 feriti.

E così anche il 12 agosto 2024 dal Quirinale sono arrivate parole inequivocabili per ricordare gli 80 anni dall’eccidio di Sant’Anna di Stazzena, sull’Appennino tosco emiliano, quando nel 1944 «reparti delle SS naziste, con la complicità fascista, compirono nelle frazioni di Stazzema uno degli eccidi più spietati della Seconda Guerra Mondiale, uccidendo senza pietà donne, anziani, bambini, sfollati che pensavano di aver trovato un rifugio sottraendosi ai combattimenti». Come sottolinea Sergio Mattarella «fu la guerra portata alle popolazioni civili, lo sterminio di comunità locali incolpevoli. Fu la tragedia che si abbattè sui villaggi della linea Gotica, a Padule di Fucecchio, a Marzabotto, fra le altre».

Il senso del fare memoria per il presidente della Repubblica è quello di indicare una strada di redenzione e liberazione da rinnovare con decisione: «Il baratro nel quale allora sprofondò l’umanità ha reso questi luoghi un sacrario europeo del dolore, e un simbolo di riscatto di quella rinascita umana e civile che ha saputo opporsi alla barbarie, generando democrazia, libertà, pace, laddove si voleva cancellare ogni speranza».

Tale chiarezza di visione storica e culturale alimenta la nitidezza del giudizio verso eventi traumatici più recenti e ancora non risolti nella vita della Repubblica. Da Mattarella è arrivato sempre in questo mese agostano il ricordo della la strage dell’Italicus avvenuta 50 anni addietro, nella notte tra il 3 e 4 agosto 74:  «la strategia terroristica che mirava a destabilizzare la Repubblica colpì il treno Italicus a San Benedetto Val di Sambro, seminando morte e dolore. Era un convoglio diretto in Germania, affollato di viaggiatori, molti dei quali migranti che tornavano al lavoro.

Undici passeggeri morirono nell’incendio che seguì l’esplosione. La dodicesima vittima fu un ferroviere, Silver Sirotti, medaglia d’oro al valor civile per il suo eroismo: perse la vita salvandone molte altre». L’intervento di Mattarella ha posto in evidenza con chiarezza la radice ideologica di tale atto criminale e la difficoltà della giustizia a condannare i colpevoli collegati a trame eversive: «Nella catena sanguinosa della stagione stragista dell’estrema destra italiana, di cui la strage dell’Italicus è parte significativa, emerge la matrice neofascista, come sottolineato dalla sentenza della Corte di Cassazione e dalle conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia P2, pur se i procedimenti giudiziari non hanno portato alla espressa condanna di responsabili».

Alieno da ogni ambiguità, per chi da raffinato giurista conosce il peso delle parole, è stato inoltre il messaggio consegnato in memoria della strage della stazione di Bologna avvenuta il 2 agosto 1980 in una città che è stata «teatro di una spietata strategia eversiva neofascista nutrita di complicità annidate in consorterie sovversive che hanno tentato di aggredire la libertà conquistata dagli italiani».

Come affermato con forza relativamente agli 80 anni dalla strage di Stazzena, «la Repubblica può qui riconoscere le sue radici. Quelle che, anche oggi, ci spingono a respingere le ragioni della guerra come strumento di risoluzione delle controversie.

Il testimone della memoria e dell’impegno continuerà, come a Sant’Anna di Stazzema, a passare di mano in mano, per ricordarci che si tratta di crimini imprescrittibili, per accompagnarci sulla strada della civiltà e della pace, sconfiggendo chi fa crescere l’odio».

Qui il sito dedicato alla memoria della strage di Sant’Anna di Stazzena

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