Le stagioni

Un inno a non perdere la magia del tempo

Era ottobre, e con la classe avevamo cominciato il percorso sul testo poetico. Prima di presentare poesie e autori, ero solita precedere la spiegazione con una riflessione su suoni, colori, odori, sfumature della stagione in corso.

Ad un alunno dal primo banco, a cui chiedevo: «Dimmi, guardandoti intorno, da cosa vedi che è autunno?». Mi rispose: «Al supermercato ci sono le zucche per Halloween, ma stanno già mettendo i panettoni! e gli addobbi del Natale!». Avevo ragione di insistere sull’osservazione dei colori, dei profumi, dei suoni, dei significati della Natura? O aveva ragione il mio alunno?

Così, tristemente sorridendo, pensai che l’uomo fa, sì, parte della Natura ma che, in realtà, è l’aspetto consumistico che l’accompagna, a farci sentire il suo scorrere e il suo alternarsi. Come tante scatole che si susseguono, da mettere, spostare e riempire, quelle con cui i supermercati riempiono i loro spazi: appena finito Halloween arrivano i panettoni, poi gli addobbi del Natale e via così fino alle uova di cioccolato, e subito dopo gli articoli estivi….

Che ne è stato del senso antropologico delle stagioni? A stento, se la sollecitiamo, sopravvive la metafora che accosta le stagioni dell’anno alla vita umana: la primavera è la nascita, poi c’è la maturità, poi il declino, e poi la scomparsa. In attesa della nuova rinascita. Eppure, altro ci hanno insegnato gli antichi, i filosofi, gli artisti. Per gli antichi, i Greci, i Romani, le stagioni erano il vissuto che ci amalgamava fortemente alla Natura, la liturgia della terra.

L’estate era il momento del raccolto: il grano, i frutti maturi e succosi. Erano il premio della fatica, un premio da gustare con tutta la passione. Tutto era grande e bello, esplosivo di energia solare come un girasole enorme e sonoro con la sua “tromba della solarità[1]”, o come i frutti più belli, quelli che l’uomo poteva cogliere.

Una bellissima immagine legata alla terra, è quella di certi poeti (Teocrito, in Grecia, Virgilio, in latino[2]) che descrivono beati pastori che, tra il grano e la matura campagna, sotto l’ombra di un ampio faggio, si dilettano in gare di canzoni fra di loro, accompagnandosi da un flauto improvvisato (una semplice canna aggiustata con opportuni sfiatatoi per dita e aria). Sotto il sole del mezzogiorno, o la sera, al tramonto, nel dileguare della calura, essi vivono felici gareggiando fra loro a chi compone la canzone più bella per la ragazza amata.

Un’immagine bucolica e idilliaca, dove non hanno posto ombrelloni, sudore, calore, spiagge, rumore. Niente tensioni e grida. L’urlo di Munch[3], deve essere avvenuto dopo il terrore dei girasoli, troppo forti, troppo intensi e intrisi di tensione. Troppo, per tanti che, d’estate, portano una fatica in più, come il terrore del “bello per forza”: un corpo da esibire, preda di rumori e schiamazzi. Caldo, sudore, fatica.

Così si aspetta l’autunno, che è, anche per l’arte e la letteratura, il mese del riposo, dopo la snervante estate. È ancora tiepida, l’aria. A volte ci regala mesi di una dolce estate tardiva. È la stagione del declino, dove la parola “declino” non significa invecchiare e morire, bensì riposarsi dopo tanto stress, finalmente dormire. Le ombre si fanno più lunghe e si può rallentare. Fermarsi, riflettere.

Il periodo autunnale, invita proprio a riconnetterti con il tuo ritmo interiore: le giornate che si accorciano ricordano qualcosa che affievolisce, secondo un ciclo inevitabile. Le foglie, pronte a staccarsi, sono la metafora della fragilità della vita; ne ha colta magistralmente l’essenza Giuseppe Ungaretti. Il poeta è sul fronte di guerra, la prima guerra mondiale; chiuso in una stretta trincea, con compagni che possono morire ad ogni istante, scrive: «si sta/come d’autunno/sugli alberi/ le foglie»[4]. Il poeta si sente una foglia d’albero in autunno, pronta a staccarsi. Mai, similitudine è stata tanto grande. Della stessa sinfonia, ma con diversa sfumatura, è la bellissima poesia di Ada Negri[5]: «Fa che io mi stacchi dal più alto ramo della mia vita, così, semplicemente: inondata di te, come del sole», dice, in una preghiera a Dio.

E Autunno è anche la vita intima che riprende: un fuoco che scoppietta, mentre, finalmente, torniamo a guardarci dentro, dopo tanta proiezione all’esterno, dopo tanto “fuori”. Perché deve esserci il momento del fuori, ma, per il nostro equilibrio, anche quello del “dentro”. Se le piogge a settembre e ottobre bagneranno la terra, i colori bruciati scoppieranno e ci avvolgeranno in un abbraccio caldo. La terra tornerà a profumare, di humus bagnato di foglie cadute in letti soffici, di ricci maturi, pieni di frutti… E ci porterà, il tardo autunno, per mano al Natale.

Ma novembre, ci insegna anche la rinascita. Uno studio sugli ormoni del corpo umano di due psichiatri, K. Gehlken e K. Wanke afferma: «A Novembre il corpo riprende a produrre ormoni energetici che regolano e stimolano il metabolismo; si avverte quindi un aumento di dinamismo mentale»[6]. Noi come la terra: a novembre sembra primavera. I contadini arano e seminano e la forza psichica del seme, che rinasce sotto la terra che lo protegge, ci crea un bioritmo di attese positive. D’altra parte, «se il seme non marcisce non dà frutto»[7]. Abbiamo più tempo di pensarci?

Novembre è una confusa realtà fra inverno e chiarore, fra luce e ombre. Tanto che anche G. Pascoli è pronto a confondere la nevicata delle foglie con la prima neve…così che, nell’illusione, ti sembra primavera («del prunalbo l’odorino amaro senti nel cuore»). Un’estate fredda, come la definisce.

E, quando l’inverno ci avvolge con la sua coltre ovattata, nasce un’altra gara: tra chi odia il freddo e chi lo ama come si ama un guscio protettivo. Le atmosfere sono rarefatte. La lentezza dello scorrere delle attività umane, il riposo della natura e il calore domestico si contrappongono al clima freddo e grigio. È la stagione del riposo, delle serate trascorse al caminetto acceso, e dei tramonti silenziosi. Il freddo toglie lo stress dell’estate, quella che impietosamente ti giudica. «Il freddo unifica… in inverno – diceva Woody Allen –, siamo tutti uguali: abbiamo tutti un cappotto»[8]!

Ma il tempo corre: è appena ieri Natale, ma già spunta la Befana. Una comparsa breve, tanto da non lasciar tempo per riflettere sul vero significato dell’epifania…che subito arriva il carnevale. Frastornante, colorato. Risate, anche se di malinconia. Febbraio non ha spazio, è una comparsa breve.

Pensare, invece, che febbraio sarebbe il mese della speranza, il vero arrivo della primavera: il 21 febbraio, entra la “primavera in mare”. Si cominciano a pescare seppie, ombrine, occhiate, e inizia a fruttare la posidonia oceanica, pianta marina fondamentale per la vita del Mediterraneo. L’aria ha il pizzicorino salmastro che, nei paesi di campagna sul mare, si mescola a certe erbe che nascono nei campi lasciati a riposo. Lo senti nell’aria.

Marzo, pazzerello, secondo i proverbi popolari può serbare sorprese ogni giorno: se piove, è una pioggia argentina. «Che dice la pioggerellina/di marzo, che/picchia argentina/sui tegoli vecchi/del tetto, sui bruscoli secchi/dell’orto, sul fico e sul moro/ornati di gemmule d’oro?»[9], dice una bella poesia di Angiolo Silvio Novaro. La pioggia “argentina” dice che l’inverno è passato, e annuncia la gioia di riprendersi, di rivivere

Però non c’è tempo per pensare, perché arriva la Pasqua…Lo vediamo perché nei supermercati arrivano le uova, e i loro canti si mescolano alle esigenze liturgiche, al greve sentire della morte e della risurrezione… di Cristo, come della Natura. Ma è un attimo: subito si riapre l’estate, le spiagge, il sole, il culto del bello, le ferie (come esige la moda), il divertimento forzato.

Troveremo, noi umani, un posto per riflettere sul vero significato, liturgico e psichico, delle stagioni ed abbracciare la saggezza, insita in ognuna di esse?

[1] citazione da E. Montale: I Limoni, 1922

[2] Teocrito è un poeta greco siciliano del IV-III sec. a.C., che si ritiene l’inventore della poesia arcadica. A lui si sarebbe ispirato Virgilio, nelle Bucoliche.

[3] Edwuard Munch, pittore, fine 1800.

[4] G. Ungaretti, “Soldati”, 1918.

[5] Ada Negri (1870-1945), “Preghiera d’autunno”.

[6] la notizia è riportata dal Blog “Quora”:

[7] Gv 12,20-33.

[8] W.Allen, Io e Annie.

[9] Pubblicata a Padova, Zanibon, 1930.

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