I 7 peccati dell’Italia secondo Cottarelli

Come correggere i nostri errori e imboccare strade nuove di sviluppo sostenibili. L’economista al Cortile di Francesco 2018

«L’economia italiana è cresciuta poco negli ultimi vent’anni. Ha accelerato un po’ nel 2017, ma hanno accelerato anche tutti gli altri paesi. Se fosse una corsa ciclistica, sarebbe come rallegrarsi di andare più veloci senza accorgersi di avere iniziato un tratto in discesa. In realtà, anche in discesa il distacco dal gruppo sta aumentando».

Perché l’economia italiana non riesce a recuperare? Secondo Carlo Cottarelli – uno dei protagonisti degli incontri dedicati allo sviluppo socio economico nell’ambito della quarta edizione del Cortile di Francesco 2018 –, esistono alcuni ostacoli molto ingombranti. Sono i sette peccati capitali che bloccano il nostro Paese: l’evasione fiscale, la corruzione, la troppa burocrazia, la lentezza della giustizia, il crollo demografico, il divario tra Nord e Sud, la difficoltà a convivere con l’euro.

Quali sono le cause di questi peccati? Davvero commettiamo più errori degli altri Paesi? Ma, soprattutto, ci sono segnali di miglioramento e speranza per il futuro? Dopo un’esperienza decennale da dirigente del Fondo monetario internazionale, Cottarelli è tornato in Italia e ha risposto alle domande con un linguaggio semplice, ma rigoroso. Se i segnali positivi sono ancora parziali e moltissimo resta ancora da fare, ha affermato, la precarietà che impedisce la nostra ripresa non è legata a un destino che siamo costretti a subire. La sua voce ad Assisi è limpida: occorre correggere i nostri errori e indicare strade nuove di sviluppo sostenibili. «Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell’equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta».

 

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