La fede come motore per la cura del creato
Scrive papa Francesco nella sua enciclica Laudato Si’ (2015): «La capacità di riflessione, il ragionamento, la creatività, l’interpretazione, l’elaborazione artistica ed altre capacità originali mostrano una singolarità che trascende l’ambito fisico e biologico (…) Ognuno di noi dispone in sé di un’identità personale in grado di entrare in dialogo con gli altri e con Dio stesso». L’ecologia in questo modo si amplia e si arricchisce, diventando così “Ecologia delle relazioni” (vedi articolo CN on line del 12/03/24).
Se amiamo l’ambiente, siamo tutti chiamati a interrogarci sul nostro rapporto con noi stessi, la natura, gli altri e con Dio. Sono quelle quattro relazioni in cui Francesco di Assisi ha dimostrato di eccellere perché «era un mistico e pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con sé stesso».
È in questa rete di relazioni che si inserisce questa mia riflessione sul ruolo della fede nel prendersi cura dell’ambiente. A differenza di altre parti del mondo, in occidente, il secolarismo ci porta a parlare, in tutti i contesti, della relazione con sé stessi, con gli altri e con la natura ma non altrettanto di quella con Dio, relegandola alla sfera privata.
Eppure nel mondo oggi ci sono oltre 2,3 miliardi di cristiani, 1,9 miliardi di musulmani e 1,16 miliardi di induisti per un totale di 5.36 miliardi. A questi si aggiungono oltre 500 milioni di buddisti e 430 milioni di religioni su base etnica regionale, e quindi circa un altro miliardo di persone in più (dati dal Sole 24 ore, 16 febbraio 2022).
Quindi più del 75 % delle persone che abitano il pianeta credono in Dio o comunque in un ordine superiore che è all’origine della creazione. E se c’è una cosa che accomuna tutti questi credenti e che può creare un terreno comune per l’impegno ambientale, è la risposta che si sono dati ad una domanda che gli esseri umani, di tutti i tempi, si pongono: da chi proviene l’ordine e la bellezza del creato?
Madre Bakhita, quando era piccola e ancora di fede animista, ricordava: «Nel mio villaggio in Africa vedendo il sole, la luna e le stelle, le bellezze della natura mi chiedevo chi mai poteva essere il padrone di queste belle cose? E provavo una gran voglia di vederlo, di conoscerlo e di prestargli omaggio». (Zanini, Bakhita. La schiava diventata santa, 2013)
Per la religione islamica la bellezza e l’ordine del creato, dalla complessità degli esseri viventi alla maestosità del cosmo, testimoniano la presenza e la potenza di Allah (traduzione in arabo di ‘Dio’). «Al-muḥit è uno dei nomi di Dio, “colui che circonda” tutto il creato, come afferma questo versetto: “A Dio appartiene quel che è nei cieli e quel che è sulla terra, la scienza di Dio abbraccia ogni cosa” (Corano 4:126)» ( Elisa Montesi, Tesi di laurea su Islam ed ecologia 2024)
San Girolamo, monaco cristiano del IV-V secolo, affermava: «Di fronte a una nave o a un edificio, non pensiamo noi forse al costruttore o all’architetto, dato che dalle opere noi deduciamo la corrispondente perizia costruttrice? (…) Così Dio è conosciuto nel suo creato e, in un certo senso, esce dalla sua invisibilità».
Maimonide, filosofo e medico ebreo del XII secolo, sosteneva che l’universo è governato da leggi fisiche che dimostrano la perfezione e la sapienza del Creatore. Mi ricordo che Chiara Lubich, rispondendo ad un bambino che le chiedeva come spiegare ad un suo compagno che Dio c’è, non ha fatto riferimento alla sua esperienza mistica del ’49 – che le ha fatto contemplare i misteri della fede con gli occhi interiori – ma ha risposto con semplicità:
«Io direi così: “Guarda il cielo immenso; guarda le stelle lontane anni luce, guarda le montagne: sembra che tocchino il cielo. Le hai fatte tu?’ ‘No’, dirà quel bambino. ‘Nemmeno io. Le ha fatte tuo nonno?’ ‘No’ dirà’ ‘Nemmeno il mio. Le ha fatte il tuo antenato?’ ‘No’. ‘Nemmeno il mio. Quale uomo sulla terra può dire d’aver fatto il mare, tutti i fiori di una distesa sterminata? Nessuno! Ma qualcuno l’ha fatto! Se c’è il cielo, se ci sono le stelle, qualcuno le ha fatte, chi le ha fatte? Dio. È logico!”» (Congresso Gen 4, 1988)
In effetti la bellezza e l’ordine del creato portano l’essere umano a interrogarsi sull’esistenza di un’intelligenza superiore. Per quanto riguarda la mia esperienza è stato necessario imbattermi nel Carisma dell’Unità perché tutto dentro di me si ricomponesse. E, ritrovato il rapporto con Dio, che mi si è manifestato come Amore, ho collegato me stessa, gli altri e il creato all’Autore.
E studiando e insegnando Chimica, più volte, mi sono ritrovata a stupirmi dell’intelligenza e del buon senso che regola il mondo subatomico. Spesso mi sfuggiva dalle labbra la parola: geniale! Come nello studio della disposizione degli elettroni attorno al nucleo. Poche semplici regole che determinano un ordine perfetto e che fanno onore a chi le ha scoperte ma ancora di più a chi le ha inventate.
La natura, in tutta la sua complessità e bellezza, è sicuramente un punto di partenza per un cammino di fede e di rispetto per l’ambiente. Essere consapevoli che questo è un valore condiviso ci dà la speranza che tutti, credenti, non credenti ed agnostici, possiamo trovare buone motivazioni per prenderci cura dell’ambiente e riparare i danni che già gli abbiamo arrecato.
E se è vero che la responsabilità verso la natura è un’urgenza per tutti, per noi cristiani, è un’espressione tangibile della nostra fede. La cura del creato non è un’opzione, ma un dovere derivante dal nostro legame con Dio e con la sua creazione.
«Se il solo fatto di essere umani muove le persone a prendersi cura dell’ambiente del quale sono parte, “i cristiani, in particolare, avvertono che i loro compiti all’interno del creato, i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede”. Pertanto, è un bene per l’umanità e per il mondo che noi credenti riconosciamo meglio gli impegni ecologici che scaturiscono dalle nostre convinzioni”», dalla Laudato si’.
Per questo, per deformazione professionale, darei un compito ai miei lettori: leggere tutto il secondo capitolo (LS 62-100) dell’enciclica Laudato Si “Il vangelo della creazione”, da cui è tratta l’ultima citazione. Insieme, possiamo continuare a pensare a questi temi condividendo esperienze e riflessioni all’indirizzo: rubricacittanuova@tiscali.it
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