Arrendersi?

Una riflessione sul bullismo giovanile dopo un campo estivo sulle Dolomiti
Foto di padre Pasquale Castrilli

Siamo alla conclusione di un campo estivo. 45 giovanissimi da diverse città d’Italia, quattro animatori, sei missionari Oblati di Maria Immacolata, due belle case situate in una valle appartata delle Dolomiti bellunesi. Ambiente ospitale, un’organizzazione notevole per permettere l’arrivo di giovani anche dalle città più lontane, come Palermo e Cagliari. Le passeggiate mattutine hanno messo alla prova molti ragazzi, ma come sempre si sono dimostrate formative, una metafora della vita che è fatta di pianura, di salite e soste, di voglia di tornare indietro… E poi la celebrazione della messa, i pasti in allegria, i giochi di gruppo, gli incontri di riflessione.

Alcuni ragazzi mostrano, già dai primi giorni, atteggiamenti e comportamenti da bulli. Spinte, qualche frase minacciosa, i ragazzi più semplici che diventano bersaglio di battute e scherzi di cattivo gusto. In questi anni ho incontrato, nella mia attività missionaria, tanti ragazzi. Gli adolescenti, in particolare, mi sono sembrati quelli più vulnerabili, attaccati spesso da questo virus che ti fa sentire superiore all’altro per motivi di ordine fisico o di età.

Sembra quasi che per determinare la propria identità bisogna dimostrare di essere i più forti, i più in forma e di non temere nessuno. Sono atteggiamenti che hanno alla base un pensiero mafioso. Una volta, ai tempi del servizio di leva, li definivamo con la parola ‘nonnismo’. Oggi si tratta di una vera piaga sociale; molti dei nostri ragazzi non sanno relazionarsi in una maniera sana, serena, bella.

Cerchiamo un qualche rimedio, ci interroghiamo su cosa fare e cosa dire, decidiamo di convocare i principali protagonisti degli episodi succitati. Parliamo con loro cerchiamo di non giudicarli, ma senz’altro di metterli in guardia. Qualche metro più in là c’è il crimine. La morte di Christopher Thomas Luciani a Pescara lo scorso 23 giugno nasce in fondo da problemi di relazione e da una mentalità di questo tipo. I due giovani quindicenni responsabili dell’omicidio, negli interrogatori dei giorni successivi, hanno mostrato orgoglio per quanto avevano compiuto affermando di aver agito “per farsi rispettare”. La legge del più forte, il branco che non conosce regole e si muove per istinto. Confesso di essere stato attraversato da una profonda tristezza e da un senso di resa. Il problema del bullismo è una vera piaga sociale. Famiglia, scuola, associazioni, Chiesa, sembrano impotenti nel fronteggiare questa deriva.

Non dico niente di nuovo, ma voglio scriverlo. Con i protagonisti di questi episodi non occorrono solo discorsi. Servono modelli, storie da raccontare, occasioni di incontro con i loro di coetanei che si impegnano nel bene. Ci sono tanti giovani accanto ai poveri o che lottano per il rispetto dell’ambiente. Ragazzi che dedicano settimane estive per andare a condividere la vita dei missionari e dei poveri nei Paesi del Sud del mondo. Forse nella settimana con i giovani sulle Dolomiti avremmo dovuto presentare più esperienze sul campo, da conoscere e imitare. I giovani sono capaci di grandi cose.

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