La comunicazione efficace nella coppia: le trappole da evitare
“Ogni fallimento di una relazione, è quasi sempre un fallimento della comunicazione”, afferma Zygmunt Bauman. Questo è vero in ogni relazione ma sicuramente, in special modo, in una relazione di coppia.
Proviamo allora a comprendere quali sono alcuni degli ostacoli che rendono una comunicazione meno efficace. Un primo ostacolo sta nel fatto che non riusciamo davvero ad ascoltare cosa l’altro vuole dire. Frequentemente i nostri filtri mentali ci portano a distorcere il messaggio dell’altro. Possono essere filtri immediati le nostre aspettative sull’argomento, sull’interlocutore o sulla situazione. Meno ci piace una persona più sarà difficile ascoltarla, più una persona ci piace, più saremo disposti a condividere il suo pensiero.
Quando siamo innamorati è molto facile ascoltare il nostro partner, così pure siamo più ben disposti all’ascolto se una persona ci è simpatica o per qualche motivo l’avvertiamo vicina emotivamente. Poi ci sono i filtri più a lungo termine fra cui spiccano i pregiudizi, l’incorniciamento, la tendenza alla conferma. Il pregiudizio ha un grande potere nella comunicazione. Una volta un uomo mi raccontava della sua convinzione che sua moglie fosse una grande manipolatrice. Alla mia domanda su quali basi avesse dedotto una tale convinzione e in che modo si sentiva manipolato, mi rispondeva che in realtà la moglie non lo manipolava, ma a suo avviso aveva comunque un atteggiamento da manipolatrice e di questo era convinto.
La parola incorniciamento, invece, si riferisce al fatto che, il modo in cui un’informazione viene presentata (quindi incorniciata) può produrre un effetto percettivo e comportamentale nell’ascoltatore. Vale a dire che si può dare la stessa informazione in più modi, ciascuno dei quali può mettere in risalto maggiormente un dato aspetto. Questo può influenzare i pensieri più immediati in chi ascolta. Per esempio la moglie può comunicare al marito di aver preso una multa incorniciando così la questione: “Oggi sono stata in centro a fare spese e ho comprato un maglione per te, mi sei venuto in mente e ho pensato proprio di regalartelo. Poi tornando a riprendere la macchina mi sono accorta che avevo preso una multa”. La questione del regalo e del pensiero speciale funge da cornice alla multa e la brutta notizia della sanzione da pagare ha un impatto più dolce sull’interlocutore.
Un altro filtro comunicativo è il cosiddetto bias di conferma. Questo è un processo mentale che consiste nel ricercare, selezionare e interpretare informazioni in modo da porre maggiore attenzione, e quindi attribuire maggiore credibilità, a quelle che confermano le proprie convinzioni o ipotesi e, viceversa, ignorare o sminuire informazioni che le contraddicono. Questo accade spesso in un gruppo, ma anche in una coppia: se la moglie è convinta che fare le vacanze in montagna piuttosto che al mare sia preferibile per via della temperatura più accettabile, appena il marito dirà: “Oggi fa molto caldo, non solo in città, forse anche al mare”, la risposta della moglie potrebbe essere: “Ecco perché io preferisco la vacanza in montagna, si sta di sicuro più freschi!”. E se il marito obietterà: “La mia è solo un’ipotesi e poi sto parlando di oggi, non delle nostre vacanze”, la moglie potrebbe incalzare a sua volta: “Oh, ma di sicuro farà così caldo al mare anche nel periodo che abbiamo scelto per le nostre ferie”.
Un altro ostacolo alla comunicazione è di sicuro la triangolazione. Con essa si identifica una specifica dinamica relazionale nella quale la comunicazione e le interazioni tra due individui non avvengono direttamente, ma sono mediate da una terza persona.
Nello specifico i due partner non si parlano direttamente, eventualmente comunicando anche le criticità della loro relazione, ma si rivolgono ad un terzo con cui parlano del partner. Così facendo le incomprensioni non si risolvono, anzi si amplificano. Il terzo che si sceglie per parlare del partner potrà anche consigliarci più o meno bene e raccogliere le nostre confidenze, ma è necessario che prima o poi parliamo non del partner bensì al partner.
A questo riguardo sono molto tipiche le cosiddette “transazioni a carambola”, cioè delle comunicazioni che hanno un messaggio sociale rivolto a chi ascolta e un messaggio psicologico diretto ad un’altra persona presente e con cui non si sta parlando direttamente. Tali tipi di transazioni nascono da una difficoltà a parlare direttamente con l’interlocutore con cui si vorrebbe parlare, ma alla lunga non sono efficaci, anzi sono fastidiose e nuocciono alla relazione. Un esempio classico è quando, per esempio, in una chat di più persone un partecipante elogia pubblicamente la generosità di qualcuno, ma in realtà si vuole invitare alla generosità qualcun altro comunque presente in chat. Chi riceve questo messaggio può accogliere quanto viene detto sentendolo rivolto anche a sé e magari provando fastidio per questo richiamo non richiesto oppure può ignorarlo completamente visto che non si sta parlando di lui specificatamente. In entrambi i casi la transazione non è stata efficace.
Una strada maestra invece per una comunicazione riuscita è l’utilizzo del “messaggio in prima persona”, piuttosto che usare il tu accusando l’altro di ciò che non va. Per esempio il “tu non mi capisci” può diventare “non riesco a farmi capire da te”. Il “tu non mi ascolti” può cambiare in “quando parlo sento di non essere ascoltato”, il “devo fare tutto da sola/o” in “avverto della stanchezza e avrei bisogno di aiuto, possiamo venirci incontro?”, il “non ti importa niente di me” può cambiare in “mi sento trascurato/a e per questo sto male”.
Assumersi la responsabilità dei propri stati d’animo piuttosto che incolpare il partner dei nostri malesseri genera una vera e propria rivoluzione comunicativa. Il partner, a sua volta, non sentendosi accusato, è più disponibile anch’egli ad ascoltare e a comprendere ciò che gli stiamo esprimendo e anche invogliato a fare altrettanto.
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