Le sorprese delle elezioni francesi: «Cari cugini…»

Marine Le Pen e Jordan Bardella hanno perso il secondo turno delle elezioni. A vincere è stato il cartello delle sinistre guidato da Jean-Luc Mélenchon, il quale rischia di essere però escluso dal governo
Foto Ansa, EPA/Mohammed Badra

Il sistema elettorale francese sembrava porre al riparo il Paese dallo spettro dell’ingovernabilità. Il tabù è caduto, perché oggi in parlamento, all’Assemblée Nationale, siedono quattro-sei gruppi che potrebbero partecipare al governo, ma senza maggioranza assoluta, e quasi senza maggioranza relativa. Tuttavia, il sistema a doppio turno uninominale ha dimostrato la sua alta valenza democratica, perché ha permesso alla popolazione francese di esprimere il suo pensiero, anche se in forma negativa questa volta: no alla destra lepenista.

Anche il sistema elettorale francese subisce la tendenza globale alla polarizzazione, ma in modo atipico, perché, se da una parte c’è una leader indiscussa come Marine Le Pen, dall’altra ce ne sono tre o quattro: Emmanuel Macron, Jean-Luc Mélenchon, Raphaël Glucksmann… Da qui la difficile governabilità del Paese: d’accordo, no alla destra, ma chi governerà?

Alla chiusura delle urne – lo ricordiamo, 178 seggi all’Unione della sinistra, 150 ai macronisti, 125 ai lepenisti, 39 ai gaullisti, più 65 dispersi tra varie formazioni di destra, di centro e di sinistra –, il primo a prendere la parola è stato il vincitore morale del secondo turno, Mélenchon il radicale di sinistra di France Insoumise (Francia non sottomessa), sotto lo sguardo vigile ma meno trionfalista dei suoi alleati nell’Union de la gauche, a partire da quel socialista Glucksmann che non pochi prefigurano come il prossimo primo ministro, soprattutto nel caso di dissoluzione del raggruppamento della sinistra. Bardella ha parlato più tardi, e così Marine Le Pen, con grande frustrazione – il Rassemblement National ha comunque la maggioranza dei voti, un buon 32 per cento, ma non dei seggi –, seppur abbia comunque affermato l’inizio di una nuova era per la conquista del potere.

Certo è che, dopo tre elezioni presidenziali perse da Marine Le Pen, e dopo le speranze nate dai risultati delle europee e del primo turno di queste politiche, sembra confermato come il sistema elettorale francese per dare il potere a una formazione politica “esiga” che questa diventi interna al sistema, e quindi guardi al centro più che alle estreme: a questo proposito, c’è da scommettere che l’altro grande sconfitto delle elezioni sia proprio il suo vincitore, quel Mélenchon che, in fin dei conti, con la sua France Insoumise non ha che una settantina di deputati, e che prima del voto il presidente aveva “scomunicato”, lasciando intendere di non volerlo coinvolgere nella formazione del governo, che, secondo la costituzione presidenzialista francese, spetta a lui e a lui solo.

Macron ha comunque preso tempo, tacendo, lasciando al primo ministro uscente, Attal, il compito di rassegnare le dimissioni, nemmeno immediate come chiedeva Mélenchon, il quale ha pure chiesto di evitare accordi sottobanco per costituire il governo.

E ora? Si aspetta il vaticinio del presidente, il quale, c’è da giurarlo, cercherà di favorire la dissoluzione dell’Union de la gauche, ritrovandosi così con Ensemble come primo partito nel Parlamento. Cercherà di comporre un governo comunque da lui gestibile, escludendo le estreme, cioè France Insoumise e Rassemblement National. I numeri forse ci sono, ma bisogna che sappia convincere i nuovi possibili alleati, dal fronte dei gaullisti spaccati in due – il loro leader Ciotti aveva optato per la Le Pen e Bardella –, fino agli ecologisti e ai socialisti.

Si prospetta uno scenario italo-tedesco: modello Ursula, cioè coalizione tra i maggiori partiti anche di sensibilità diverse, ma con formazioni governative all’italiana, un quadripartito o un pentapartito (ci ricordiamo l’epoca di Andreotti e Craxi?). Vedremo se il sistema francese accetterà questi governi a geometria variabile, o se li rigetterà. Allora non resterebbe che un governo che avanzi giorno per giorno, legge dopo legge, cercando ogni volta una maggioranza diversa.

Resta il problema della tenuta sociale del Paese, con la popolazione divisa radicalmente in due, e con le estreme ringalluzzite dai risultati. Lo scrittore Michel Houellebecq, folle e visionario, ha preconizzato «qualche morto». Speriamo che si sbagli.

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