Il re è tornato: sir Lewis Hamilton trionfa a Silverstone
Sir Lewis Hamilton vince la pazza gara di casa, a Silverstone, davanti ad un Max Verstappen rinato negli ultimi giri e un Lando Norris vittima di scelte strategiche sbagliate e pone così fine al digiuno di vittorie che durava da ben 945 giorni.
Il ritorno di Hammer time
Era il 12 dicembre 2021 e Lewis Hamilton, nell’ultima curva del Gran Premio di Abu Dhabi, iniziava la sua scia di sconfitte. 2 anni e 7 mesi, 55 Gran Premi senza raggiungere il gradino più alto del podio: un incubo per chi, fino a quel momento, aveva lottato per il mondiale e si è ritrovato poi ad affannarsi per salire anche solo sul gradino più basso del podio.
Anni pesanti, interminabili per Hamilton, per Toto Wolff, per la Mercedes e per tutti i fan di chi ha fatto la storia della Formula Uno. Un digiuno iniziato nel peggiore dei modi e poi una strada tutta in salita: dalle gare senza punti, alle mancate qualifiche, al confronto in negativo con il compagno di squadra, fino ai podi ritrovati e adesso, finalmente, anche una ritrovata vittoria, in casa.
Una vittoria in una gara dominata dal sir, soprattutto nei momenti più difficili: la posizione mantenuta sulle rivali in partenza, la leadership presa al compagno di squadra quando la pista ha cominciato a bagnarsi, il pit-stop al momento giusto, la giusta gestione delle gomme, il tempo “hammer” per quasi tutta la gara e che ci aveva già riportati al passato, quel “let me now, mate”, tutto perfetto per una gara che doveva essere la sua gara.
E lo è stata, lo è stata lì dove non poteva essere più speciale; lì, nel circuito preferito dai piloti; lì, dove 16 anni fa vinceva per la prima volta; lì, davanti a un pubblico che più di ogni altro lo ama; lì, nel paese dove è diventato sir; lì, a casa sua. E, così come Charles, appena qualche Gran Premio fa, spezzava la sua maledizione, anche Lewis oggi fa lo stesso con la sua, che lo accompagnava ormai da troppo tempo e, come sono solite fare le leggende, spezza questo sigillo con una serie di numeri impressionati.
Il numero 44, infatti, porta a casa la sua vittoria numero 104 in carriera e, insieme al trofeo, può aggiungere al suo già ricco palmarès, altri due record. Il pilota di Stevenage, a 39 anni e sei mesi, diventa – superando il precedente record detenuto da Kimi Raikkonen dal 2018 – il pilota più anziano di sempre a vincere una gara. Altro record, che già in realtà deteneva insieme a Michael Schumacher, è poi il numero vittorie in un unico GP che, da oggi, dopo la vittoria a Silverstone, passa da otto a nove.
Insomma, un risultato storico per il mondo della Formula Uno ma, forse, soprattutto a livello personale per la stella britannica che, al termine della gara commenta così la sua impresa:
“Non riesco a smettere di piangere. Era dal 2021 che ogni giorno mi alzavo e mi preparavo, allenandomi a livello fisico e mentale, per raggiungere questo obiettivo. Vincere questa gara al mio ultimo GP di Gran Bretagna con questo team era una cosa a cui tenevo tantissimo”.
“Still I rise”
Un Hamilton emozionato, che non riusciva a smettere di piangere, che dall’emozione quasi non riusciva più ad uscire dalla sua monoposto, con una bandiera pronta da sventolare ma che, poi, quasi non riusciva a tenere tra le mani. Un pilota che sapeva che sarebbe stato qui per l’ultima volta con quel casco, con quella tuta, con quell’ingegnere, con l’amico Toto e con il team di tutta una vita e sapeva che, proprio lì, doveva a tutti un ringraziamento speciale. Un campione che molti ormai davano per spacciato, che per qualcuno avrebbe già dovuto appendere il casco a un chiodo ma un campione che, nel buio delle sue paure, delle sue insicurezze, del suo non sentirsi più all’altezza, ha continuato a lavorare, a crederci, a sognare e, come una fenice, è poi risolto dalle sue ceneri.
Perché la vittoria a Silverstone di Hamilton non è solo la vittoria numero 104 in carriera, non è solo la vittoria del pilota più anziano, non è solo la vittoria record numero 9 in una pista, ma è la vittoria della rinascita. È il rialzarsi dopo essere caduto facendosi un male, che più male non si può perché quel 12 dicembre 2021 non è stato solo l’inizio della caduta di Hamilton, ma è stata l’ingiustizia più grande subita dal pilota, è stato il sogno spezzato dell’ottavo mondiale che lo avrebbe consacrato ufficialmente, senza eguali.
È stato l’inizio di un incubo dal quale il sir sembrava non riuscire più a svegliarsi e, probabilmente, in molti avrebbero gettato la spugna. Ma non lui, non uno che ha promesso di riprovarci sempre, di rialzarsi dopo ogni caduta, come il fratello Nicolas, non uno che ha promesso “still I rease” e che, oggi, si è rialzato più forte che mai.
“Mi sento il cuore pieno” queste le sue parole ai microfoni di Sky Sport. Delle parole dette con l’ingenuità e con gli occhi splendenti di un bambino che, a 39 anni suonati, solo chi sogna può avere ancora. Delle parole che ben descrivono lo stato d’animo non solo del pilota, non solo del papà in quel lunghissimo abbraccio, non solo del team, ma di tutti gli appassionati di questo sport che aspettano per anni un momento come questo: aspettano un principino che spezzi la sua maledizione a Monaco, un sir che torni a vincere.
Perché, in fondo, tra i rumori assordanti dei motori, le questioni economiche del budget cap, la monotonia di un mondiale che sembra già deciso in partenza, la freddezza delle macchine, quello che conta veramente è solo quel briciolo di poesia di quegli ultimi romantici che riescono ad emozionare per un podio, per una vittoria, che dicono semplicemente “mi sento il cuore pieno” con degli occhi che già sognano e ci fanno sognare la prossima impresa, la prossima vittoria, quell’ottavo titolo mondiale che, dispiace per Toto, ma ormai dovrà arrivare in tuta rossa.
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