La democrazia non è una scatola vuota, un racconto da Trieste

Dal lavoro dei circoli dei mille delegati da tutta Italia alle 100 piazze dei dibattiti dentro una città aperta al mondo. L’attesa per le iniziative maturate a Trieste durante le Settimane sociali dei cattolici in Italia in linea con «il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico» auspicato da papa Franceso
Papa Francesco a Trieste ANSA/ GABRIELE CROZZOLI

Bisognerà attendere settembre per avere un’idea di cosa è uscito dalla Settimana sociale dei cattolici in Italia che ad inizio luglio 2024 ha radunato qualche migliaio di persone nella città di Trieste.

Mille sono stati i delegati provenienti dalle varie regioni che hanno osservato, in maniera docile, un esperimento di partecipazione che è tutto da verificare nella tecnica adottata. Di certo fa sempre un certo effetto vedere gruppi di 20 persone in circolo distribuiti negli ampi spazi del centro congressi ricavato nell’area del porto vecchio costellato da ex magazzini ancora da ristrutturare.

Circoli del tutto parificati, senza distinzione alcuna, vescovi molto noti assieme a esponenti nazionali dei movimenti e associazioni, accanto a componenti e invitati delle pastorali sociali diocesane.

Settimana Sociale Trieste 2024 foto dei circoli Fonte ufficiale

Ogni gruppo così composto, ha seguito le indicazioni di un facilitatore attento a distribuire tempi precisi di intervento, invitare a elaborare concetti, idee e proposte in poche parole per poi provare a selezionare alcuni tratti comuni da sintetizzare in gruppi ancora più ristretti per poi arrivare ad una serie di proposte di tipo sociale e politico.

Sarà infine il comitato organizzatore a raccogliere le 50 proposte dei circoli per arrivare ad un documento che non vuole essere uno sterile proclama ma indicare la direzione di un percorso condiviso.

Una bella sfida da assumere che si pone in alternativa alla prassi comune dei documenti conclusivi, in larga parte preconfezionati, di tanti congressi e assemblee.

Una sfida molto difficile in tempi difficilissimi in cui il vento della storia è forte come la Bora che tira a Trieste in certi giorni,abbattendo cose e persone se non si è ben ancorati. Non basteranno invocazioni generiche alla pace per rispondere alla logica sempre più pervasiva della guerra che chiede il riarmo e di scegliere immediatamente cosa fare all’irrompere sempre più prevedibile del casus belli nella vita di nazioni che continuano a pensare di restare indenni.

Non serviranno perfetti e dotti proclami sulla democrazia di fronte alla percezione crescente dell’inutilità della partecipazione per il prevalere dei poteri economici.

Siamo in un cambiamento radicale d’epoca che non tutti avvertono, come dimostra il clima vacanziero del centro di Trieste dove approda dal mare un flusso continuo di turisti che sbarcano da enormi navi da crociera, ma che le antenne sensibili della Chiesa hanno percepito da tempo dando luogo a differenti visioni e prospettive.

Se ne è avuto un saggio nelle oltre 100 iniziative diffuse in città, aperte a tutti e promosse negli orari più diversi. Non solo negli stand ideati come expo delle buone pratiche, selezionate dall’esigente vaglio degli organizzatori.

Intorno all’evento della Settimana sociale si sono svolti una miriade di dibattiti e incontri, compreso quello di un gruppo di amministratori locali che hanno proposto un patto permanente di dialogo e confronto dandone prontamente conoscenza alla stampa che, di solito, è attenta alle ricadute politiche immediate di ciò che avviene in queste occasioni.

Nonostante le semplificazioni mediatiche ricorrenti non si tratta di un embrione di un nuovo partito politico di ispirazione cristiana, ma di uno spazio costante di dialogo tra politici su temi concreti.

Il modello sembra quello proposto dall’economista Leonardo Becchetti di offrire “uno spartito” che diversi attori politici possono discutere, condividere e mettere in pratica. È ciò che già fanno su alcuni temi realtà come l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile e il Forum Diseguaglianze e Diversità. Altre associazioni di ogno genere e ben strutturate puntano da sempre ad offrire il loro spartito ai titolari di alcuni ministeri.

Il criterio discriminante per valutare il rapporto con i decisori politici è stato indicato domenica mattina 7 luglio dal papa nel suo intervento ai delegati per ribadire la necessità di agire non per difendere interessi e privilegi di parte ma essere una «voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce. Tanti, tanti non hanno voce. Tanti. Questo è l’amore politico».

È in pratica ciò che ha fatto il vescovo di Trieste, Enrico Trevisi, quando si è recato, nei mei scorsi, ad incontrare i migranti presenti nell’area fatiscente dei silos vicino la stazione ferroviaria per capire come trovare una sistemazione degna della loro umanità. Una sollecitazione che ha agevolato la ricerca di una soluzione adeguata da parte delle istituzioni.

Un gesto ordinario per un cristiano, quello del vescovo, come dimostra da decenni l’operato di don Mario Vatta, autorevole punto di riferimento morale in città per persone di ogni convinzione proprio per la sua attenzione agli ultimi.

Un legame spontaneo e deciso di solidarietà presente nel tessuto sociale della città come si è visto nell’immediata disponibilità di volontari per la gestione di un dormitorio per i senza dimora promosso dal vescovo Trevisi poco dopo la sua nomina a Trieste nel febbraio 2023.

Ma senza girarci troppo intorno il vero nodo da affrontare è l’impegno diretto dei cattolici in politica sollecitato in tanto modi nei giorni di Trieste.  Come ha ribadito papa Francesco «la democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale. Come cattolici, in questo orizzonte, non possiamo accontentarci di una fede marginale, o privata. Ciò significa non tanto di essere ascoltati, ma soprattutto avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico».

Di fronte ai grandi problemi irrisolti, scatta inevitabilmente l’automatismo della necessità di una formazione adeguata. Lo si è visto con il fiorire delle scuole di politica promosse dalle diocesi e dalle associazioni nel periodo della caduta della cosiddetta prima Repubblica. Scuole dall’esito controverso per la loro incidenza effettiva nel formare nuove generazioni di leve politiche.

Di sicuro lo stesso riferimento alla dottrina sociale cristiana conosce una molteplicità di declinazioni. Ad esempio papa Francesco ha indicato a Trieste, per l’ennesima volta, come un esempio da seguire Giorgio La Pira, il sindaco “sovversivo” di Firenze degli anni 50 e 60 che, tuttavia,non è affatto considerato un paradigma da seguire da parte di alcuni correnti di pensiero presenti in ambito ecclesiale.

Quindi quando si fa riferimento alla necessità formazione, esigenza tra l’altro emersa da tutti i circoli dei delegati, occorre capirsi bene sui punti di riferimento da seguire, anche in maniera dialettica.

La formazione può essere anche un alibi a rimandare continuamente l’impegno diretto, come emerso durante il dibattito promosso dalle Acli all’antico Caffè San Marco di Trieste, per presentare il recente libro di Claudio Sardo, “Sfidare il realismo”, con la partecipazione di Alberto Melloni, docente universitario di Storia del cristianesimo che ha colto nella Settimana sociale del 2024 qualcosa che si potrebbe avvicinare, a suo parere, a quella del 1945 dedicata alla Costituzione con i contributi decisivi, in quella edizione, proprio di La Pira e Giuseppe Dossetti.

D’altra parte pretendere di andare al cuore della democrazia, titolo della Settimana, rimanda alla grande questione costituzionale affrontata all’apertura dal discorso del presidente Mattarella sui rischi della maggioranza senza freni.

La questione della riforma dell’autonomia differenziata e quella del premierato è stata affrontata da alcuni degli incontri laterali al programma ufficiale. Il quesito referendario sull’autonomia differenziata è stato presentato sabato 6 luglio in Cassazione anche con la firma delle Acli, tanto per confermare la decisione dell’associazione dei lavoratori cristiani di prendere posizione su tanti punti decisivi.

Ma se, come si afferma solitamente,  la ricerca della pace è al cuore della democrazia, non c’è stato uno spazio dedicato esplicitamente alle scelte del nostro Paese e della Ue sulla questione della guerra in Ucraina e quella in Palestina, anche se Pax Christi, amici di Raoul Follerau, e Comunità papa Giovanni XXIII hanno promosso dei momenti di riflessione sulla pace e, nel programma ufficiale aperto a tutti, hanno potuto portare la loro esperienza Alessandra Morelli, già delegata dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e Nello Scavo, inviato di guerra di Avvenire, assieme alla lezione della professoressa Patrizia Giunti sull’attualità di Giorgio La Pira.

A tutti i numerosi conflitti nel mondo, citati uno per uno come una litania dolorosa, è stata dedicata la veglia organizzata dalla Comunità Sant’Egidio la sera del venerdì 4 luglio nella chiesa di sant’Antonio vecchio. Un momento semplice e solenne in cui il cardinale Matteo Zuppi ha ribadito l’essenza della scelta dei cristiani che non possono adeguarsi alla logica della vendetta, dell’odio e delle armi.

Come declinare non solo personalmente ma politicamente tale opzione radicalmente umana fa parte del cammino che si spera continuerà dopo Trieste, città naturalmente aperta al mondo, custode di una memoria storica condivisa di armonia tra fedi e culture diverse, come illustrato da una piccolo saggio dello storico Raoul Pupo, offerto ai delegati dal vescovo Trevisi.

Porto di Trieste, ANSA/ PORTO.TRIESTE.IT/ FABRIZIO GIRALDI

È quello che ha auspicato il papa nell’omelia durante la celebrazione in piazza Unità d’Italia:  «da questa città di Trieste, affacciata sull’Europa, crocevia di popoli e culture, terra di frontiera, alimentiamo il sogno di una nuova civiltà fondata sulla pace e sulla fraternità; per favore, non scandalizziamoci di Gesù ma, al contrario, indigniamoci per tutte quelle situazioni in cui la vita viene abbruttita, ferita, uccisa; portiamo la profezia del Vangelo nella nostra carne, con le nostre scelte prima ancora che con le parole».

Un invito lanciato da quella stessa splendida piazza affacciata sul mare, dove per non dimenticare la nostra storia nazionale, sono state proclamate nel 1938 le infami leggi razziali che sono la negazione di quella fraternità e sorellanza trasparente nei volti dei tanti delegati e partecipanti alla Settimana sociale. Gente contenta di rivedersi e abbracciarsi, di ascoltare e condividere storie di solidarietà concreta e partecipazione, con gruppi ad ogni angolo pronti a scattare foto di gruppo, come a fermare la percezione di una festa che si vuole continuare a sperimentare.

E tutto grazie alla collanorazione con le istituzioni, al lavoro generoso di centinaia di volontari e di una organizzazione competente e attenta assicurata dai lavoratori della Cei, compreso tutto l’impianto informativo, dall’Agensir ad Avvenire oltre a Tv200 e programmi Rai, che ha garantito una cronaca giornaliera e la conoscenza di tante storie che merita conoscere e approfondire.

 

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