Paolina, un seme portato lontano dal vento

A Vìgolo Vattàro, dove ebbe radici la santa dei migranti trentini
Vigolo Vattaro, casa di Santa Paolina (foto Syrio, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons)

Situato a pochi chilometri da Trento, fin dai segnali turistici Vìgolo Vattàro si annuncia come il borgo che ha dato i natali a santa Paolina Visintainer. Ha ragione padre Fabio Ciardi quando afferma che per penetrare un carisma è importante anche conoscere i luoghi nei quali è vissuta la persona gratificata di un dono dello Spirito: la conferma l’ho avuta addentrandomi nel nucleo storico di questo centro dell’Altopiano della Vigolana, soprattutto visitando la casa in via Marzola dove questa figlia di contadini nacque e visse i suoi primi dieci anni. Neppure le modifiche posteriori e le aggiunte devozionali riescono a nascondere l’estrema povertà di un “nido” troppo angusto per una famiglia composta anche dalla nonna paterna, che in pochi anni si accrebbe di otto figli.

Lì Paolina (ma all’epoca veniva ancora chiamata col suo nome di battesimo: Amabile) ricevette i primi insegnamenti di vita e di fede cristiana, sperimentò il calore affettivo di una famiglia, l’aiuto reciproco tra i suoi membri esteso al prossimo più fragile e indifeso («siamo tutti nella stessa barca», direbbe papa Francesco), l’amore verso Dio e l’affido alla Provvidenza nelle circostanze più dolorose, come la dura necessità di lasciare la propria terra in cerca di miglior fortuna: un fenomeno che, nell’ultimo scorcio dell‘800, vide tante famiglie vigolane affrontare un futuro incerto per poi ricostruirsi in comunità nell’attuale Stato brasiliano di Santa Catarina, ad Alferes, ribattezzata Nova Trento per non dimenticare le proprie origini trentine.

Oggi in una piazzetta del borgo un monumento in legno di cirmolo ricorda gli emigranti che in gruppi successivi si avventurarono sull’oceano. Sul basamento – una prua simbolica – sono incisi i nomi dei diciotto capifamiglia partiti con i propri congiunti nel 1875: tra loro Antonio Napoleone Visintainer, partito con moglie e cinque figli, tra i quali la piccola Amabile.

Man mano che ricostruisco l’itinerario esistenziale di questa donna canonizzata nel 2002 (la prima santa brasiliana!), mi scorrono nella mente le pagine della Fratelli tutti di Francesco, l’enciclica con al centro la parabola del Buon samaritano, di cui il papa offre un commento stupendo e adeguato a questi nostri tempi così carenti di compassione; parabola che più di altre interpreta quello che, ancora giovanissima, Amabile iniziò a Vìgolo e che più tardi, molto più ampiamente, avrebbe realizzato come Madre Paolina del Cuore Agonizzante di Gesù (così volle chiamarsi da consacrata).

Inizia infatti, a casa, col prendersi cura (ecco un altro verbo caro a papa Francesco) dei fratellini, delle sorelline e della nonna inferma, mentre in filanda, dove lavora da quando ha otto anni, è solita dividere la sua merenda con le compagne più povere. In Brasile coadiuva il padre mugnaio nel suo duro mestiere, al tempo stesso incaricata dal parroco di Nova Trento del catechismo dei bambini, della cappella e dell’assistenza ai malati. Da tempo la ragazza desidera donarsi tutta a Dio in una congregazione, ma nel 1887 deve rinunciare a tale progetto a causa della morte della madre, per sobbarcarsi a 22 anni il peso e la conduzione di una famiglia cresciuta nel frattempo con altre cinque nascite.

Tuttavia tra il 1888 e il 1890 alcuni fatti significativi la preparano ad imboccare un’altra strada. Tutto comincia sognando per tre notti consecutive la Madonna di Lourdes che sembra volerle affidare un compito. Poi la proposta, condivisa con una compagna, Virginia, di ritirarsi entrambe in una baracca dove poter pregare, lavorare e al tempo stesso assistere dei malati. Ma come costruire quel ricovero, come lasciare le rispettive famiglie? L’accoglienza di una povera anziana cancerosa, che nessuno è in grado di accudire, e la donazione fatta al parroco di una baracca di legno rendono possibile la realizzazione di quell’idea che esse sentono fortemente ispirata da Dio. Con l’arrivo di altri malati e il darsi da fare delle due “infermiere”, cui s’è aggiunta un’altra compagna, l’esperienza dell’Ospedaletto di S. Vigilio è il primo germoglio della futura congregazione: le Piccole Suore dell’Immacolata Concezione, opera riconosciuta dal vescovo di Curitiba il 25 agosto 1895 e poi benedetta dai papi Leone XIII e Pio XI.

Per sostenere economicamente le nuove vocazioni, i malati e le orfane, e offrire un lavoro anche alle giovani di Nova Trento, Madre Paolina, memore del suo periodo in filanda, creerà una piccola industria tessile, i cui prodotti in seta riceveranno un premio nella Esposizione Internazionale del 1904 a Saint Louis negli Usa.

Di lei, non si tramandano – se si esclude il triplice sogno – fatti straordinari e neppure direttive o dottrine particolari. Persona ordinaria, si direbbe, la sua spiritualità eucaristica e mariana non differiva da quella dei comuni cristiani. Tendeva a lasciarsi guidare dalla luce di Dio nelle cose di ogni giorno, in un cammino costante verso lui. Senza esaltarsi per i consensi, ma anche senza lasciarsi abbattere dalle difficoltà (persecuzioni, calunnie) che mai le mancarono, e neppure dalle umiliazioni, come quando nel 1909, dopo aver governato per circa sei anni come superiora generale, accettò di essere allontanata dal suo ruolo e di vivere d’allora in poi, vera pietra di fondazione, nel nascondimento, intenta solo al lavoro e alla preghiera.

Oggi le figlie di Madre Paolina, sciamate dal Brasile in altri Paesi, mettono in pratica la parabola del Buon Samaritano in Argentina, Bolivia, Camerun, Ciad, Cile, Colombia, Guatemala, Mozambico e Nicaragua. Quanto a lei, non rivide più a Vìgolo: dopo la morte nel 1942 venne infatti sepolta nella casa generalizia a San Paolo. Non vi tornò fisicamente. Ma tre sue Piccole Suore oggi la rendono presente in questo borgo di poco più di 2000 abitanti, dove – custodi amorevoli del “nido” dove lei nacque e mosse i primi passi – continuano la sua missione al servizio del prossimo. Del resto, qui tutto parla di lei attraverso una serie di tabelle con foto storiche collocate nei luoghi significativi della sua vita: un modo per conoscere la storia di Vìgolo e guardare gli stessi luoghi con gli occhi di lei bambina.

Qui, nella chiesa parrocchiale di S. Giorgio, è il battistero dove la piccola Amabile venne battezzata. Qui attraversava il ponticello sul torrente Rombonos. Qui, nell’ex chiesetta del Redentore, si fermava a pregare prima di recarsi nella filanda dirimpetto, una delle cinque che costituivano all’epoca l’unica risorsa locale. Qui… Rivive così il piccolo mondo dove – prima di abbracciare con cuore grande il mondo che man mano la Provvidenza le indicava – si formò lei, quasi un seme che il vento avrebbe portato lontano, fruttificando.

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