L’uomo che ha connesso il mondo

150 anni fa nasceva un genio dell’Italia, Guglielmo Marconi
L'inaugurazione della mostra 'Guglielmo Marconi. Prove di Trasmissione', nella sede Rai di via Asiago, Roma, 24 aprile 2024. ANSA/ETTORE FERRARI

Il mondo tende all’unità. Lo intuiva il visionario teologo Teilhard de Chardin, lo vedeva e dava la vita per il mondo unito la mistica Chiara Lubich, tempo prima lo affermava Bahá’u’lláh, fondatore dei Bahai, che sognava di realizzare un mondo unito basato sull’amore universale. Tanti, tanti altri. E non solo con un fondamento religioso, tanti politici, letterati, scienziati, artisti, gente comune.

Ma oltre alle idee, per realizzare l’unità del mondo, ci vogliono i supporti tecnologici. E a questo ci ha pensato Guglielmo Marconi. Con la sua invenzione della trasmissione di segnali a distanza tramite le onde radio, ha portato allo sviluppo della radio, della televisione, di tutti i mezzi di radiocomunicazione. I nostri smartphone, whatsapp e internet non sarebbero possibili senza di lui.

Lo storico Marc Raboy ha intitolato la monumentale biografia sul genio italiano “L’uomo che ha connesso il mondo”. In un libro sulla storia della Marconi Company, la ditta inglese fondata dal nostro inventore, l’autore William John riporta una frase che Guglielmo Marconi disse poco prima di morire: «Have I done good to the world, or have I added a menace?», ho fatto del bene al mondo o ho aggiunto una minaccia?

Probabilmente Marconi si rendeva conto che la sua – come tutte le invenzioni tecnologiche – era double face: poteva fare del bene o del male, dipende da come la si sarebbe usata. È evidente a tutti che per connettere realmente il mondo non è sufficiente la tecnologia. Ma il suo contributo è indispensabile.

Nato 150 anni fa a Bologna, Guglielmo Marconi, con la sua visione e determinazione, ha cambiato il mondo e aperto nuovi orizzonti tecnologici. Dal 1895, all’età di 21 anni, riuscì a trasmettere segnali radio per distanze sempre maggiori, dimostrando la possibilità di comunicare senza l’uso di cavi. Nel 1901 compì un’impresa senza precedenti trasmettendo il segnale radio attraverso l’Atlantico, dalla Cornovaglia all’isola di Terranova, dimostrando così la fattibilità delle comunicazioni transoceaniche. Questa impresa ha cambiato il modo in cui il mondo si connetteva, riducendo le distanze e rendendo possibile la comunicazione istantanea su scala globale.

La genialità di Marconi non risiedeva solo nella sua capacità di concepire nuove idee, ma anche nella sua determinazione nel trasformarle in realtà. Non si è infatti limitato alla sperimentazione scientifica, ma ha compreso l’importanza di rendere la sua tecnologia accessibile al pubblico.

Fu imprenditore, fondò aziende, istituì reti di comunicazione radiofonica, contribuendo a creare un’infrastruttura che avrebbe reso la radio accessibile a milioni di persone in tutto il mondo. Fu uno dei fondatori della ben nota BBC. La sua invenzione ha permesso al personale del Titanic di lanciare il primo SOS della storia dopo l’impatto con l’iceberg. Il Titanic infatti era dotato di un sistema di radiotelegrafo che utilizzava l’innovativa tecnologia wireless sviluppata da Marconi. Si stima che circa 705 persone siano state salvate dai soccorritori giunti in risposta a quella chiamata di emergenza.

Guglielmo Marconi ha anche un record personale: nella storia, è l’unico non laureato ad aver ricevuto il Premio Nobel per la Fisica, che gli fu assegnato nel 1909.

Ma, veniamo al punto dolente. Perché gli italiani sono così timidi a festeggiare i 150 anni di uno dei suoi più grandi geni? L’unico uomo al mondo per il quale, il giorno della sua morte, il 20 luglio 1937, le stazioni radio di tutto il pianeta hanno interrotto contemporaneamente le trasmissioni per due minuti. L’Italia è restia a festeggiarlo per la sua adesione al fascismo. Marconi fu iscritto al partito fascista dal 1923. Per convinzione o per opportunismo? Lui si sentiva soprattutto un patriota e credeva nel fascismo ma, come giustamente sottolinea Riccardo Chiaberge, era anche un imprenditore globale che cercava le protezioni governative, e quindi «era liberale in Inghilterra e fascista a Roma».

Ma fascista lo era. Fascista lo era anche Anton Gino Domeneghini, poco più giovane di lui, che ha realizzato un record incredibile, il primo lungometraggio d’animazione europeo, “La Rosa di Bagdad”. Che oltre a rappresentare un record è anche un inno incredibile alla bontà e alla onestà, un invito a tutti di impegnarsi «nell’eterna lotta dell’amore contro l’odio e del bene contro il male». Quando alla fine della guerra Domenenghini fu arrestato da un ufficiale inglese e si dichiarò fascista, questi disse: «È il primo fascista che arresto in Italia».

Per la loro adesione al fascismo dobbiamo ora gettare nel dimenticatoio questo capolavoro e emarginare la memoria di Marconi? Sarebbe spingersi un po’ troppo in là con la cancel culture modello italiano. Poco dopo la fine della guerra il partigiano comunista sindaco di Bologna, Giuseppe Dozza, diceva: «Il nome di Guglielmo Marconi appartiene a tutti gli italiani… continua la splendida tradizione dei Volta, dei Galvani… e costituisce un titolo di merito che il mondo intero deve riconoscere alla nostra sfortunata e generosa Patria».

Per una strana beffa del destino Marconi è nato proprio il 25 aprile. Ciò ha creato un certo imbarazzo nel celebrarlo. Siamo una nazione che ha fatto uno scarsissimo confronto con il proprio passato (vedi l’interessante libro di Gianni Oliva, 45 milioni di antifascisti). Ma perché non riuscire a riconoscere allo stesso tempo il valore dell’Italia come repubblica antifascista e celebrare apertamente la genialità del nostro Marconi?

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