Notarstefano (Azione cattolica): l’autonomia differenziata ci preoccupa

Il presidente dell'Azione cattolica italiana invita il Parlamento a tener conto delle richieste di coesione sociale e territoriale avanzate dai cittadini di tutto il Paese. Se ne parla nel numero di giugno della rivista Città Nuova
Giuseppe Notarstefano, presidente dell'Azione cattolica italiana, foto di Sara Fornaro

Palermitano, 54 anni, Giuseppe Notarstefano guida l’Azione cattolica italiana dal 2021. «Siamo – spiega – una forza gentile, proponente, accanto alla vita delle persone». La sfida è di essere un’associazione capace di fare spazio a tutti «a braccia aperte, veramente inclusiva, in cui le persone si possano sempre sentire riconosciute, volute bene, accompagnate da una rete di amicizia e di fraternità». Grande è l’interesse per la politica: «la democrazia – ha affermato nel corso dell’ultima assemblea nazionale – è la nostra priorità in questo tempo benedetto».

Presidente Notarstefano, secondo un sondaggio più di un italiano su tre sarebbe favorevole ad un partito di ispirazione cattolica. Che cosa ne pensa?
Io credo che la questione vera sia quella di interrogarsi sul perché tanti credenti non trovano una rappresentanza o comunque la trovano con fatica. Bisogna riflettere sul perché le forze politiche oggi non sono capaci di accogliere e fare spazio a questo apporto che viene da un’esperienza tra l’altro ricchissima a livello locale che spesso si muove in liste civiche, scuole di formazione politica, laboratori civici… Sono molte le persone ispirate dal prezioso Magistero sociale della Chiesa particolarmente potenziato da papa Francesco in una direzione molto ampia, molto globale. Sono molte le persone che si attivano nei territori, però poi è come se tutto questo non condensasse. Perché c’è una chiusura? Ogni volta che ci sono le elezioni europee si affronta la questione del centro politico, ma la presenza dei cattolici non si identifica necessariamente con un centro politico. Io sono certo, e lo formulo come auspicio, che la Settimana Sociale sarà un importante passaggio che ci permetterà di raccogliere l’esperienza che viene dal basso e provare insieme a disegnare almeno delle coordinate per fornire una prospettiva per lo sviluppo futuro.

Cosa pensate dell’autonomia differenziata?
L’autonomia differenziata è un tema che abbiamo approfondito a vari livelli e sul quale abbiamo anche offerto diversi elementi di riflessione. Noi abbiamo una rete straordinaria di persone che collaborano con l’istituto Bachelet: costituzionalisti, economisti, esperti di istituzioni a vario livello, e abbiamo offerto diversi contributi. Sull’autonomia differenziata esprimiamo preoccupazione perché il tema della coesione sociale è molto sentito dalla nostra associazione. Noi abbiamo girato tutte le regioni italiane: al Nord come al Sud abbiamo raccolto la preoccupazione di tantissimi soci e responsabili che ci hanno invitato ed esortato ad approfondire come attuare il Titolo quinto della nostra Costituzione. La nostra tradizione cattolica è autonomistica, fatta di autonomie locali, quindi noi comprendiamo la richiesta di una giusta autonomia delle istituzioni regionali, ma – perché no? – anche quelle locali, comunali. Siamo consapevoli del valore che oggi ha un percorso di autonomia e un percorso di responsabilizzazione, ma questo deve avvenire dentro un quadro che deve essere molto chiaro e che è quello della coesione territoriale e della coesione sociale, anche perché rispetto ad alcune questioni complesse, spezzettare e segmentare significa indebolire le politiche. Invece le politiche hanno bisogno di una armonizzazione, di integrazione. L’autonomia differenziata è duale del tema europeo. Da un lato noi abbiamo bisogno di più Europa, abbiamo bisogno di più integrazione, armonizzazione, e le autonomie le dobbiamo pensare in quella direzione. Il progetto di riforma in atto è un progetto che ascolta solo una parte di queste questioni. Noi vorremmo che questo Parlamento, uscendo fuori dalle preoccupazioni elettorali che noi comprendiamo, immagini però che tutto ciò che riguarda la Costituzione ha bisogno di essere trattato in una logica di dialogo più ampia, con tutte le forze politiche e sociali del Paese.

C’è tanta richiesta di spiritualità a livello sociale, però le chiese si svuotano. Voi avete una presenza capillare nelle diocesi: come si potrebbe intervenire?
Io credo che la richiesta di spiritualità la possiamo tradurre anche con un bisogno di autenticità di vita. Laddove l’associazione è capace di porsi come un luogo di autenticità – di vita, delle relazioni, di coerenza tra le cose che si dicono e le cose che si fanno…–, allora si risponde a questo bisogno di spiritualità che è anche un po’ un provocare. Forse noi dobbiamo ricominciare a convocare e a provocare la ricerca, le domande delle persone. Non dobbiamo dare risposte, dobbiamo aiutare le persone a interrogarsi. La spiritualità nasce anche quando c’è una ricerca, un pensiero critico… Il Vangelo non è una risposta rassicurante. È l’incontro con una persona che in genere mette in discussione, Gesù, che a una domanda risponde sempre con una domanda e così ci mette in discussione. Noi dobbiamo far continuare a fare questo come comunità cristiana.

Per quanto riguarda i giovani?
I giovani hanno bisogno di vedere e di toccare con mano l’autenticità della vita. E bisogna renderli protagonisti. Ho partecipato al Congresso degli studenti di AC a San Marino, che è stato un’espressione di democrazia bellissima perché anche gioiosa, ma composta, serissima, rigorosissima. Nelle nostre comunità bisogna avere il coraggio di fare veramente spazio ai giovani. Questo significa avere la pazienza dei loro tempi, la gradualità, anche una certa intelligenza nel capire che su tante questioni forse loro sono più avanti. Hanno bisogno di sostegno, ma non possiamo prevenire ogni cosa. Noi siamo una generazione di genitori – e lo dico per me – che prevengono tutte le domande. I nostri figli non hanno più desideri, invece il desiderio è importante. Non vanno bene troppe certezze né troppe tradizioni da raccogliere e portare avanti. L’Azione Cattolica è un’esperienza che rende luminosa la tua vita e la proietta nel futuro, perché il Vangelo è così, è una forza per l’oggi che ti apre al futuro e questo è uno sforzo che dobbiamo fare tutti insieme. Credo che la sfida del patto educativo che il papa ha messo a tema sia una sfida importante, che chiede davvero di essere presa come nodo centrale dei cammini educativi delle nostre associazioni.

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