Il gusto delle cose
La provincia francese del 1885 vede Eugénie, cuoca raffinata da vent’anni al servizio per il celebre gastronomo Dodin, creare come musa ispiratrice piatti deliziosi, vere opere d’arte che sono la gioia dei convitati. La bellezza delle portate, la qualità, nascono dal rapporto tra i due: lui la vorrebbe sposare, lei garbatamente rifiuta, anche se ogni tanto gli si concede, ma vuole restare libera. Insieme condividono la passione per la cucina che sotterraneamente diventa, per lui, un cammino lento per conquistarla davvero.
Il cibo è bellezza e amore. Così subito all’inizio del film entriamo in un concerto di pentole, padelle, fornelli, piatti, utensili, coltelli in una cucina accanto ad un orto meravigliosamente curato, pieno di primizie. La fotografia richiama vistosamente le luci e i colori delle tele di Renoir, le scene di Millet, insomma la pittura impressionista, ed è una poesia nella poesia di un racconto dove il rapporto fra i due convive con la freschezza dei dialoghi, dei momenti conviviali con gli amici, dei silenzi in cui si gusta il buon cibo. Lei, la cuoca, non mangia con gli uomini, ma con le cameriere in cucina. Eugénie è dolce, serena, bellissima anche a cinquant’anni passati come il cuoco: una amicizia culinaria, una danza dei due ai fornelli fra pensieri tranquilli, nuove creazioni e lui che la guarda, l’ammira e la asma. La conquista però non è facile. Ma con la creazione di nuovi cibi avanza in silenzio anche l’amore.
Fino a quando il dolore, la malattia si fanno strada in Eugénie. Ed ecco allora lui fa una cosa nuova: cucina per lei, la guarda mangiare, la riempie di delicatezze rispettose. Lei è più vivace, ama l’estate, il sole, lui è più autunnale.
In effetti le stagioni scandiscono il racconto con una punta di rammarico perché i due, che alla fine decidono di sposarsi, incontrano una sorpresa dolorosa da cui è difficile riprendersi.
Delicato, prezioso e luminoso, girato con una sola macchina da presa con un gusto anche coreografico nelle scene in cucina, vede la recitazione di due grandi, Juliette Binoche e Benoit Magimel. Il regista Tran Anh Hùng dirige con passione e sensibilità la storia con una dolcezza ed una levità tipicamente francesi che fanno bene. Da non perdere.