Il coraggio di un dialogo aperto al tempo dell’inverno demografico
Il grande lavoro compiuto da Gigi De Paolo come presidente del Forum delle Associazioni familiari continua con la Fondazione per la natalità nel cercare di mettere al centro dell’agenda politica la grande questione del gelo demografico in Italia che nessuno oggi può contestare, con i dati Istat alla mano destinati a peggiorare di anno in anno.
Tolti i fondamentalisti malthusiani, che vedono ogni nuovo essere umano come una minaccia per l’ambiente, e coloro che teorizzano la scelta di una vita childfree (liberi dai figli), il problema è avvertito dalla maggioranza degli esperti e della popolazione e merita, perciò, un confronto a tutto campo che serve prima di tutto a mettere in discussione le proprie certezze.
Ma esiste un nodo oggettivamente irrisolto nella società italiana, che rischia di impedire ogni tipo di dialogo e questo problema ha a che fare con la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza introdotta nel 1978 e confermata in maniera eclatante con un referendum del 1981 che ha visto i favorevoli all’abolizione di quella norma fermarsi al 32% dei votanti (l’80% degli aventi diritto all’epoca).
L’attuale ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, proviene dalla tradizione politica libertaria e radicale che è stata l’artefice principale di quel definitivo mutamento culturale della nostra società, concretizzato in un consenso percentuale che nessuno dei partiti principali vuole mettere in discussione, ma che si è anzi allargato nel sentire comune dove la legge incide nella formazione della morale.
Ulteriori sollecitazioni arrivano dall’Europa dove nella Francia di Macron è stato celebrato l’inserimento del diritto d’aborto in Costituzione e dal voto similare espresso dal Parlamento europeo ormai in scadenza.
Dagli Usa provengono, invece, segnali contrastanti dopo la sentenza della Corte Suprema del 2022 che ha rimosso la copertura costituzionale del diritto di aborto introdotto con la sentenza Roe/Wade del 1973, rimandando la disciplina alla legislazione dei singoli Stati. Gli Stati Uniti vivono sempre di più una polarizzazione tra conservatori e progressisti che appare pericolosa, come dimostrato dall’assalto armato a Capitol Hill. Una deriva da Civil War evocata in film recenti come un futuro distopico che appare alquanto realistico in Paese che ha vissuto una guerra di secessione.
Uno degli effetti dell’egemonia culturale radicale è stato quella di imporre anche in Italia le categorie politiche di tipo anglosassone dove, nell’accettazione implicita del liberismo, a fare la differenza non sono più le questioni sociali ma quelle dei diritti civili e individuali. È ciò che ha segnato progressivamente l’iter del Pd nelle diverse segreterie che si sono succedute sinora.
In tale contesto non si riesce neanche a porre le basi per un confronto aperto sulle cause strutturali dell’inverno demografico italiano, segno di un profondo disagio di civiltà ma anche frutto di tanti fattori decisivi.
L’Italia, ad esempio, è l’unico Paese dell’Unione Europea dove i lavoratori guadagnano meno che nel 1990. I pochi giovani esistenti sono esposti a lavori precari e discontinui con un futuro pensionistico da fame, non esiste una politica della casa a basso prezzo, le grandi città sono sempre più inaccessibili ai redditi medio bassi mentre cresce la rendita finanziaria di pochi, il servizio sanitario pubblico è in crisi, ecc.
In tale quadro, chi ha davvero a cuore l’accoglienza della vita, sa che esiste un vasto terreno per dibattere l’adozione di politiche in grado di metterla in pratica.
Chi accoglie la vita sa che non può restare indifferente al ricatto occupazionale che devono subire tanti padri e madri, compresi quelli che poi restano vittime di infortuni gravi sul luogo di lavoro, una vera piaga in Italia.
Chi ha a cuore la vita non resta indifferente alla sofferenza altrui, non sopporta le migliaia di bambini uccisi in guerre che noi stessi alimentiamo con il mercato delle armi.
È a queste testimonianze, come quella delle cassiere della grande distribuzione che scioperano per avere almeno alcuni giorni festivi per stare con i figli, che bisogna prestate attenzione e voce per contrastare, come ha detto papa Francesco intervenendo agli Stati generali della natalità, «il delirio di un materialismo sfrenato, cieco e dilagante, di un consumismo che, come un virus malefico, intacca alla radice l’esistenza delle persone e della società».
Di fatto, nella scena pubblica assistiamo invece al riprodursi delle schermaglie indotte dalla polarizzazione di tipo anglosassone.
Circolano vignette ironiche dove un migrante alla deriva si lamenta di non avere vicino un “pro-vita”, mentre in realtà sono tantissime le ong attive nell’accoglienza dei migranti e nel sostegno, esercitato con rispetto e pudore, alle persone poste drammaticamente davanti alla decisione se accettare o meno di continuare una gravidanza.
È chiaro poi che esistono associazioni e realtà che, da più parti, coltivano e inducono alla cultura dello scontro fine a se stesso.
L’azione dei comitati che hanno impedito ad Eugenia Roccella di parlare all’evento di Roma, rappresenta oggettivamente una vittoria per la parte politica espressa dalla ministra nel clima crescente di polarizzazione che non permette distinguo e alternative possibili. Roccella conosce bene i punti di vulnerabilità del mondo liberal che può mettere in evidenza in tutte le sue contraddizioni.
Eppure ci sarebbero i margini per un dialogo aperto e non banale. Il romanzo autobiografico che Roccella ha scritto con estrema trasparenza, prima di diventare ministra, offre la base per un confronto che potrebbe essere anche il bilancio di un’epoca e delle scelte collettive che ci hanno consegnato le contraddizioni del nostro tempo.