Guerra in Ucraina, quanto resta della notte?
Il 5 maggio la Chiesa greco-cattolica di Ucraina (al pari di quella ortodossa) ha celebrato la Pasqua. Mi fa strano pensare che io e i miei compagni di viaggio abbiamo trascorso là quella che per noi era la “settimana luminosa” (1-8 aprile) mentre i nostri ospiti, i salesiani della Visitatoria di rito greco-cattolico, vivevano il tempo di Quaresima…
Questa è solo una delle tante “particolarità” di questa esperienza vissuta come presidente del VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, associazione che, ispirandosi al messaggio di san Giovanni Bosco, porta avanti dal 1986 progetti di cooperazione allo sviluppo, principalmente a favore di bambine, bambini e giovani in situazioni di vulnerabilità in tante parti del mondo e dal 2022 anche in Ucraina. La nostra Ong si è attivata subito dopo l’inizio del conflitto per contrastare gli effetti della crisi sulla popolazione civile: con sedi a Leopoli, Kiev e Dnipro, opera con uno staff prevalentemente nazionale, nei settori della protezione, della salute, delle distribuzioni di emergenza, della capacity building insieme ai salesiani di Don Bosco, Caritas Italiana ed altri partner locali, con finanziamenti privati, dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari ecc..
Un’altra particolarità della missione è stata la composizione del gruppo che vi ha preso parte, costituito da rappresentanti del VIS e di Missioni Don Bosco, uno degli enti salesiani italiani di solidarietà internazionale. Questi enti da subito si sono coordinati con noi per unire gli sforzi nell’affrontare questa emergenza (gli altri sono Fondazione Don Bosco nel Mondo, Fondazione Opera Don Bosco onlus, Fondazione Opera Don Bosco nel mondo).
Sono stati tanti e significativi gli incontri che si sono susseguiti: con lo staff a Leopoli e Kiev, con i partner, con rappresentanti delle istituzioni ucraine, italiane e della Santa Sede, con i soggetti destinatari dei nostri progetti: questi incontri, uniti all’accompagnamento costante ed attento di don Mykhaylo Chaban, superiore della Visitatoria salesiana, e dei suoi confratelli, ci hanno guidato in una realtà non facile da interpretare.
Mi tornano in mente le parole della canzone di Guccini, Shomèr ma mi-llailah, basata su un verso di Isaia, che don Luca Barone ci ha fatto sentire la notte in cui siamo scesi nel rifugio per l’ennesimo allarme aereo: «Il giorno ancora non è arrivato, sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato. Ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete: ridomandate! Tornate ancora se lo volete, non vi stancate! Shomér ma mi-llailah? Sentinella, quanto resta della notte?». Una domanda che ci siamo posti spesso in quella settimana, a pochi giorni dall’attacco terroristico a Mosca e nel mentre si parlava della nuova legge ucraina (in vigore dal prossimo 18 maggio) che introduce l’abbassamento dell’età di leva da 27 a 25 anni.
Non è dato sapere quanto resta della notte ucraina e in realtà non pare prospettarsi alcuna alba; nel frattempo la popolazione civile cerca una “normalità” tra un allarme aereo e l’altro – allarmi che sono continui in tutto il paese, anche nelle zone lontane dal fronte – e non parla di guerra, ma di “resistenza”, a cui è legato il peso dei tanti sacrifici che da due anni la opprimono.
Visitiamo il cimitero di Lviv in una serata grigia e piovosa in cui il vento agita sinistramente le bandiere giallo blu che avvolgono centinaia di tombe dei caduti di questa guerra, affiancate da panchine per coloro che li piangono.
Visitiamo il campo sfollati di Mariapolis, gestito dai salesiani e sostenuto anche con il contributo degli enti del coordinamento già citato, dove quasi mille persone ancora vivono come sospesi tra un passato che non esiste più, un futuro incerto e un difficile presente che cerca di farsi spazio. Un signore proveniente dall’est del paese ci accoglie nella sua “casa”, una stanza che condivide con altre tre persone e in cui è comunque riuscito a ricavare un piccolo spazio personale insieme al suo gattino, circondato da foto di famiglia, tra cui quella della figlia e del genero caduto al fronte.
Partecipiamo a un festa nella casa famiglia gestita dai salesiani, in cui vivono 65 minori, tra cui 40 orfani: ognuno dei più piccini ci mostra orgoglioso il proprio letto, che ogni tanto, in occasione degli allarmi più gravi, deve lasciare per continuare a dormire nel bunker sottostante.
Assistiamo ad un allenamento di amputee football e parliamo con il capitano della squadra, che ha perso la gamba al fronte e che, ci dice, con e per la sua famiglia, cerca nello sport una forma di riabilitazione.
Non è dato sapere quanto resta della notte ucraina, ma nel mentre la gente resiste unbroken, come recita il titolo di un grande progetto promosso dalla città di Leopoli: perché, come ha avuto modo di dichiarare recentemente il suo primo cittadino, pensare alle cose buone che aspettano nel futuro è il solo modo per affrontare il presente.