I film del fine settimana
La Francia alla grande con La moglie del Presidente di Léa Domenach. Un film decisamente al femminile, visto che racconta la storia di Bernadette Chirac, moglie del presidente, che arriva all’Eliseo dove deve stare sempre in secondo piano rispetto all’orgoglioso marito, considerata fuori moda per i suoi tailleur Chanel.
Stanca di venire relegata nell’ombra, Bernadette si decide: tornerà alla ribalta, cambia vestiti, va in mezzo alla gente e rischia di diventare la vera presidente del popolo tra il malumore del marito e dei suoi opportunistici consiglieri. Chirac non fa una bella figura, presuntuoso e donnaiolo quale è, e nemmeno il vanesio Sarkozy.
In questa storia, dove appaiono delle scene di intelligente opera comica ma anche dolenti (le figlie di Bernadette), brilla Catherine Deneuve nel massimo dello splendore: graffiante, ironica, decisa e di una finezza satirica unica. Da non perdere.
È il caso di vedere Il coraggio di Blanche, film di Valérie Donzelli, già presentato a Cannes. È una occasione per apprezzare l’attrice belga Virginie Efira nei panni di Blanche che incontra Gregoire. Amore folle, passione, l’uomo della vita. Ma il tempo mette in luce un aspetto inquietante: l’uomo è vittima di un amore tossico, geloso, ossessivo e violento. Egli la vuole solo per sé, la isola da tutti, la controlla, la spia, maschera la malattia con il “troppo amore”. Una violenza prima psicologica poi fisica. Blanche subisce, ha paura, finché si decide e denuncia l’uomo, ormai prigioniera e terrorizzata. Come finirà? Un film forte contro la violenza sulle donne, terribilmente attuale, e perciò coraggioso. Merito anche dei due attori, Virginie e Melvil Paupaud.
Torniamo negli Usa dove Luca Guadagnino ha diretto Challengers con un cast privilegiato: Zendaya, Mike Faist e Josh O’Connor. Triangolo sportivo e amoroso di tre tennisti durante una lunghissima partita a tennis che scivola negli anni e che è, in definitiva, una partita sull’amore dei due verso la medesima ragazza e fra loro stessi. Scintillante, ben fatto e interpretato, vede il regista indagare ancora sulla psicologia dei rapporti amorosi facendo del tennis una metafora della vita, dei suoi intrecci, drammi, sospensioni e illusioni. Senza una sicurezza o una soluzione, raccontando una umanità oscillante, insoddisfatta, fissata in un presente da sfruttare sino in fondo: ma non è felice.
Il film scorre sino al finale inatteso, talora lento talvolta rapido, sempre controllato, estetizzante nell’illuminare giorni e notti, corpi volti e ambienti. Astuto, più mostrato che scavato, il lavoro seduce con lo stile di una bellezza estenuata, ma lascia un retrogusto incerto. Si scioglierà davvero il nodo del triangolo?
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