Portogallo, 50 anni dalla Rivoluzione dei Garofani
Fra pochi giorni ricorrerà il 50º anniversario della Revolução dos Cravos (Rivoluzione dei Garofani), che il 25 aprile 1974 segnò, senza violenza, la fine del regime instaurato nel 1933 da António Salazar in Portogallo. La notte prima – raccontano quelli che la ricordano – i militari rivoluzionari si erano accordati per diffondere il segnale d’inizio attraverso le stazioni radio. Sulla rete Emissores Associados di Lisbona venne trasmessa la canzone «E depois do adeus», che aveva rappresentato il Portogallo all’Eurovision di quell’anno. Era il segnale di partenza. Due ore dopo, alle 00:20 del 25 aprile, Rádio Renascença trasmise la canzone «Grândola, Vila Morena» di Zeca Afonso, un cantautore portoghese per anni perseguitato dal regime di Salazar. Fu la conferma che la dittatura era caduta.
A celebrare e ricordare quel giorno importante si svolgono riunioni ed eventi non solo in Portogallo, ma anche in altri Paesi. Ad esempio, il portale di cultura e turismo sortiraparis.com informa in 29 lingue i suoi lettori che sabato 20 e domenica 21 aprile «il “Théâtre de la Ville – Sarah Bernhardt” organizza un fine settimana speciale dedicato alla musica portoghese» per celebrare quella data, giacché «durante quel periodo di dittatura molti artisti si batterono contro il regime e la sua oppressione». Un altro esempio, questo accademico, lo troviamo in Spagna, dove la Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Universitá di Oviedo ha realizzato di recente un convegno sui 50 anni dalla Rivoluzione dei Garofani «per riflettere sulla sua importanza da nuove prospettive che cercano di superare le vecchie visioni strettamente nazionali per approfondire gli intrecci, i trasferimenti e le reti transnazionali esistenti tra Spagna e Portogallo negli anni Settanta».
In Portogallo la ricorrenza coglie molti cittadini in un momento d’incertezza, dopo i risultati delle ultime elezioni generali, il 10 marzo scorso, che ha visto il crollo del Partito Socialista, da otto anni al governo, e la salita al terzo posto nei seggi parlamentari di deputati dell’estrema destra. Così, il Chega (Basta), il partito politico portoghese di estrema destra, nazionalista e social-conservatore, è passato dal 7,15% dei voti ottenuti nelle legislative del 2022 a circa il 18% attuale, ed ha quadruplicato il numero dei seggi, da 12 a 50. Questa ascesa dell’estrema destra, mentre il Portogallo celebra i 50 anni dal rovesciamento di una dittatura di destra, risuscita in non pochi i fantasmi del passato.
Secondo un’inchiesta condotta dall’Iscte-Istituto universitario di Lisbona, il Chega ha ottenuto il 25% dei voti nella fascia di età 18-34 anni. Ciò preoccupa organizazzioni come SOS Razzismo, perché quei voti riflettono il malcontento sociale, ma soprattutto «nascondono una forma di discriminazione nei confronti delle minoranze». Per altri il partito Chega rappresenta una minaccia alla democrazia. È stato accusato di razzismo, islamofobia e di attacco alla comunità rom in Portogallo. Il partito nega e afferma che queste accuse sono tattiche allarmistiche. A ciò risponde Rita Matías (classe 1998), prima donna del Chega eletta al Parlamento portoghese nel 2022 e rieletta, sempre nelle file del Chega, a marzo scorso: «La gente ha un po’ paura della destra perché ha le sue cicatrici, e le cicatrici sono giuste, ma non posso rispondere per un periodo che non ho vissuto».
Augurare ai portoghesi un bel cinquantesimo diventa quindi problematico. Comunque i migliori auguri per il bene di tutti.