L'articolo dello studioso Luca Di Girolamo per  "L'Osservatore Romano" sul secondo volume di "Storia della Mariologia"  coedizione Marianum-Città Nuova, presentato il 3 maggio a Roma
Dante Alighieri

Maria come stella dell'umanità. Il primo fu Bernardo di Chiaravalle, anche se l'ingresso della devozione della Madre di Dio come stella nella letteratura si deve a Dante Alighieri. Anche il teatro non rimase indenne nel periodo medievale dal recepire quest'immagine di Maria. Un percorso affascinante trattato nel secondo volume di Storia della Mariologia, presentato a Roma il 3 maggio, e recensito  dallo studioso Luca Di Girolamo per l'Osservatore Romano che di seguito riportiamo.  

«Dopo la panoramica biblico-patristica propria dei primi secoli del cristianesimo contenuta nel primo  volume della Storia della Mariologia (edito da Marianum- Città Nuova) prosegue, nel secondo  volume (Dal modello letterario europeo al modello manualistico , curato da E. Boaga e L. Gambero), l’esame delle epoche successive con particolare riferimento alla letteratura e al teatro nell’epoca medievale e rinascimentale. Sono essi a porre allo scoperto e a modulare la situazione dell’uomo dinanzi al Mistero che, come ci ricorda la Lumen gentium al n. 62, "non esclude, ma suscita nelle creature una cooperazione partecipata dall’unica fonte". Una frase densa che mostra la condizione del credente, quale testimone e, al contempo, collaboratore della propria salvezza. 

«Pellegrino diretto verso luoghi santi come le cattedrali e i santuari, ma che sperimenta nel viaggio molte difficoltà, le stesse che la vita gli impone e opera questo cammino non senza una dimensione penitenziale. Ecco allora il farsi largo di tutta una simbolica che, riprendendo alcune istanze proprie dell’epoca patristica diviene canale di comunicazione di diversi aspetti dell’esistenza umana. L’esempio più concreto lo troviamo proprio con una connotazione mariana: è la diffusione dell’elemento della ‘stella’ applicato a Maria, sappiamo come esso ha radici bernardiane e come produce, nell’ambito dell’innografia, il famoso inno Ave Maris stella. Questo innesca un meccanismo, non certo nuovo nella spiritualità cristiana di affidamento per ottenere quella realizzazione vera che si chiama salvezza. Affidamento dell’uomo a Dio e che trova, a sua volta, un’ulteriore espressione nell’atto del vassallaggio con il quale alcuni Ordini religiosi nascenti esprimono il loro culto e dedicazione a Maria.

«Ma perché proprio la Madre del Signore? La devozione e la spiritualità del tempo, prima di incanalarsi nelle vie della speculazione, emergono dal vissuto concreto e lo caratterizzano fortemente avendo a cuore di mantenere quali costanti contenutistiche e formali: da un lato, la dimensione salvifica pasquale e, dall’altro, l’impiego della Scrittura e della Tradizione che alimentano anche le diverse opere letterarie e teatrali. Per l’uomo medievale la venerazione alla Madre del Signore si incanala soprattutto nella triplice forma dell’onorarla, nel pregarla con una certa confidenza e nell’imitarne per quanto possibile le virtù delle quali Maria è specchio. Si tratta di un programma che, soprattutto con gli Ordini mendicanti, si viene ad estendere all’intero popolo cristiano che lo recepisce, alimentando così la propria vita di preghiera.

«Abbiamo così il sorgere di alcuni generi letterari che giungono fino all’epoca umanistica non privi anche di una certa finalità pedagogica ed edificante: la ‘Lauda’ che non ha una propria omogeneità se si pensa che, proprio nel centro Italia, ne troviamo alcune a carattere penitenziale, altre più distese e di tono popolareggiante non prive di una contemplazione serena (i componimenti sono molti e diversamente datati, ma va citato per importanza il Laudario Cortonese, vero monumento di letteratura religiosa, dove un certo Garzo – considerato avo del Petrarca – compone Ave Vergene gaudente), il ‘Contrasto’ che da un discorso di tipo moraleggiante finisce, a volte, per essere un serio manifesto di natura teologica. Alla base della grande cattedrale gotica che è la Commedia – secondo la felice espressione di C. De Lollis – c’è una triplice protezione, tutta al femminile: Maria, S. Lucia e Beatrice sono le tre donne che ispirano e sostengono l’Alighieri a scandire tutta la sua esistenza in veste poetica fino a giungere alla contemplazione diretta dell’"amor che move il sole e l’altre stelle" (Paradiso. XXXIII,145). Davvero il massimo poeta italiano ed europeo – per il quale M. Zink non esita a coniare l’espressione «santo patrono della letteratura europea» – sperimenta tutto il disagio che la barca dell’esistenza trova nel mare in tempesta e fissando la stella-Maria può approdare e consolarsi definitivamente. Il tutto inserito in quella cornice definita dal rapporto esistente tra poetica e teologia che, per Dante, non si identificano ma mantengono forti legami.

«Ma Maria resta "termine fisso d’eterno consiglio" (Par. XXXIII,3) anche per l’altro gigante della letteratura europea del Medioevo, ossia Francesco Petrarca († 1374). Rispetto all’Alighieri, egli ci svela una tempra interiore molto più complessa ed in bilico fra le passioni terrene e il desiderium cœli. Ad acuire tutto questo è la sua forte frequentazione dei testi di Agostino che lo spingono ad un’autocritica e ad un’introspezione spietata che non si stancano di porre allo scoperto l’incompiutezza e l’impossibilità di un vero punto di approdo pacificante. *Pontificia Facoltà Teologica Marianum».

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