500 mila figli in un anno: si può fare! Il coraggio di puntare sulla famiglia
Per due giorni la famiglia e i figli sono stati al centro dell’attenzione del mondo sociale, economico ed istituzionale, con la condivisione di buone pratiche, testimonianze, iniziative volte a dimostrare come valga ancora la pena mettere al mondo un bambino, anche se l’Italia è molto indietro nel sostegno, negli investimenti e nella valorizzazione dei nuclei familiari. A promuovere la riflessione, la seconda edizione degli Stati generali della natalità, dal titolo: “Si può fare”, organizzati dall’apposita Fondazione e dal Forum nazionale delle associazioni familiari presiedute da Gigi De Palo, che ha dipinto il futuro a tinte fosche che aspetta il nostro Paese se la tendenza a fare meno figli non si invertirà in tempi brevi.
Le prospettive mostrano come con meno figli si vada verso il crollo del Porodotto interno lordo: tutto il Paese sarà più povero. Crollerà il Welfare e a fare le spese della minore assistenza sociale saranno i più fragili e gli anziani. Crollerà anche il sistema pensionistico: chi consentirà, con il proprio lavoro, il pagamento delle pensioni? E con quali conseguenze? Si potrebbe arrivare anche al crollo del sistema sanitario nazionale?
Gli Stati generali della natalità si sono aperti nel giorno in cui è entrato in vigore il Family Act, come ha sottolineato la ministra della Famiglia Elena Bonetti: adesso, però, vanno messi a punto gli interventi ipotizzati e bisogna reperire i fondi, soprattutto considerando, come ha sottolineato De Palo, che negli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) la famiglia non è stata considerata, se non in maniera marginale.
Servono interventi urgenti ed immediati perché, purtroppo, i numeri parlano chiaro: nel 2021, per la prima volta dall’Unità d’Italia, le nascite nel nostro Paese sono scese sotto le 400mila unità. I nuovi nati sono stati 399mila, ma considerando l’alto numero di decessi registrato l’anno scorso, pari a 709mila, il saldo naturale tra nascite e morti è stato di -310mila unità. L’ambizioso obiettivo a cui bisogna tendere per riportare l’equilibrio a favore del ripopolamento dell’Italia è di +500mila bambini, ma non in 40, 50 anni, come si prevede oggi, ma con una forte accelerazione che permetta di raggiungere il mezzo milione di bambini in un anno in una sola decade. Un miracolo o quasi. O il risultato non impossibile di una seria inversione di tendenza e dell’impegno comune e concreto di tutti i soggetti sociali.
Altrimenti, ha spiegato Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat, nel 2050 il nostro sarà un Paese con 5 milioni di abitanti in meno, di cui 2 milioni giovani. Un’Italia anziana, in cui “solo poco più di una persona su due sarebbe in età da lavoro, con un 52% di persone tra i 20-66 anni che dovrebbero provvedere sia alla cura e alla formazione delle persone sotto i venti anni (16%), sia alla produzione di adeguate risorse per il mantenimento e l’assistenza ai pensionati (32%). In questo quadro le nascite annue potrebbero scendere nel 2050 a 298 mila unità, numeri molto lontani dalle auspicate 500 mila nascite annue considerate necessarie per il raggiungimento del corretto equilibrio demografico”.
Eppure, ha affermato il demografo Alessandro Rosina, il governo sembra semplicemente aver preso atto che non ci sarà una inversione di tendenza nel trend delle nascite: un dato che emerge dalle valutazioni sull’evoluzione della popolazione scolastica rese note in questi giorni, assieme alle conseguenze tratte sul ridimensionamento dell’organico necessario dei docenti. “Tale scenario non contempla una ripresa delle nascite. Si basa su ipotesi di un aumento modesto del numero medio di figli per donna, non in grado di controbilanciare la riduzione delle donne in età riproduttiva. Assumere questo scenario come riferimento per le scelte che il governo deve prendere significa dare per scontata la gestione di squilibri demografici crescenti e non favorirne invece anche il contenimento. Ma la demografia non ci condanna a un destino ineluttabile, le previsioni servono ad anticipare le conseguenze delle trasformazioni in corso e a capire quali scelte fare oggi per orientare il percorso più favorevole e collettivamente auspicato. Il governo dovrebbe indirizzare le sue misure a favore della realizzazione dello scenario alto. Altrimenti continueremo a rendere la denatalità una profezia che si realizza”.
“Il tema della natalità – ha scritto papa Francesco nel suo messaggio – rappresenta una vera e propria emergenza sociale. Non è immediatamente percepibile, come altri problemi che occupano la cronaca, ma è molto urgente: nascono sempre meno bambini e questo significa impoverire il futuro di tutti”. In Occidente, ha aggiunto, c’è una periferia esistenziale poco vistosa, che non si nota immediatamente. “È quella delle donne e degli uomini che hanno il desiderio di un figlio, ma non riescono a realizzarlo. Molti giovani faticano a concretizzare il loro sogno familiare. E allora si abbassa l’asticella del desiderio e ci si accontenta di surrogati mediocri, come gli affari, la macchina, i viaggi, la custodia gelosa del tempo libero… La bellezza di una famiglia ricca di figli rischia di diventare un’utopia, un sogno difficile da realizzare”.
È un nuovo tipo di provertà: la povertà generativa, “di chi si rassegna ad annacquare le aspirazioni più grandi, di chi si accontenta di poco e smette di sperare in grande. Sì, è una povertà tragica, perché colpisce gli esseri umani nella loro ricchezza più grande: mettere al mondo vite per prendersene cura, trasmettere ad altri con amore l’esistenza ricevuta”.
Non affrontare con serietà e a livello strutturale il problema della denatalità, significa arrendersi, essere miopi. Eppure, spiega il papa, “le cose possono cambiare se senza paura, andando oltre gli interessi di parte e gli steccati ideologici, ci si impegna insieme. Perciò auspico che a tutti i livelli – istituzionale, mediatico, culturale, economico e sociale – si favoriscano, migliorino e mettano in atto politiche concrete, volte a rilanciare la natalità e la famiglia. Penso a voi e mi piace vedere come il tema della natalità sia in grado di unire, non di dividere. Serve concretezza. È il momento di dare risposte reali alle famiglie e ai giovani: la speranza non può e non deve morire di attesa».
Concorde sull’urgenza di un impegno serio a favore delle famiglie anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “La accentuata diminuzione della natalità – ha scritto nel suo messaggio – rappresenta uno degli aspetti più preoccupanti delle dinamiche sociali contemporanee e segnala una difficoltà. Occorre insistere nel perseguire condizioni che consentano alle giovani generazioni di costruire il proprio futuro e, in questo senso, va garantita piena dignità ai giovani, alle donne, alle famiglie”. Bisogna affrontare con determinazione la crisi della struttura demografica del Paese, favorendo la famiglia e tutelando la maternità, l’infanzia e la gioventù. “Oggi – ha sottolineato Mattarella – “le donne devono affrontare ancora troppi impedimenti e difficoltà per raggiungere una piena parità e un apporto essenziale può venire dalla conciliazione dei tempi di cura della famiglia e dei tempi di lavoro. È questione che interpella anche le imprese e la loro funzione sociale. Non può esservi opposizione tra impegno professionale, attività lavorativa e scelta di maternità. La Repubblica non può privarsi dei talenti della piena partecipazione femminile. Non è il lavoro ad allontanare dalla maternità bensì le carenze a supporto della stessa. Le politiche per la famiglia sono un contributo essenziale allo sviluppo equilibrato e sostenibile del Paese”.
Il messaggio che viene dagli Stati generali della natalità, rivolto soprattutto ai giovani, che in tanti hanno affollato l’Auditorium della Conciliazione a Roma, è di speranza, coraggio, condivisione. Un messaggio positivo e forte, che vede le donne protagoniste: non si è parlato di maternità, perché i figli si fanno in due ed è quindi giusto parlare di genitorialità. Anche i rappresentanti politici presenti, di tutti gli schieramenti principali, sono stati concordi nel volersi impegnare a favore della famiglia. Gli italiani li aspetteranno alla prova dei fatti, perché mai come in questo caso, serve concretezza. Non decidere equivale ugualmente a decidere, ma di non fare. Quindi la decisione peggiore.
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