5 domande che agitano la Chiesa

Il nuovo libro del giornalista Ignazio Ingrao. Gli interventi del cardinale Parolin e del ministro Sangiuliano. La pedagogia di Dio
San Pietro (foto Alberto Luccaroni - wikipedia)

Le 5 domande che agitano la Chiesa. È il titolo di un libro (San Paolo 2023) ad ampio spettro, a firma del giornalista del TG1 Ignazio Ingrao. La presentazione mercoledì 24 aprile 2024 col cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. Sala prestigiosa, presso lo stesso ministero. Non consueta la partecipazione di pubblico in fila per poter entrare. Molti i giornalisti. Un segno che le 5 domande intercettano non solo il sentire della sfera ecclesiastica, ma anche tutti noi cristiani, il mondo civile, la gente comune credente o non.

La domanda più inquietante, che ha avuto maggiore eco sulla stampa, esprime un timore diffuso: che le coraggiose riforme di papa Bergoglio possano subire nel prossimo futuro non solo una battuta di arresto, ma persino un’inversione di marcia. Parolin condivide la certezza dell’autore: questo processo «è irreversibile», ma certo – afferma − richiede «pazienza, continua preghiera nello Spirito che indicherà nel tempo come proseguire». Il cardinale ha ricordato come la Chiesa, lungo i secoli, ha avuto ed ha bisogno di continue riforme, di «purificazione e rinnovamento», perché formata da santi e peccatori.

E a proposito di riforme Parolin non ha ignorato l’interrogativo che Ingrao ha posto di fronte alla riforma avviata dal Concilio quando Giovanni XXIII e Paolo VI parlavano di «nuova primavera, di nuova Pentecoste». Mentre ora assistiamo alla decrescente pratica religiosa. E non solo in Europa. L’autore cita il caso dell’America Latina dove la Chiesa cattolica era maggioritaria, mentre ora è superata dalle Chiese Pentecostali.

Ingrao dà voce a due letture: c’è chi afferma che è una conseguenza del sostegno economico degli Stati Uniti per contrastare le infiltrazioni marxiste nella teologia della liberazione, ma anche chi si pone di fronte ad un esame di coscienza, ricordando con papa Benedetto che «si cresce non per proselitismo, ma per attrazione».

Non sono mancate in questo ampio panorama le urgenze antropologiche su inizio e fine vita, le frontiere della medicina e le questioni del gender. Qui il cardinale ha parlato della necessità di «assoluta prudenza». «Non si tratta – ha detto – di cercare risposte che siano più o meno al passo con i tempi o schierate in difesa della morale tradizionali. Quanto piuttosto di far maturare un nuovo umanesimo che, radicato nel personalismo cristiano, sappia rispondere agli interrogativi di oggi».

Apertura ai laici e alle donne. È reale o solo di facciata? A questo interrogativo il porporato ha rimandato al Sinodo sulla sinodalità che sta preparando la seconda fase. Quell’apertura ne è al centro.

Sin dalle prime battute è stato chiarito che non vi sono risposte a tutte le domande. Il cardinale si è detto colpito da quel “agitano”. Vi ha letto una situazione, quella attuale, di «agitazione e di spavento» simile a quella vissuta dagli apostoli su quella barca che navigava nel lago in tempesta, mentre Gesù dormiva, quando – come racconta il Vangelo di Matteo – gli si erano rivolti disperati: «Maestro, affondiamo! Non te ne importa nulla?». Ma ora – ha aggiunto – «sappiamo che lo Spirito di Dio rende la Chiesa capace di resistere alle intemperie e ai sommovimenti culturali, ai peccati degli uomini».

Sangiuliano, premettendo che interveniva come intellettuale e non come ministro, ha richiamato lo specifico della Chiesa, «unica istituzione millenaria sopravvissuta al crollo delle civiltà»: dare innanzitutto risposta a quel «bisogno del sacro, bisogno di Dio» che ha definito, citando Dostoevskij e Heidegger, «interiore ad ogni essere umano» e «fondamento dei valori dell’Occidente». Ed ha invitato a guardare al di là dei tempi della cronaca, «alle prospettive più ampie dei tempi della storia».

Una visione di speranza condivisa dall’autore e dal cardinale secondo cui le difficoltà possono essere lette anche come opportunità, in quanto «parte della sapiente pedagogia di Dio con cui ci educa e ci fa maturare e progredire».

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