Il re ignorante

Un racconto per la festa del papà 2024. «Il figlio lasciò l'indovino e se ne tornò al castello pensieroso, una matita leggera sembrava che gli avesse segnato uno strano sorriso».
Porta foto Pixabay

Un giorno un re ignorante disse al figlio: «Ragazzo, non sei più un bambino; se vuoi diventare un uomo devi essere duro e spietato, solo così potrai sopravvivere!».

E così il figlio, che ammirava il re, e che non desiderava altro che farlo contento, decise che avrebbe consegnato per sempre il cuore al padre, e con esso la tenerezza e la gentilezza, affinché fosse rinchiuso nelle segrete del castello, laddove anche lui, il re, un giorno nascose i propri sentimenti amorevoli (e così suo nonno, il bisnonno ed il bis-bisnonno) poiché era convinto che quella roba avrebbe ostacolato la propria crescita.

Il re si assicurò di chiudere bene la porta della stanza segreta, perché nessuno più vi avesse accesso, e perché quella inutile cosa che i bambini chiamano affetto non desse più fastidio a nessuno.

Fu così che il figlio crebbe e fu promosso a uomo, proprio come suo padre lo aveva pensato e voluto. Il figlio era forte, e dimostrava di sapere usare bene le mani e la voce per farsi valere; e, ogni volta che picchiava o gridava, la risata del re gli risuonava forte e compiacente nella testa, come una tromba di guerra rimbomba nel vuoto.

Il figlio era proprio potente e duro, e talvolta spietato, e aveva la sensazione di vincere sempre; tutto, insomma, andava come nei piani del re: era il figlio da sempre sognato.

Ma ogni tanto, chissà perché, soprattutto nelle notti di luna piena, qualcosa nel petto faceva male. Il figlio si fece vistare dai migliori dottori ma nessuno capì cosa fosse; poiché non erano i muscoli (tesi per troppo tempo) e nemmeno le ossa (stanche di portare pesi enormi) i dottori decisero che non era nulla di importante, e che il figlio doveva solo imparare a resistere e ad essere ancora più forte: proprio come aveva fatto suo padre, e prima ancora il nonno, il bisnonno, il bis-bisnonno.

Ma, quanto più si sforzava di resistere, tanto più quel dolore aumentava e diventava più profondo. E fu così che un giorno, quando il dolore ormai gli esplodeva dal petto, il figlio andò da un indovino che sentenziò: «ciò che provi si chiama tristezza, è una malattia dell’anima ed è molto comune tra gli uomini duri. Prima di te, però, nessuno ha voluto curarla poiché tutti erano convinti che non ci fosse nulla di così importante sotto ai muscoli e alle ossa».

«Tristezza? Ho una malattia?! E come si cura?» chiese il figlio con tono sfidante.

«Soltanto tu la puoi sanare…ma ci vuole molto molto coraggio per sottoporti alle mie cure».

«Coraggio?!» ridacchiò il figlio «Ma io ne ho da vendere…io sono un vero uomo duro!»

«Beh, se è così, allora ti dico che cosa devi fare. In fondo alle segrete del castello di tuo padre, c’è una stanza sbarrata che non hai mai visitato poiché ti è stata proibita. Lì è custodito un tesoro che ti è stato tolto quando eri bambino. Se davvero hai coraggio, devi rubare la chiave che tuo padre tiene legata al collo, scendere giù alle segrete, aprire la porta e riappropriarti della pozione della vita».

«Una pozione della vita? E di che si tratta?»

«Si tratta di un fluido magico chiamato gentilezza. Dovrai cospargerlo sul petto ogni mattina ed ogni sera, fino a quando il dolore sparirà. Applicane una dose doppia ogni volta che sentirai la voglia di aggredire qualcuno, soprattutto quando starai con tuo figlio».

«Ma sei sicuro che funzionerà? Come farò ad accorgermi che la malattia è sparita?»

«È semplice! Quando finalmente riuscirai a giocare con tuo figlio per almeno un’ora al giorno, dopo il tramonto, ed a stare con lui abbracciato per almeno dieci minuti mentre gli racconti la tua giornata ed ascolti la sua, senza pensare ad altro che non sia lui, significa che starai guarendo»

«Tutti i giorni?! Ma non ho tempo, non posso mica fermarmi…sono un uomo duro io!»

«Sì, tutti i giorni. E quando poi riuscirai a farlo ogni volta che lo vorrai, anche più di una volta al giorno…e se da te e da tuo figlio uscirà un sorriso sincero, allora significherà che sarai proprio guarito!»

«Giocare? Abbracciare? Raccontare? Ma è roba da deboli! Io sono il figlio del re, mi hanno sempre detto che un uomo non fa queste cose!»

«Vedi, caro figlio: il guaio è che a volte crediamo in ciò che ci viene detto fin da piccoli, e finiamo col cedere a ciò che ci viene insegnato, poiché chi lo insegna è per noi una persona importante; ma non è affatto detto che, se si è sempre fatto così, questa sia la cosa buona anche per te. A volte, da bambini, si sceglie di fare cose sbagliate per non deludere il padre o la madre, o il nonno o il bisnonno, o il maestro o la maestra. Se tu hai deciso di essere un duro, forse è perché, da piccolo e da ragazzo, avevi un grande bisogno di ottenere l’approvazione di tuo padre; e lui, forse non sapendo il danno che ti stava facendo, ti ha portato in una trappola: ti ha fatto credere che per ottenere il suo consenso dovevi rinunciare al tuo bisogno profondo di amare e di essere amato per essere come lui voleva che tu fossi»

«Mio padre ha fatto questo?! Ma lui è il re, come ha mai potuto sbagliare?!»

«Io non so se lo ha fatto apposta; tanti sbagliano senza saperlo, anche i re. Ma ci sono i “veri re” che sanno correggersi, ed i “finti re” che continuano a sbagliare anche quando sanno che stanno facendo errori; io non posso sapere se tuo padre è un vero re o un falso re, tocca a te scoprirlo»

«Però, mi pare di aver letto che solo i falsi re nascondano il cuore nelle segrete del castello…»

«Sì, hai letto bene: lo fanno i re ignoranti e presuntuosi, cioè quelli che hanno paura di confrontarsi e di cambiare, e che preferiscono usare il sopruso per non sentirsi sbagliati»

«Questo che dici aumenta il mio dolore…»

«Lo so, e mi dispiace; ma soltanto sapendo puoi decidere: è questo il vero coraggio di un degno figlio di re; non certo l’essere diventato il guerriero che tuo padre voleva, e che tuo nonno voleva che lui fosse, e che il tuo bisnonno voleva che tuo nonno fosse. Tu porti nel petto il dolore di una schiera di generazioni di uomini duri che ti hanno preceduto, e che non hanno mai avuto il coraggio di scendere nelle segrete. Sta a te spezzare la catena, adesso, a partire da ciò che farai con tuo figlio, e da ciò che ti aspetterai da lui»

«Ma se quello che dici è vero, dovremmo dirlo a tanti…conosco milioni di uomini duri che continuano a non sapere di essere la fotocopia sbagliata di altri uomini duri, e che continuano ad insegnare ai propri figli violenza, guerre, stupri, imbrogli…»

«Hai proprio ragione, dovremmo dirlo bene a tutti; per molti millenni hanno ingannato noi uomini facendoci confondere forza con durezza, potenza con violenza, affetto con debolezza, mascolinità con sopraffazione. Molti padri sono il frutto di una truffa: la storia dei potenti aveva bisogno di uomini duri che sapessero impugnare le armi senza sentirsi in colpa, ed è così che i potenti spensero il cuore ai padri: per non fare provare loro dolore mentre colpivano i figli, le loro madri, o altri uomini meno duri»

«Ma è terribile essere stati truffati, anzi: derubati. Io rivoglio il mio cuore! E quello di mio figlio!»

«Se lo vuoi davvero, tu puoi cambiare la storia, gradualmente ma decisamente. Proprio perché hai conosciuto la malattia della tristezza – in quanto figlio – ora puoi decidere di essere un padre diverso. Tuo figlio è lì davanti a te, puoi cominciare oggi stesso a raccontargli una storia nuova senza più inganni. Il cuore esiste e batte ogni giorno il bisogno di amare, che non è né maschile né femminile, è semplicemente umano; chi non ama non è un vero uomo, né una vera donna – ma questa è un’altra storia che racconterò io stesso ad una principessa coraggiosa appena si porrà il tuo stesso quesito»

«Ma allora, che cos’è la forza in un uomo vero?»

«Mettersi in gioco e rompere le catene del passato: questo sì che è forza, questo sì che è da uomini duri: chi sa gestire la propria aggressività, chi sa prendersi le responsabilità, chi sa portare avanti un impegno, chi lavora onestamente, chi ama la sua compagna con sincerità, chi sa divertirsi senza fare del male ad altri, chi sa giocare con un figlio, chi sa soffrire, chi sa rialzarsi, chi sa essere fermo e forte senza essere violento – perché un figlio ha bisogno di argini certi ma che siano al tempo stesso anche protettivi ossia non dannosi: queste sono cose da uomini duri!»

Il figlio lasciò l’indovino e se ne tornò al castello pensieroso, una matita leggera sembrava che gli avesse segnato uno strano sorriso.

Riuscirà a rubare la chiave della stanza segreta ed a raddrizzare le lancette della storia? Riuscirà a sfidare la legge del padre? Forse sì, forse no…forse un po’ per quello che può. Ma nelle notti di luna piena, di questo sono certo, potrai pensarlo a fissare il cielo assieme a milioni di altri uomini veri che stanno osando sfidare i loro re ignoranti. Se, pensandolo, riuscirai a scorgere che un po’ di tristezza è andata via, vorrà dire che anche la tua malattia starà guarendo; proprio allora, senza vergogna, corri a sorridere a tuo figlio ed insieme guardatevi allo specchio: sarà il sorriso di una nuova umanità.

 

Festa del papà 2024

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