Liberare la fantasia con Carla Accardi
Da Trapani a Roma, nell’autunno del 1946. È la data del trasferimento di Carla Accardi, una ragazza piena di talento, nella capitale, che da quel momento diventa la sua vita, il centro delle indagini artistiche, del contatto con un mondo intellettuale e creativo in fermento. Di un voler “fare arte” anche controcorrente rispetto alle forme usuali, puntando all’astratto, senza figure né storie, solo forme e colori che parlano alla sensibilità di chiunque in qualsiasi nazione del mondo.
Anche oggi, passeggiando tra il centinaio di opere esposte, si avverte che esse, per quanto “astratte”, in realtà parlano a tutti. Eccome! È infatti l’incontro con la Bellezza pura, quella che si manifesta con segni, come spazi, come parole dello spirito, a ben vedere. Si tratta di lavori, costruiti con qualsiasi materiale, che sanno dire parole fatte di forme che, con il loro stesso esistere nell’assoluta ”semplicità”, manifestano immagini, pensieri che sono vita.
Carla, in questa rassegna in ordine cronologico, rivela il suo cammino, dall’inizio ancora tradizionale alla scoperta dell’astrazione. Ma poi non si ferma, perché se dapprima scoprirà la radicalità del bianco e nero, poi si aprirà al colore e la poesia dei “segni” diventerà come un concerto sinfonico aperto al mondo. Carla continuerà ancora, perché nel 1976, ad esempio, da convinta femminista, presenterà pure l’installazione-ambiente Origine di suggestiva bellezza, di originale significato. Fino alla grandiosa Triplice Tenda del 1969-71, l’ambiente dipinto arrivato a Roma dal Centre Pompidou parigino.
La passeggiata tra le opere di Accardi è un tuffo nella memoria dell’arte del secolo scorso, ma anche un rivivere e far proprio un linguaggio che tuttora affascina, perchè emana una forza spirituale, un discorso sottile e per nulla ambiguo. Chiaro, immediato, forte.
Osservo i Tre Triangoli (1972), vernice su sicofil e telaio di legno: voli di disegni-uccello tra una superficie grezza che sanno palpitare. Guardo la Seconda Stella (1964), una meraviglia in giallo rosa, si direbbe spiritualizzata come una apparizione, tanto che potrebbe ricordare l’arte del grande Rothko. Mi fermo davanti alla Tenda del 1965-66, una struttura in plexigas che diventa luogo di un’accoglienza trasparente, dove le forme rosse denotano calore e colore, cioè vita.
Davanti alla Triplice Tenda ci si può restare a lungo, tanto è densa di richiami, fascinosa nel suo vuoto-pieno, nella magia dei segni ad onde: non è materia quest’arte, è spirito parlante. È una bellezza che non ha bisogno del corpo, è pura, limpida. E proseguo nel Grande Capriccio viola del 1988. Il colore esulta sulla tela grezza come in una sorta di danza di segni che la fantasia liberamente esplora: l’ispirazione qui è un getto continuo di movimenti dell’animo. E finisco, senza finire, nel Grigio (1975), forme fluttuanti nel bianco, luce velata sulla luce bianca: pensieri dubbiosi, emozioni incerte ma in ricerca della luce più candida possibile.
Ecco la grandezza di Carla Accardi, una inesauribile cercatrice di luce. È quello che dà sapore e vita alla poesia dei suoi sogni, alle parole-senza-parole che esaltano la bellezza, la fantasia, il pensiero. Da non perdere.
Fino al 9 giugno 2024. (catalogo Quodlibet- Palazzo delle Esposizioni)
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