Il momento più bello della giornata

Un’attesa estenuante diventa occasione di incontro e di amore fraterno. «Oltre il cerchio dei volti vicini ho visto la lunga fila di storie, di amori, di tenerezze, di dolori»
Foto pixabay

Dentro un pontile d’imbarco attendevo di accedere all’aereo. Nonostante la lunga fila fosse ormai completa da tempo, ero fermo, in piedi, assieme a molti che emanavano impazienza e qualcuno rabbia. La gente non procedeva né poteva tornare indietro. Bella trappola!

Nella mente, non so come, mi si è formulata una domanda, come una sfida: «Sei capace di trasformare questa situazione nel momento più bello della tua giornata?». Ogni riposta era scoraggiata dalla prigionia senza senso. Tutto aveva il colore grigio dell’incertezza e della ricerca del colpevole. Quella situazione poteva trasformarsi nel momento più bello della mia giornata?

Ho cominciato a guardarmi attorno. Un’anziana cercava un modo di appoggiarsi alla parete del tunnel, una mamma con due bambini provava a far sedere un bambino sul borsone, mentre teneva l’altro in braccio. Ho offerto il mio trolley all’anziana e l’ho aiutata ad accomodarvisi. Nel suo grazie c’era implicita la richiesta che l’avrei aiutata a rialzarsi.

Il bambino più grandicello piangeva, aggrappandosi alla madre. Ho sganciato le chiavi dal portachiavi e le ho offerte al piccolo, che guardava in alto, soffocato da quanti eravamo in piedi. Un signore elegante sbruffava sotto un cappello a larghe tese e i suoi occhi, che giravano a vuoto veloci e assenti, si sono fermati improvvisamente sul bambino che cominciava ad assopirsi in braccio alla donna che lo dondolava. Quel bambino ha cambiato il ritmo dei suoi occhi ed è divenuto più paterno: «Che tenerezza, quanti anni ha? Ho un nipotino che mi ha cambiato la vita» e il ricordo lo rende simpatico ad altri che annuiscono con un sorriso o con un gesto di assenso.

La mamma dei bambini aveva il volto stanco. L’anziana seduta sul trolley le offre di prendere in braccio il piccolo assopito. La mamma glielo dà con delicatezza. Oltre il cerchio dei volti vicini ho visto la lunga fila di storie, di amori, di tenerezze, di dolori. Il vocio assordante si era attutito quando dietro ogni volto avevo immaginato una storia, e la fila anonima mi è apparsa una sfilata di costumi folcloristici.

Non so quanto tempo sia passato, ma seduto sull’aereo, mi era sembrato di aver già fatto un grande viaggio. La bella sorpresa è arrivata quando l’hostess mi ha riferito che la signora con i bambini mi offriva il posto libero vicino a loro perché il figlio chiedeva dov’era lo “zio” che gli aveva regalato il portachiavi. Ho lasciato il mio posto ma, prima di andare dal bambino, ho cercato nel trolley qualcosa da portare. Avevo ricevuto un’agenda. L’ho portata al bambino assieme ad una penna.

«Cosa disegniamo?». «Un aereo per papà». Arrivati a destinazione, dopo i vari disbrighi, il papà era in attesa della famigliola e il bambino ha gridato: «Ti ho portato l’aereo!». Il pontile d’imbarco, imbuto soffocante e grigio, mi aveva introdotto in un viaggio indimenticabile.

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