Modi visita il Kashmir
Come accennato in un articolo di qualche settimana fa, Narendra Modi ha lanciato su vari fronti la sua campagna in vista delle elezioni previste per quest’anno.
Al momento non sembrano esserci dubbi riguardo ad un nuovo trionfo del leader del Bharatya Janata Party (Bjp), saldamente al comando del Paese da ormai dieci anni. Si delinea anche questa volta un chiaro successo elettorale per Modi e tutti i partiti e gruppi che si riconoscono nella politica dell’hindutva, un fondamentalismo all’indiana che vuole il grande Paese come patria per gli indù.
Proprio alla luce di questa linea politica nell’estate del 2019, con una mossa a sorpresa, il governo Modi aveva privato il Kashmir, regione all’estremo Nord del Paese oggetto di un lungo contenzioso con il Pakistan, dello stato semi-speciale di cui godeva. Di fatto lo stato che vanta una popolazione con maggioranza musulmana, si è trovato declassato, con una sorta di commissariamento del Governo Centrale. Lo status speciale che la Costituzione indiana concedeva al Kashmir era stato brutalmente e improvvisamente interrotto, con la divisione della zona in due amministrazioni separate (il Ladakh, e il Jammu e Kashmir) che ora sono direttamente governate dal governo centrale dell’India.
La decisione, unilaterale, presa da Modi e dal suo governo fu subito interpretata come una scelta discriminatoria contro i musulmani non solo del Kashmir ma di tutta l’India. Non sono, infatti, mancati altri segni in questa direzione negli ultimi cinque anni.
Il Kashmir ha sempre rappresentato un punto caldo nella mappa delle tensioni geopolitiche a livello mondiale. È stato oggetto di vari scontri e guerre lampo fra Pakistan e India e, ancor oggi, l’India considera occupata una zona che resta sotto il controllo pakistano. All’interno dello stato da decenni è in atto una forte tensione creata da gruppi che ne vorrebbero la secessione dall’India per unirsi al vicino Pakistan dove la maggioranza della popolazione è musulmana. La situazione è stata sempre molto complessa ed anche abilmente manipolata sia dal governo di New Delhi come da quello di Islamabad per interessi di carattere politico, spesso in occasione di momenti di debolezza interna dei due Paesi è stato fatto uso della carta nazionalistica su questa zona contesa.
La settimana scorsa la visita del premier Modi nel Kashmir indiano deve essere letta proprio come una carta in vista delle prossime elezioni. Il premier indiano che mai aveva messo piede nello stato dopo la controversa decisione del 2019, ha sottolineato nel suo intervento in uno stadio locale come il Kashmir rinnovato dalla decisione governativa sia ora in grado di superare qualsiasi sfida.
Con la sua tipica retorica, Modi ha azzardato che «Il Paese (l’India) vedendo questi vostri volti sorridenti, si sente sollevato nel vedervi tutti felici». Secondo quanto affermato dal Primo ministro, l’esecutivo centrale vuole promuovere una più efficace politica agroeconomica, insieme a una rinnovata spinta al turismo da sempre fonte primaria per la sopravvivenza della popolazione locale. Il Primo ministro ha anche insistito che è desiderio del governo inaugurare delle infrastrutture attorno al santuario di Hazratbal, luogo particolarmente sacro per i musulmani.
Nei mesi scorsi, anche il ministro dell’Interno, Amit Shah, era più volte intervenuto sulla questione Kashmir, assicurando che la regione avrebbe riacquistato il suo status dopo le votazioni previste per la prima metà dell’anno in corso. Modi non ha fatto menzione di questa possibilità nel suo discorso, ma ha detto che lo Stato, adesso che è stato integrato nel territorio indiano, avrà una sua assemblea legislativa.
A fronte di questa retorica tipica della destra nazionalista indiana, l’opinione pubblica locale ritiene che in Kashmir ci sia stata un’erosione dei diritti civili e una riduzione della libertà di stampa. La maggior parte delle scuole sono rimaste chiuse in occasione della visita del premier e i dipendenti pubblici sono stati invitati a partecipare alla manifestazione.
Omar Abdullah, ex chief minister del Kashmir, sostiene che il governo abbia organizzato l’arrivo di autobus pieni di persone, che sono andate a formare il pubblico della manifestazione di accoglienza a Modi, perché “quasi nessuno” avrebbe partecipato volentieri. Si tratta di una prassi normale per le campagne elettorali del Bjp al fine di impressionare l’opinione pubblica a favore di Modi.