Eremiti: mai davvero soli

Dedicati a venticinque eremi storici nel Trentino Alto Adige, i racconti di Mauro Neri mettono in rilievo con piacevolezza letteraria il valore sociale del fenomeno eremitico
Mauro Neri

Di eremiti, forse, Mauro Neri non ne ha incontrato neppure uno vivente, ma ha così frequentato le storie e i luoghi di quelli che nel corso dei secoli hanno abitato le rupi e le valli del suo Trentino da poter essere considerato senz’altro un esperto di questo tipo particolare di vita consacrata. Occorre anche rilevare che il fascino per il silenzio e l’attitudine contemplativa dello scrittore originario di Trento hanno certamente favorito e guidato la sua indagine su questi uomini di Dio. Come pure la spiccata fantasia e la felicità di scrittura: altre sue doti che gli hanno consentito di recuperare e descrivere fatti e vite quando la documentazione storica risultava avara e in qualche antico eremo, ridotto a rudere, si poteva solo immaginare la loro presenza. I paesaggi no, quelli di sempre o quasi rimanevano lì a suggerire i sentimenti di quei solitari (fino a un certo punto), con i quali Neri ha ridato vita e anima alle loro storie.

Le quali, pubblicate mensilmente su Vita trentina – il settimanale dove l’autore ha iniziato la sua carriera giornalistica per poi dedicarsi totalmente a quella di scrittore fecondo di romanzi, fiabe e leggende – sono state così apprezzate dal pubblico di lettori da essere raccolte, con l’aggiunta di nuovi racconti analoghi, nel volume Fondati sulle rocce edito da Vitrend.

Sono venticinque eremi storici nelle cui vicende si ritrovano tutti gli “ingredienti” che fanno l’autore Mauro Neri: gli studi universitari di filosofia e teologia, le letture bibliche, il gusto della scrittura, dell’immedesimazione e dell’invenzione letteraria verosimigliante. E questo è tanto vero che, almeno per quel che mi riguarda, ho trovato più che sufficienti le brevi notizie storico-geografiche che precedono il racconto dedicato ad ogni singolo eremo. Né ho avvertito il bisogno di un corredo fotografico che, se indispensabile in una guida turistica, non era stato previsto dall’editore proprio per esaltare il pregio letterario del libro. Quei luoghi infatti ho visitato con l’immaginazione e quelle storie ho gustato, grazie alla capacità narrativa ed evocativa di Neri.

Accennavo prima agli eremiti come a dei solitari (così nell’opinione comune), ma «fino a un certo punto». Appostati infatti nei loro rifugi montani o strategicamente nei pressi di strade di lunga percorrenza, spesso affianco ad una rustica cappella divenuta in qualche caso celebre santuario come quello di San Romedio, Neri ce li fa scoprire solleciti verso le comunità esistenti nel territorio di cui facevano parte: ospitali verso il viandante bisognoso di ristoro o di alloggio, erboristi fornitori di farmaci ai malati, dispensatori di saggezza e consigli ad anime inquiete, ministri di sacramenti ai cristiani dispersi in luoghi remoti. Quasi anticipatori di professioni attuali, ce ne mostra il legame con il nostro presente: «Se gli eremiti dell’accoglienza possono essere considerati gli antesignani della attuali strutture di accoglienza ad esempio per la gente migrante; se gli eremiti del silenzio e della meditazione possono essere equiparati ai contemporanei filosofi del pensiero profondo; se gli eremiti del perdono altro non sono che una delle categorie dei “confessori”; se gli eremiti dei consigli di vita sono i precursori di quelli che oggi lavorano come psicologi o psicoterapeuti… gli eremiti che nella storia europea sono stati spesso gli ultimi baluardi contro le pestilenze più o meno gravi che hanno percorso i nostri territori, be’, la nostra storia più recente ci suggerisce che in essi noi vediamo quelli che pochissimo tempo fa sono stati chiamati gli “angeli della pandemia”, che in prima fila hanno fatto da baluardo ai pericoli dei contagi».

Le vicende dei vari Samuele, Jacopo, Secondo, Placido ecc. abbracciano un po’ tutto il Trentino, dalla Val di Non a Primiero, dall’Alto Garda alla Vallagarina, dalla Val Rendena alla Valsugana, dalle Giudicarie Esteriori alle colline attorno a Trento. A mo’ di esempio, cito la storia di san Lugano (o Lucano), vissuto nel V secolo, servendomi dalla premessa dello stesso Neri a questo racconto che si differenzia dagli altri perché prima di diventare eremita Lucano fu vescovo di Sabiona, nei pressi di Chiusa. Scrive l’autore: «Venne convocato a Roma da papa Celestino I con l’accusa di aver infranto le disposizioni ecclesiali per aver concesso ai suoi fedeli il permesso di mangiare del formaggio in piena Quaresima per contrastare una feroce carestia. Lugano colse l’occasione per redarguire aspramente il pontefice a causa dello stile di vita troppo lussuoso che lui e la sua corte conducevano. “Però anche tu, Lugano, in quanto vescovo di Sabiona, sei figlio di quel lusso che adesso combatti!” ribatté Celestino I. Per tutta risposta il prelato di Chiusa rinunciò alla carica vescovile, si spogliò di ogni bene materiale derivante dalla sua posizione, rinunciò ai possedimenti e alle ricchezze della sua nobile famiglia e si ritirò in un eremitaggio nei pressi di quello che oggi è il Passo di San Lugano, nel comune di Trodena, a cavallo tra la Valle dell’Adige e le Valli di Fiemme e Fassa. Minacciato dalla setta degli Ariani allora molto diffusa, dalla Val di Fiemme si spostò nell’Agordino, nel cuore delle Dolomiti bellunesi, dove morì in odor di santità il 22 giugno di un anno tra il 430 e il 440. Oggi il vescovo eremita è considerato l’Apostolo delle Dolomiti».

In seguito all’interesse suscitato da Fondati sulle rocce, Neri sta preparando una seconda raccolta di racconti eremitici. Recente, intanto, è la notizia di un nuovo eremita proprio in Trentino Alto Adige: il sacerdote bolzanino don Massimiliano de Franceschi, che si aggiunge ai circa 200 eremiti attualmente presenti in Italia, alcuni anche donne. Un fenomeno in crescita, quello della vita eremitica, che un recente documento vaticano ha definito «perla preziosa».

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