Addio a Gigi Riva, bandiera del Cagliari, eroe del vero calcio
È scomparso lo scorso 22 gennaio il mito Gigi Riva all’ età di 79. Lutto nel mondo del calcio, in Italia, in Sardegna e, soprattutto, nella sua amata Cagliari, di cui è diventato simbolo e bandiera.
Una vita al Cagliari
Gigi Riva, una vita a Cagliari, una vita per il Cagliari, parte da un po’ più lontano dall’isola dal mare cristallino. Gigi nasce a Leggiuno, nella fredda e lontana Lombardia della Seconda Guerra Mondiale, orfano di padre a soli 9 anni e di madre appena qualche anno dopo… non è forse questo l’incipit che ci si aspetta per chi diventerà leggenda. O forse sì, è proprio questo, perché è dalle grandi tragedie che quando ci si rialza, poi, si ritrova tutta la forza. E tutta questa forza il “piccolo” Gigi Riva l’ha riversata nel suo sinistro, il piede con cui avrebbe abituato il mondo del calcio a vedere delle magie in campo.
Nel 1963, dopo gli inizi nelle file del Legnano, arriva l’offerta del Cagliari da un visionario Andrea Arrica che, per 37 milioni e mezzo di lire, si assicura un ragazzo magro come uno stecco, ma dotato di un sinistro esplosivo, come un rombo di tuono. Appena 19enne, quindi, Gigi si sposterà dalla Lombardia alla Sardegna, forse ignaro del fatto che lì ci sarebbe poi rimasto per sempre.
In Sardegna, il giovane attaccante si impone subito come uno dei migliori giocatori della squadra, contribuendo alla promozione in Serie A nel 1964-65. Negli anni successivi, nonostante i gravi infortuni del 1967 e del 1970, Riva diventa uno dei protagonisti del calcio italiano. Raggiunge il suo apice nel 1970 quando diventa determinante nella vittoria del primo – e finora unico scudetto – del Cagliari.
Dopo lo scudetto, tra alti e bassi del suo club, Riva continua a giocare per i rossoblù fino al 1977 e, ancora oggi, è il miglior marcatore nella storia del Cagliari con 164 reti.
Il rifiuto alla Juve, una promessa d’amore al Cagliari
Dopo lo scudetto con il Cagliari, ancor più di prima, Riva si fa notare da squadre molto importanti che arrivano a fare offerte enormi per il “rombo di tuono” – questo il soprannome coniato dal maestro giornalista Gianni Brera per sottolineare la potenza del tiro di Riva che era in grado di calciare la palla con una forza tale da farla arrivare ad oltre 100 km/h – del Cagliari.
Tra queste squadre c’è la Juve che nel 1973 fa un’offerta a dir poco allettante al Cagliari e a Riva: due miliardi di lire e sei giocatori, tra cui Gentile, Bettega e Cuccureddu oltre a un miliardo per Gigi. Il Cagliari, nonostante l’importanza di Riva per il club, era disposto a concludere l’affare, ma Riva, contro ogni aspettativa e contro il volere del presidente, rifiuta categoricamente l’offerta.
A raccontare i motivi del rifiuto sarà lui stesso in stato un’intervista. Riva ricorda, infatti, «Quando Arrica, il mio presidente, scoprì che non andavo, non fu contento per niente. Ma non sono testone: io ero una persona chiusa, avevo avuto un’infanzia tragica, i miei genitori erano mancati presto. Poi sono venuto a Cagliari e abbiamo costruito una gran bella cosa: lo scudetto era il sogno di ogni squadra. La Sardegna mi aveva già conquistato». Una scelta di cuore, quindi, quella di Riva che i numeri li faceva, sì, ma solo in campo, a quelli nel portafoglio non ci pensava.
Il Cagliari aveva conquistato Riva e Riva aveva conquistato il Cagliari, ma non solo, era tutta un’isola a seguirlo, a rifarlo, ad amarlo. «Quando vedevo la gente che partiva alla 8 da Sassari e alle 11 lo stadio era già pieno, capivo che per i sardi il calcio era tutto. – aveva affermato Riva – Ci chiamavano pecorai e banditi in tutta Italia e io mi arrabbiavo. Il Cagliari era tutto per tutti e io capii che non potevo togliere le uniche gioie ai pastori. Sarebbe stata una vigliaccata andare via, malgrado tutti i soldi della Juve».
E infatti, via, Gigi Riva non sarebbe più andato. Abbandonato il calcio giocato, Riva ha continuato a vivere a Cagliari aprendo una scuola calcio che porta il suo nome. A metà degli anni ‘80 è stato per un breve periodo presidente del Cagliari, poi dal 1990 è stato dirigente accompagnatore e infine, dal 2019, è diventato presidente onorario del Cagliari.
Un eroe nazionale
Ma i grandi, già lo sappiamo, difficilmente sono grandi solo nei club: i veri miti, le leggende, sono quelli che dedicano la propria carriera anche alla loro Nazionale e Gigi Riva, non solo non è venuto meno a questo, ma lo ha fatto come mai nessuno prima – e dopo – di lui. Nonostante due gravi infortuni che hanno condizionato la sua carriera e, forse, anche il destino del suo club e della Nazionale, Gigi Riva è stato uno dei più grandi calciatori italiani di tutti i tempi e con 35 gol in 42 presenze è il marcatore più forte di tutti i tempi in maglia azzurra.
Con la maglia azzurra Riva è stato campione d’Europa nel 1968 a Roma, segnando un gol decisivo per la conquista del titolo continentale nella finale con la Jugoslavia.
Si conferma due anni dopo, nel Mondiale messicano, realizzando una doppietta nei quarti e una rete nella “Partita del Secolo” con la Germania e trascinando di fatto l’Italia alla finale persa poi con il Brasile.
Una finale in cui l’assenza di Riva a causa di un infortunio è stata forse determinante nella sconfitta contro il Brasile di Pelé che ha avuto vita facile contro un’Italia privata di quello che molti hanno definito il Pelé d’Europa e si è dovuta inchinare di fronte ai quattro goal del Brasile in Messico.
E anche dopo essersi ritirato dal calcio nel 1976, all’età di 31 anni, si è interessato al destino della Nazionale ricoprendo il ruolo di team manager della Nazionale italiana dal 1990 al 2013.
Una carriera relativamente breve, solo 14 anni, dal 1963 al 1977, ma intensa, intensa come il suo sinistro, breve ma intensa come un “rombo di tuono”, breve ma intensa come anche il malore che lo ha portato via quando lui, ancora scherzando, pensava solo a parlare con i suoi cari. Sicuramente intenso, ma di certo non breve sarà, però, il ricordo dell’Italia del calcio, della Sardegna e della sua Cagliari ad uno dei più grandi attaccanti della storia del calcio italiano.
Un giocatore che, con la sua potenza di tiro, la sua freddezza sotto porta, la sua capacità di trascinare la squadra in campo, la sua eterna fedeltà ai colori della sua maglia, lo hanno reso un simbolo per il Cagliari, per la Sardegna e per tutta l’Italia. A Dio Gigi.
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