I 4 infermieri, i fratelli Mautone, ricevuti dal papa
Un sogno che si realizza. I 4 infermieri, i fratelli Mautone: Raffaele, Valerio, Stefania e Maria sono stati ricevuti in udienza privata il 4 settembre insieme ai loro familiari, in tutto 13 persone. Li attendo all’uscita in piazza san Pietro subito dopo l’udienza. Sono frastornati, increduli, felici, emozionati.
«Abbiamo trovato un papà – dice Maria -, il Santo padre è una persona semplice, ci ha messo subito a nostro agio, si è scusato per la solennità della sala e alla fine ci ha salutato finché non siamo usciti dalla porta. Non eravamo lì solo per noi, ma per tutti gli infermieri che vivono sempre, non solo nel periodo della pandemia, a contatto con la sofferenza e in una continua vicinanza e confronto con i pazienti. Viviamo tutte le emozioni del paziente, quando è nervoso, quando è felice e noi dobbiamo mediare tra tutte le figure professionali che gli ruotano attorno».
L’udienza è durata circa 30 minuti, dove i fratelli Mautone hanno avuto modo di raccontare parte delle loro storie e degli episodi vissuti durante la pandemia.
«Il fatto – spiega Valerio – che gli ho potuto raccontare la mia malattia, durata 42 giorni, e la guarigione dal Covid, ha per me un valore che non ha prezzo. Papa Francesco è stato, sin dall’inizio, un punto di riferimento che mi ha sostenuto tutto il tempo». «Non ci siamo sentiti soli – commenta Raffaele – durante il lockdown e glielo abbiamo detto. Sentivamo la sua vicinanza verso la nostra professione e la vicinanza di Dio».
«Mi ha impressionato come comprende il nostro mestiere, la nostra sofferenza. Si vede che si immedesima – aggiunge Stefania. Ci ha detto che ha voluto incontrarci per dire grazie a noi e a tutti gli infermieri».
«Quello che sapevamo – continua Valerio – su di lui era vero, è una persona semplice, che ascolta le persone, che sa condividere. Dire una preghiera con lui è stata una esperienza incredibile che ha rafforzato la nostra fede».
L’idea di portare al papa le lettere di colleghi e pazienti è venuta a Raffaele, ispirato in sogno da Madre Teresa, che lancia un invito: «Esorto tutti a credere nei propri sogni, a tirarli fuori dai cassetti, anche se sembrano irrealizzabili, anche se sono criticati. Con la forza che è venuta dalla mia famiglia, dall’unità tra di noi, con le persone che si vogliono bene, abbiamo visto che i sogni si realizzano». Per Raffaele è particolarmente significativo il fatto che il 5 settembre, il giorno del loro rientro a casa, quando tutta questa avventura si è conclusa, si festeggia proprio Santa Teresa di Calcutta.
Alla fine hanno comunicato al papa una loro proposta. Dare il premio Nobel per la Pace di quest’anno, (in cui ricorrono i 200 anni dalla nascita di Florence Nightingale, la fondatrice dell’infermieristica moderna), a tutti gli infermieri del mondo per quanto hanno fatto e continuano a fare nella battaglia contro il Covid, per come hanno condiviso un dramma universale. Il papa ha annuito.
L’invito della Prefettura della Casa Pontificia reca la data del 25 agosto come risposta ad una lettera da loro inviata al papa. Sono stati pochi i giorni per organizzare quanto promesso al Santo Padre. Avrebbero portato a piedi, in pellegrinaggio, le lettere, i pensieri, le sofferenze dei loro colleghi e pazienti raccolte in un apposito contenitore negli ospedali dove prestano servizio a Napoli, Como e Lugano in Svizzera.
Valerio, il secondogenito si è spostato in macchina da Como a Viterbo. Ha parcheggiato alla stazione locale e ha percorso a piedi, zaino in spalla, 5 tappe di circa 120 chilometri sull’antica Via Francigena, l’itinerario tracciato prima dell’anno Mille. Il percorso non è agevole e non ben identificato. Si è perso, aveva anche sbagliato le scarpe da trekking, ha incontrato anche un lupo, ma alla fine il 3 settembre pomeriggio, è arrivato a Roma in piazza san Pietro. «La tappa più lunga è stata di 36 km – commenta Valerio -, 4 tappe su 5 le ho percorse in completa solitudine nell’antica Via Francigena, deserta. È stato anche un viaggio interiore, un viaggio di speranza, di fede, di cambiamento».
Il papa ha regalato loro un rosario, i fratelli Mautone hanno portato le divise dei loro ospedali con la foto e l’immagine serigrafata di papa Francesco. «Gli abbiamo detto che erano intrise del sudore e delle lacrime di medici, infermieri e pazienti, e lui, che è profondissimo, ci ha risposto che sentiva battere il cuore di quelle persone».