Gli sponsor dell’azzardo all’attacco di un mondo del calcio pieno di debiti
Anche se il calcio è lo sport nazionale per antonomasia, va detto che in un Paese che registra criticità, soprattutto di carattere economico e sociale, appaiono poco edificanti e fuorvianti le richieste dei rappresentanti del sistema del società calcistiche che chiedono sempre più insistentemente di reinserire le sponsorizzazioni del comparto dell’azzardo con riferimento alle competizioni sportive . E probabilmente, fuori dai confini dello Stivale, non sarebbe neppure consentito a un rappresentante del comparto dello sport pretendere di modificare una legge parlamentare (quella del divieto di pubblicità dei giochi d’azzardo, cosiddetto Decreto Dignità del 2018) per – a quanto si apprende – andare in aiuto (di nuovo?) delle società di calcio.
Sorprende che questo mondo non abbia acquisito la consapevolezza delle enormi difficoltà che vive parte crescente della popolazione italiana. I dati relativi alla povertà, al lavoro sempre più precario, ad un sistema sanitario e più in generale di welfare, ci consegnano un quadro drammatico della situazione generale.
Il calcio rappresenta ancora un aspetto importante della società, ma le società del settore non possono allegramente reintrodurre il sistema dei finanziamenti alimentati da pubblicità e sponsorizzazioni per ottenere risorse destinate non allo sport ma ad un mondo che rischia di essere sempre più alienato dalla realtà.
Da quanto si apprende dai media, si parla di un giro di affari complessivo tra i 500 e i 600 milioni di euro legati alle sponsorizzazioni del gioco d’azzardo e delle scommesse relative ai club calcistici. Una cifra che non tiene conto dei costi sociali dell’azzardo di massa dominante in Italia, con gli effetti a catena sulle patologie da dipendenza dall’azzardo che ricade sulla fiscalità generale e cioè sulle tasche di tutti i cittadini. Rileva poco in questo senso il fatto che alcune società calcistiche facciano della beneficienza. Non è l’elemosina ma la giustizia sociale che si chiede ad un sistema politico coerente.
Tali dati di fatto elementari vengono offuscati da un’informazione prevalente che contribuisce al disordine organizzato dove si mette a tacere la conoscenza degli enormi profitti destinati ad alcuni da un sistema calcistico formato da aziende che hanno debiti di proporzioni enormi con il fisco italiano. Lo stesso erario che sappiamo in affanno quando si tratta di garantire i servizi e i diritti essenziali come quello alla salute. Una stima prudenziale di tale debito del mondo delle società di calcio è pari a oltre 500 milioni di euro. Con tali passivi, altre società “normali” avrebbero già chiuso da tempo i battenti. Mal al sistema del gioco professionistico della pedata sembra che sia tutto concesso, a cominciare dal lusso. Per la sola Serie A si registrano, finora, oltre 900 milioni di euro in ingaggi per la stagione 2023/2024.
Il calcio, che ha una radice autenticamente popolare, è diventato così preda di altri interessi capaci di farsi sentire dal mondo dei partiti fino a rendere evidente una palese crisi di civiltà, di modello di sviluppo e di progetto di futuro che si è prepotentemente insinuata nel Paese. Siamo di fronte a un fenomeno assolutamente insostenibile e ingiusto che pretende di crescere ed arricchirsi, ancora senza curarsi dello stato in cui versa il contesto dal quale trae sostentamento e che, prima o poi, imploderà. Come dice un detto popolare, “raramente in una pancia che è stata sempre piena si troverà spazio per nobili ideali”. Ma l’esistenza di uno Stato responsabile deve fare da argine all’appetito finanziario dalle proporzioni fameliche delle società di calcio.
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