Chi erano i 39 morti nel Tir, la nuova tratta
Una notizia scioccante, quelle del container contenente 39 cadaveri provenienti, sembra, per la maggioranza, dal Vietnam: ha dell’incredibile eppure è una triste realtà.
Ancora oggi, in Europa, si traffica in questo modo, in container-frigo, con la vita di persone che arrivano dall’altra parte del mondo, da 10 mila chilometri di distanza, fino alle porte di casa nostra. In Vietnam ho ascoltato i commenti della gente comune e ho seguito i media.
Le opinioni sono varie, ma una cosa sembra certa, man mano che passano i giorni: siamo di fronte allo sfruttamento di povera gente, di contadini e dei loro irrealizzabili sogni di una vita migliore in Europa, raggirati da gang mafiose, con affiliati in varie parti del mondo, dal Vietnam alla Cina, dalla Cechia alla Francia e all’Inghilterra. Presunte comunità vietnamite nel Regno Unito, unite a gang locali con camionisti, forse doganieri, e chissà quanti altri agganci, che le forze dell’ordine di questi Paesi stanno cercando di sgominare. In Vietnam sono finite in carcere tre persone e una, di appena 18 anni, è in fuga con l’accusa di traffico di esseri umani.
La prima domanda che viene allo spirito è questa: siamo di fronte a una nuova ondata di boat people? Assisteremo all’esodo come negli anni Ottanta, in cui decine di migliaia di persone scappavano dal Vietnam, via mare, su barche di fortuna, verso la Thailandia, la Malesia, Singapore?
L’opinione più comune tra gli analisti internazionali è negativa. Si tratta, in questo caso ed in molti altri scoperti in questi anni, di gente facilmente influenzabile, che per realizzare il sogno della vita, con guadagni facili, impegnano terreni di famiglia, vendono tutto quanto possono facendo debiti enormi (si parla fino a 32 mila euro a persona per arrivare a Londra) e partono, sperando che quanto sia stato detto loro da altri connazionali che “hanno fatto fortuna” si realizzi anche per loro.
Le due provincie vietnamite interessate, Nghe An e e Ha Tinh, da dove provengono i 24 scomparsi di cui si teme la sorte e si sospetta possono essere tutti nel numero dei 39 morti trovati nel container in Inghilterra, sono zone colpite dalla decina di tifoni annuali che arrivano in Vietnam, oltre che da altri problemi sociali.
Al momento le forze di polizia dell’Inghilterra, della Cina e del Vietnam stanno lavorando per dare un nome e una nazionalità a tutte le persone trovate nel container: un compito difficilissimo, in quanto sono pochi gli elementi a loro diposizione.
Una delle richieste dei trafficanti è quella di non portare con sé cellulari e tanto meno documenti. La giovane Pham Thi Tra My, nel suo ultimo messaggio alla mamma col cellulare che aveva nascosto e trafugato dentro il container, ci svela una realtà davvero cruda: quella di una giovane di 26 anni strappata dalla sua terra, alla sua famiglia.
Il messaggio – «Papà, mamma mi dispiace. Il mio viaggio non è andato bene. Mamma, amo papà ed anche te. Sto morendo perché non riesco a respirare – è stato ricevuto alle ore 4.28 del 23 ottobre in Vietnam. Questo significa che è stato lanciato dal cellulare della giovane alle ore 22.28 del 22 ottobre in Inghilterra, cioè 4 ore prima circa che il container fosse aperto e fosse scoperto il suo tragico carico.
Nel 2000, 58 persone di origine cinese, furono scoperte in un altro container a Dover, il porto britannico più trafficato: morirono asfissiate, in quanto il sistema di raffreddamento del container era stato tragicamente spento.
In questi giorni, in molte chiese del Vietnam si prega per questi morti e per tutte le vittime di questa ignobile tratta che come secoli fa continua inesorabile, uccidendo gente semplice, in cerca di una “nuova patria” dove poter prosperare e arricchirsi.
I sacerdoti spesso denunciano l’assurdità dell’accaduto e il fatto che anche dei cristiani abbiano potuto seguire le sirene di una mentalità che nutre miraggi e sogni irraggiungibili, che cozzano non solo contro il Vangelo ma anche con le leggi civili.
Con 32 mila euro sarebbe possibile farsi una nuova vita anche in Vietnam e non è necessario andare a 10 mila chilometri di distanza. In una nazione come il Vietnam, che ha un tasso di crescita economica intorno al 6,6% nel 2019, c’è posto per tutti, senza dover finire nascosti in una foresta in Francia, in un capannone in Cechia, o in un container in Inghilterra.