Le relazioni siano l’obiettivo primario di ogni scuola
Purtroppo cresce il numero degli abbandoni e dei bocciati nel biennio dell’obbligo delle scuole superiori e con amarezza constatiamo che la società resta in buona parte indifferente alle reali difficoltà che i nostri adolescenti vivono nell’esperienza scolastica. Infatti, il numero dei bocciati al primo anno rimane quello più critico. La percentuale è dell’8,5% in lieve crescita rispetto all’8,3% del 2021/22. Stabile invece la percentuale di sospensioni di giudizio, ovvero degli studenti “rimandati a settembre” che dovranno rimediare ad almeno un’insufficienza: si parla del 18%, a fronte del 17,9% dell’anno precedente. Questi i dati ministeriali.
Nelle scuole superiori di secondo grado, quindi, si registra il più alto numero di bocciati (per mancato rendimento scolastico, per assenza e per abbandoni) nel biennio, in maggior numero nella prima classe e poi in percentuale minore nella seconda, ossia proprio nella fascia dell’obbligo scolastico.
Proviamo a immaginare l’impegno di un docente di prima superiore che sieda in cattedra e con convinzione faccia la sua lezione con competenza estrema, e che presenti agli alunni, attoniti e intimoriti, concetti nuovi, allegorie, paradigmi, approfondimenti, rinviandoli poi al libro di testo che, magia delle editrici, è spesso al massimo della densità linguistica e cognitiva, al pari quasi di una summa letteraria o di un trattato di filosofia, quasi di livello universitario.
Saranno proprio queste pagine, infatti, che faranno crollare gli alunni, quattordicenni ancora ingenui e vergini di pensiero erudito, spesso privi di quella maturazione intellettiva indispensabile per comprendere i contenuti espressi.
Ma non è tutto, dopo un’ora di matematica, cambia la scena e si passa a scienze, poi al latino, alla fisica, infine a storia e così di seguito giorno dopo giorno, in un frazionamento nevrotico e continuo del sapere che disorienta non poco la mente umana. Se questa è la scuola superiore, non per negligenza dei docenti ma perché il sistema scolastico lo prevede o indirettamente lo impone (numero elevato di alunni per classe, programma da svolgere, voti, interrogazioni, compiti scritti, parcellizzazione e frantumazione continua del sapere, giudizi di merito finali), allora non mi meraviglio che si registri nei primi due anni il più alto numero di bocciati, il più alto numero di abbandoni.
Evidentemente il sistema scolastico degli istituti superiori, dopo l’introduzione della scuola media unificata e d’obbligo, sostanzialmente è rimasto quello del passato, quando gli studenti delle medie venivano selezionati e non esisteva l’obbligo, per cui con nonchalance si premiava con la promozione o si castigava con la bocciatura.
Quali le conseguenze oggi? Molti studenti del biennio, dopo le prime timide bracciate in questo mare vasto e sconosciuto di conoscenze e contenuti, scoraggiati dalla sua vastità, spesso decidono inconsciamente di lasciare il mare per la terra: meglio zappare con la vanga un orticello di casa. Anche perché non trovano la disponibilità e un accompagnamento individuale e non si prevede l’adattamento dell’insegnamento alle intelligenze multiple e diversificate degli allievi, e l’approfondimento a scuola dei contenuti trasmessi.
Di fronte a questo quadro abbastanza scomposto, non possiamo negare che esso rappresenta uno degli aspetti fondamentali della crisi di un sistema scolastico ormai superato, in quanto finalizzato ancora e prevalentemente a premiare il merito e formare le eccellenze in ogni settore. La scuola deve combattere le disuguaglianze e evidenziare i talenti di ciascuno, pochi o molti che siano.
Purtroppo di fonte a questa crisi del sistema scolastico, la maggior parte della società resta indifferente e incapace di affrontare tale situazione – gli stessi genitori si sentono impotenti dinanzi alla classe docente – e tranne pochi istituti che cercano un alternativa, la maggior parte delle scuole superiori prosegue senza tentennamenti sulle antiche rotte.
La “nuova” scuola superiore, quella che fatica a nascere, dovrebbe essere quella che si rifà alle scoperte importanti sulla mente del ragazzo e sulle diverse intelligenze, che mette al centro di ogni attività la cura e la formazione di ogni alunno che può avvenire solo in gruppi di pochi alunni, che tiene conto dell’educazione al “bene relazionale”, essendo la scuola la prima e più importante esperienza sociale dopo la famiglia, che non dimentica mai il processo evolutivo delicato e sofferto in atto in ogni quattordicenne, e che nei primi due anni dovrebbe esercitare con attenta e sensibile cautela quel discernimento sulle acquisite o meno capacità dell’allievo, per orientarlo opportunamente dal terzo anno in poi, valorizzando i talenti naturali di ogni studente.
Con amarezza constatiamo che questo traguardo è ancora troppo lontano e nei primi due anni registra una vera e propria “mortalità scolastica” dovuta proprio a una sofferenza mentale degli alunni per la complessità delle richieste, che non tiene conto dello stato intellettivo e psicologico dei singoli allievi dopo la terza media.
Osiamo sperare che avvenga nella classe docente una nuova presa di coscienza che porti ad un cambiamento, come in alcuni istituti superiori già si riscontra. Sappiamo infatti che in alcuni sono in atto alcune sperimentazioni proprio nel biennio, per accompagnare e seguire da vicino gli alunni della fascia dell’obbligo con nuove metodologie, rompendo il rigido schema di classi separate e di frammentazione oraria delle diverse discipline. C’è ad esempio il raggruppamento dell’area linguistica nei primi tre giorni e delle materie scientifiche negli altri giorni. Vengono unite le classi classi e si formano gruppi di lavoro per singole unità didattiche con un numero limitato di studenti (da 7 a 10 alunni) e ogni gruppo viene affidato al docente responsabile di una determinata unità didattica, in modo da realizzare un rapporto stretto tra docenti e alunni e tra gli alunni. Al mattino si lavora col docente e nel pomeriggio gli studenti approfondiscono insieme gli argomenti appresi al mattino.
Una strutturazione nuova che mette al centro la relazione, abolendo completamente la struttura ancora oggi in vigore dell’orario giornaliero per la classe intera e con le materie frazionate in una rapsodia nevrotica e surreale. Si è già sperimentato che l’interesse che motiva la volontà risulta accresciuto e nessun alunno si è distaccato o ha abbandonato la scuola.
Vogliamo augurarci che questi primi esperimenti di cambiamento portino frutti positivi e che la sensibilità verso quella fascia di alunni più in difficoltà possa estendersi sempre più in tutte le altre scuole superiori italiane, affiche gli studenti nel varcare la soglia dell’istituto scelto, possano avvertire un atteggiamento nuovo da parte della scuola, ossia la piena accoglienza e la disponibilità da parte dei docenti a prendersi cura del loro processo formativo e del loro sviluppo intellettivo.
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