Cagliari, una rete di sostegno per i poveri del quartiere sant’Elia
Sant’Elia a Cagliari porta alla mente l’omonimo stadio che, dopo il 1970, anno del primo e unico scudetto della squadra cittadina, sostituì l’ormai non più adatto stadio Amsicora, tempio di Gigi Riva & co.. Ma la vera realtà di questa borgata di pescatori appoggiata su uno dei 7 colli di Cagliari, San Michele, dagli anni ’60 è sempre stata quella di un sobborgo sociale con forte disagio sia economico che umano.
Positiva era stata la visita di due santi moderni: San Paolo VI e Santa Teresa di Calcutta, che in questa borgata aveva stabilito il quartier generale della sua Opera a Cagliari in piena vocazione. L’attualità ci parla sempre di marginalità e necessità di emancipazione, ma anche di belle e fruttuose iniziative, ultima la creazione di un Centro di Ascolto sanitario denominato proprio Madre Teresa. Facciamo un passo indietro.
A fine 2021 alcune professionisti appena pensionati hanno aderito all’invito dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (O.M.I.) della Parrocchia di S. Elia, di animare coi laici di Madre Teresa di Calcutta, che già lavoravano nel quartiere, un Centro di ascolto della loro parrocchia, per ascoltare il grido dell’umanità più sofferente, delle persone più disagiate e ai margini della nostra città, in questo quartiere cagliaritano di circa 7000 persone, con tanti poveri e disoccupati, ma anche droga, dipendenze e ogni genere di degrado sociale.
Un posto incantevole, con un mare da cartolina, una scogliera e una spiaggia di rara bellezza, ma di fatto un quartiere ai margini della città. Chi ci abita si sente quasi un corpo estraneo, abbandonato dalle istituzioni che hanno chiuso il Centro di quartiere e spostato in altra sede i servizi sociali. Gli abitanti hanno una bassa scolarità che purtroppo limita il loro accesso ad un eventuale impiego lavorativo, c’è un precoce abbandono scolastico fra i giovani, accentuato dalla recente pandemia, e nonostante i tanti bambini e ragazzi nel quartiere, le scuole medie inferiori sono state chiuse di recente, e le primarie lo saranno a breve.
I genitori, infatti, non ci vogliono più portare i figli perché tentano di recuperare la distanza dalla città accompagnandoli con grande sacrificio nei quartieri limitrofi, con la speranza di allontanarli dal triste destino del quartiere. Ma anche qui una piccola luce: i padri somaschi si stanno già impegnando da alcuni anni nel doposcuola per i ragazzi della primaria e delle medie inferiori con maggiori difficoltà, e la loro azione viene condivisa per il sostegno alle famiglie col Centro d’Ascolto.
Di recente alcuni docenti della rete insegnanti di Umanità Nuova stanno dando il loro contributo al dopo scuola. Gli abitanti del quartiere vedono in maniera positiva questo Centro d’ascolto, perché non avvertono pregiudizi di “vicinato” e si sentono liberi di parlare delle loro difficoltà.
I volontari hanno dovuto superare la paura di entrare nel profondo di una piaga dolorosa e anche pericolosa. Inoltre, dopo il recente pensionamento, pensavano ad una vita rilassata e tranquilla, ma si sono ricordati di un “motto giovanile e cioè “morire per la nostra gente” che – raccontano – ci aveva ricordato che occorre uscire dai nostri nidi dorati per andare proprio in quel quartiere. Era come se Qualcuno ci ricordasse quell’impegno, che era stato messo da parte e che dopo tanto tempo si ripresentava”.
L’attività del Centro d’ascolto iniziata qualche anno fa prosegue oggi con due momenti di “ascolto” settimanali, ma anche con frequenti incontri fra operatori, per la volontà di iniziare una progettazione che aiuti gli abitanti del quartiere senza occupazione a trovare delle soluzioni formative che possano facilitare il loro inserimento lavorativo, e delle altre propedeutiche che li aiutino a superare il loro divari scolastici.
È iniziato anche un percorso formativo nella Caritas, e lì è stato ripetuto che bisogna prima di tutto ascoltare e condividere e poi aiutare. Essenziale per la gestione delle varie problematiche è la condivisione dei bisogni e di situazioni familiari e sociali davvero sconvolgenti: “è la metodologia sinodale che, spiegano i volontari, ci aiuta ad inquadrare le molteplici situazioni di disagio in maniera più obiettiva, per dare risposte che non siano solo caritatevoli, ma anche rieducative. Infatti, siamo venuti in contatto con realtà dure e dolorose che in alcuni casi ci hanno sconvolto. Alle volte non bastava ascoltare, ma occorreva andare a trovare le persone, e vivere le difficoltà tra le mura della loro case. Ci troviamo anche di fronte esigenze materiali urgenti: bombole per cucinare, bollette, viveri, abbigliamento, arredamento a cui è difficile rispondere, ma siamo collegati con la Caritas e con tanti nostri amici che ci aiutano a trovare ciò che serve”.
Recentemente, per esempio, spiegano i volontari, siamo riusciti a trovare un arredamento completo per una persona che non aveva nulla. Capita così che tante persone siano felici di avere la possibilità di dare un aiuto concreto a chi è nel bisogno, e questo è possibile grazie a una chat di offerte e richieste animata dallo spirito della comunione dei beni, che c’è nella comunità dei Focolari del cagliaritano, e a tutti i nostri contatti personali. È stato così aperto uno sportello del cittadino (CSS) per agevolare il rapporto degli abitanti del quartiere con le istituzioni, spesso complicate e irraggiungibili. E proprio da pochissimo un altro tassello è stato l’inaugurazione di un Centro d’ascolto sanitario che offre una consulenza gratuita su problematiche di salute, chiarisce e si propone di accompagnare le persone nei vari percorsi di tutela della salute e supporta per quanto possibile i bisogni sanitari (fornitura agli indigenti di farmaci di fascia C, presidi vari…).
Per le visite specialistiche non effettuabili nelle strutture pubbliche in tempi brevi, tale centro invia gli indigenti all’ambulatorio specialistico Caritas di Cagliari, con cui è collegato in rete. Il Centro d’ascolto sanitario è stato dedicato a Santa Teresa di Calcutta, che aveva soggiornato proprio in quel locale durante la sua visita a Cagliari nel 1986. Grazie ad alcune figure specialistiche volontarie (in particolare una neonatologa del quartiere) è partito inoltre un progetto di sostegno e educativo per le giovani famiglie, con una serie di approfondimenti educativi su tematiche riguardanti la gestione delle problematiche di salute dei bambini, la gestione dei conflitti, la sostenibilità ambientale, gli stili di vita corretti, ecc.
“Stiamo facendo – spiegano i volontari – un’esperienza di unità con gli operatori di S. Teresa di Calcutta e con la parrocchia di S. Elia, al punto che sentiamo che questo è il nostro quartiere, al quale guardiamo nella sua interezza per favorire un’autentica promozione umana e spirituale. Abbiamo anche capito che bisogna andare al di là dei confini della realtà parrocchiale per creare sinergie con tutte le forze attive del quartiere”.
C’è stata poi la possibilità di presentare al sindaco di Cagliari un documento preparato insieme ad alcuni operatori sanitari della Sardegna, con una richiesta di istituzione di una “Casa della Comunità Spoke” proprio nel quartiere di S. Elia. “Non sappiamo – spiegano i volontari – se la nostra proposta verrà realizzata, ma ci è sembrato importante indicare alle istituzioni un percorso orientato al bene comune, e che possa superare l’isolamento del quartiere. Crediamo infatti che la presa in carico globale della persona con problematiche di salute, e ce ne sono davvero tante, e il suo accompagnamento nel percorso di cura e riabilitazione a casa, possa superare le grosse difficoltà attuali dell’assenza del medico e della lontananza logistica dei servizi comunali di supporto sociale. Rapportandoci alle enormi necessità tutto ciò è niente, però stiamo sperimentando che l’amore è contagioso, e ci sono tante persone desiderose di dare e mettersi in gioco. Pertanto, si tratta di creare correnti di incontro sociale per compiere un percorso insieme aldilà di ogni posizione ideologica o religiosa”.
Ultimamente è stato distribuito a tutti gli abitanti del quartiere un questionario di rilevazione dei bisogni sociali e spirituali, con proposte per il quartiere, che è stato validato da un docente di Statistica dell’Università di Cagliari, ed ora sono in corso le analisi del risultati, che verranno presentate a tutto il quartiere durante un’assemblea che coinvolgerà, oltre all’università di Cagliari, anche il vescovo e il sindaco. “Crediamo importante infatti – concludono i volontari – mettersi nei panni di chi vive un disagio sociale ed interiore così importante, per poi aiutarlo, se possibile, nella maniera più vicina alle sue esigenze e alla promozione del bene comunw grazie all’impegno della Caritas diocesana e del Movimento Umanità Nuova dei Focolari, con l’apporto anche di due professioniste in pensione, come la dottoressa Bernardetta Aloi già medico oncologo all’Ospedale Oncologico-Armando Businco di Cagliari, e la dottoressa Mariangela Marras, psichiatra sia per adulti che soprattutto per i giovani, che spesso vivono momenti ed esperienze difficili per dipendenze e altri disagi, ma con l’apporto prezioso di Margherita, Lucia, Maria e Padre Stefano e tanti altri.
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