Mistero e sospetto sul pianeta Solaris
Il tecnologico impianto scenografico occupa l’intero palcoscenico inclinato. In cima domina un grande schermo luminoso sferico dove scorrono immagini dello spazio (filmati della Terra ripresi dalla stazione orbitante internazionale ISS, tratti da materiali d’archivio dell’European Space Agency concessi da Esa/Nasa). Sotto, da una botola azionata da un gigantesco marchingegno che si abbassa e si alza aprendo e chiudendo, si accede all’interno della stazione spaziale, spazio che ingloba lo sguardo del pubblico. Un forte rumore meccanico accompagna lo sblocco del portellone dal quale spunta un astronauta. Sfilandosi l’ingombrante scafandro, appare una donna: la psicanalista Kris Kelvin, arrivata per verificare cosa sia successo ai tre scienziati da tempo impegnati in una missione di raccolta dati, dei quali non si hanno notizie, e chiudere l’esperimento disponendone il loro rientro a Terra.
È l’inizio di Solaris, il lavoro teatrale del regista Andrea De Rosa nell’adattamento di David Greig, dall’omonimo romanzo del 1961 del polacco Stanisław Lem. Tradotto anche in un film (1972) da Andrei Tarkovsky, e successivamente da Steven Soderbergh nel 2002, il libro racconta quanto espresso nelle righe sopra, circa i personaggi della stazione orbitante intorno al misterioso pianeta Solaris. Quell’oceano gelatinoso è un enigma insondabile per gli scienziati. Il loro tentativo, fallimentare, di comunicare con quel corpo celeste, ha generato solo frustrazione. Considerato vivo, Solaris agisce senza interagire direttamente con gli umani, o meglio, senza chiarire le sue intenzioni. Sembra che faccia anche esperimenti sugli scienziati e sulla loro psiche generando misteriose presenze, i cosiddetti “visitatori”; ma è solo un’ipotesi, perché potrebbe anche essere che le sue azioni non abbiano alcun significato. Rimarrà un enigma, con i personaggi che interpretano solo il ruolo di spettatori o vittime.
Operazione di grande suggestione l’allestimento di De Rosa il quale, nella riflessione più generale sui limiti e confini della conoscenza umana, sulla capacità dell’uomo di comprendere tutti i meccanismi dell’universo, immette ulteriori interrogativi sul nostro tempo. «Chi sono io? Chi siamo noi veramente? Ho letto Solaris durante la quarantena della pandemia – racconta il regista – e mi aveva molto colpito l’idea che gli esseri umani potessero essere il virus e che il pianeta fosse costretto a reagire e a difendersi dalla loro presenza. Solaris è una vera e propria creatura, un pianeta vivente che, attraverso il suo immenso oceano, cerca di comunicare con gli uomini attraverso i loro desideri, che riesce a materializzare sotto forma di fantasmi». Ad attestare il riferimento al recente tempo pandemico, lo esprime uno degli scienziati in una frase del testo: «Penso che noi siamo un agente inquinante. Penso che la nostra presenza vicino a Solaris abbia in qualche modo fatto reagire il suo oceano come a un’invasione, a un virus».
Nello sviluppo della storia apprendiamo subito della morte di uno dell’equipaggio avvenuta forse per cancro o per suicidio (un superbo Umberto Orsini ripreso in video dentro un lattiginoso ambiente ionizzato); assisteremo al sopraggiungere di un “visitatore” che non è più un uomo come nel testo originale, ma – identità modificata dal regista − una donna, ovvero la “rappresentazione” di una persona amata, o del suo doppio. La sua presenza sarà oggetto di turbamenti e di tormenti mentali ed emotivi, e modificherà gli eventi già sconvolti da precedenti apparizioni di replicanti o proiezioni del subconscio degli altri scienziati. Perfetta prova attorale dei 4 interpreti che ci conducono nell’avvincente viaggio, con, in testa, Federica Rossellini nel ruolo della psicanalista, e Sara Bertelà, Warner Waas, Giulia Mazzarino. Si esce dal teatro, coscienti ancor di più dell’impossibilità per l’uomo di potersi conoscere a fondo. Lo esprime bene l’autore di Solaris Stanisław Lem: «L’uomo è uscito per consultare altri mondi e altre civiltà senza aver esplorato il proprio labirinto di passaggi oscuri e camere segrete, e senza trovare cosa si cela dietro le porte che lui stesso ha sigillato».
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