I vescovi europei criticano il patto sulla migrazione: troppe sofferenze per i migranti
Il recente accordo politico raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio sul patto sulla migrazione e l’asilo, che la Commissione europea aveva presentato nel settembre 2020 per gestire i flussi migratori nell’Unione europea (Ue), ha immediatamente sollevato le critiche di numerose organizzazioni non governative che lavorano in prima persona con migranti e richiedenti asilo, alcune delle quali cattoliche, alle quali si è aggiunta la voce dei vescovi europei che hanno espresso profonda preoccupazione, enfatizzando che, «al di là delle leggi e delle politiche, la Chiesa sarà sempre dalla parte dei più vulnerabili, di quelle persone costrette a spostarsi alla ricerca di una vita dignitosa».
Infatti, sebbene la Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea (COMECE) riconosca che «l’accordo raggiunto da Parlamento e Consiglio sul nuovo patto su migrazione e asilo manifesta la capacità dell’Unione europea di dare risultati anche su questioni controverse e di riconoscere, inoltre, che la migrazione è una sfida comune per tutta l’Ue e che nessuno Stato membro può essere lasciato solo», è altrettanto vero che è necessario ottenere buoni risultati, in linea con l’identità e i valori dell’Ue.
Nello specifico, «il pericolo è che questo nuovo patto aumenti la sofferenza dei migranti e richiedenti asilo, producendo massicce detenzioni ai nostri confini, anche di famiglie e bambini piccoli, e la deportazione di persone verso paesi terzi che non sono così sicuri come spesso vengono descritti». In sostanza, i vescovi europei ravvisano il rischio reale che con questo patto sulla migrazione e l’asilo l’Ue, in realtà, non riesca a proteggere il diritto di asilo e altri diritti umani.
Per questo, i vescovi europei chiedono all’Ue di essere coraggiosa nell’affrontare questa sfida epocale delle persone che migrano alla ricerca di una vita più sicura e migliore per sé e per i loro cari; del resto, la stessa «Ue ha già dimostrato la sua capacità di farlo con gli ucraini in fuga dalla guerra».
Inoltre, i vescovi europei osservano che «la paura di persone provenienti da contesti culturali o religiosi diversi, che potrebbero mettere in discussione il nostro stile di vita europeo, così come la paura del populismo e di perdere le elezioni, non possono essere i principi guida delle nostre politiche di asilo e migrazione». Al contrario, credono «fortemente che la solidarietà e il rispetto della dignità di ogni persona debbano essere i valori guida di tali politiche», osservando che «la vocazione dell’Europa è lavorare per un mondo più giusto e fraterno per tutti, non solo per gli europei».
Era il 7 settembre 2022 qando il Parlamento europeo e cinque Presidenze di turno del Consiglio dell’Ue alternatesi in questi anni (Repubblica Ceca, Svezia, Spagna, Belgio, e Francia) sottoscrissero un accordo con il quale si impegnavano a collaborare per adottare la riforma in materia di migrazione e asilo prima delle elezioni europee del 2024. L’accordo prevedeva una tabella di marcia in base alla quale i negoziati tra i colegislatori sarebbero dovuti iniziare entro la fine del 2022 e concludersi entro la fine della legislatura 2019-2024, sottolineando altresì la necessità che l’adozione dell’intera riforma rispettasse rigorosamente l’equilibrio tra tutte le componenti del Patto, nonché i principi di solidarietà e di equa distribuzione della responsabilità tra gli Stati membri, stabiliti dall’articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell’Ue.
Nel corso delle trattative, la COMECE aveva più volte fatto sentire la sua voce e, di recente, aveva espresso dettagliatamente un incoraggiamento ai decisori politici dell’Ue nel formulare politiche europee in materia di migrazione e asilo incentrate sulla persona, mettendo in pratica i quattro verbi proposti da Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.
Per l’appunto, la COMECE aveva proposto ai negoziatori istituzionali dell’Ue delle raccomandazioni politiche. Tra queste, quella di preservare pienamente l’accesso all’asilo come diritto umano fondamentale per chiunque abbia bisogno di protezione internazionale e trattare in modo umano chiunque arrivi ai nostri confini, al fine di offrire uno spazio sicuro a chi fugge dal proprio Paese a causa di persecuzioni o guerre. Per far questo, è necessario esercitare una solidarietà concreta tra gli Stati membri per una migliore gestione del flusso di richiedenti asilo e migranti alle frontiere esterne dell’Ue.
Ancora, riconoscendo il diritto legittimo di ogni Stato a proteggere le proprie comunità e i propri cittadini da ogni potenziale minaccia e pericolo, i vescovi europei auspicano che l’identificazione dei cittadini di paesi terzi che si avvicinano ai confini dell’Ue sia condotta secondo un approccio che metta al centro la dignità di ogni persona. Al contempo, sarebbe necessario implementare un numero maggiore di canali sicuri e regolari, che non solo migliorerebbero la gestione dei flussi migratori, ma ridurrebbero anche la migrazione irregolare e il sovraccarico dei controlli alle frontiere.
Del resto, per garantire il diritto di accesso all’asilo a giuste condizioni sarebbe necessario offrire ai migranti consulenza legale, diritto di ricorso, tempo sufficiente per esaminare adeguatamente ogni richiesta individuale, un uso limitato e proporzionato della detenzione, il rispetto dell’unità delle famiglie migranti e rifugiate, misure personalizzate per le persone e le famiglie in situazioni più vulnerabili (con un’attenzione particolare alle famiglie con bambini e ai minori non accompagnati, facilitando il loro ricongiungimento con le rispettive famiglie) e un meccanismo di monitoraggio dei diritti fondamentali alle frontiere esterne.
Infine, pur riconoscendo i limiti dei paesi ospitanti nell’accogliere i migranti, la COMECE fa appello a fornire ai migranti un alloggio sicuro e dignitoso per tutta la durata delle procedure legali, evitando soluzioni che potrebbero portare alla creazione di campi con condizioni pericolose.
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