Un viaggio nel bello e nel sacro
Si muove tra gli opposti, Davide Rondoni: tra la potenza del consumo e la bellezza del sacro. Tra la merce tangibile che inonda il nostro tempo e l’intangibile sostanza di cui abbiamo eternamente bisogno. Cammina tra ciò che si inghiotte e ciò che nutre. Tra l’abbondante spesso inutile e un’utile nascosto, portatore di grandezza brillante davanti al dominio del piccolo. Ondeggia tra il presente e il passato, il poeta, scrittore e drammaturgo romagnolo, anche per parlare del futuro dell’uomo. Compie un viaggio interessante nel documentario Sacritalia, prodotto da Rai documentari e diretto da Francesco Castellani, in onda stasera (21 dicembre) su Rai2 alle 23.10.
Rondoni si addentra in un percorso controcorrente, nell’Italia del Sud, del Centro e del Nord, dei riti e delle comunità, della macchina del divertimento e di uomini pensanti, sensibili, cercatori come lui. Un’Italia del mare e dei monti, delle pietre antiche, dei santuari, di una ruota panoramica sul mare o di un centro di accoglienza per migranti. È un sapiente e illuminato deragliamento, il suo, una ricerca del tempo sopravvissuto, fioco ma ancora molto parlante. Egli si chiede dove cercare il sacro oggi, e più in generale riflette sulla sua essenza e sull’importanza del senso religioso che l’essere umano porta nel cuore, sempre.
Perché è importante, se non indispensabile il sacro? Che rapporto può avere col presente? Ragiona sul bisogno dell’uomo di incontrare il vero e il bello, il narratore/artista/viaggiatore, dopo che a Roma, negli uffici postali di Piazza Bologna, riceve un ciondolo con un’ala spezzata: è l’invito misterioso a un viaggio poetico, fatto di lirismo verbale, anche visivo, e di incontri reali e ideali. Con persone di oggi, come don Luigi Verdi, don Gabriele Foschi, la poetessa Flaminia Colella, il musicista Ambrogio Sparagna, tra gli altri. E con persone di ieri: Giuseppe Ungaretti, Pier Paolo Pasolini, Maria Luisa Spaziani, fino ad Andrea Pazienza e alla figura di Enea, fino al giullare del Re Lear. Quasi tutti virtualmente incontrati coi repertori Rai, di finzione o di documentario che siano. Oppure raccontati da altri testimoni.
Voci dal passato, in ogni caso unite ad altre dal presente, per riflettere su ciò che davvero cerca il nostro cuore, tra le sterpaglie e le nebbie di oggi. Pasolini ricorda il bisogno dell’uomo di non fermarsi alla fenomenologia, alla lettera del mondo, ma di arrivare allo spirito, al trascendente. Dice il poeta, scrittore e regista di Accattone e Mamma Roma, ma anche di Il Vangelo secondo Matteo, nel repertorio Rai selezionato: «Il mio sguardo verso le cose del mondo, gli oggetti, è non naturale, non laico. Vedo sempre le cose come miracolose. Ho una visione religiosa del mondo, anche se informe, non confessionale. Le mie opere sono investite di questo modo di vedere le cose».
Dell’arte come via del sacro, porta del bello e del senso, parla anche, sempre con immagini lontane, in bianco e nero, la poetessa Maria Luisa Spaziani, quando spiega che la «poesia sarà utile all’uomo in quanto non è consumatore». Ungaretti descrive la poesia come qualcosa di utile «per riavviarsi verso la spontaneità e l’autenticità della persona umana», ed è lo stesso Rondoni a ricordare come poeti moderni del calibro di Elliot, Luzi, o lo stesso Pasolini hanno capito che «al morso del consumismo, all’avanzare di questa terra desolata, non puoi opporre un’ideologia ma la permanenza del senso del sacro e dei suoi segni».
Rondoni lega gli incontri, collega i punti geografici, spirituali ed esistenziali; aggiunge elementi egli stesso mentre attraversa i luoghi del viaggio: dalla Pieve di Romena, in Toscana, a Cocullo, in Abruzzo; da Cervia a Sarsina, alla Puglia di Monte Sant’Angelo, San Severo e Casa Sankara, soccorso e rifugio per migranti. Sette giorni di ricerca e costruzione nei quali pensa, ragiona. «Lo scontento rimastica lentamente», commenta lungo il cammino. «C’è ancora la speranza di essere vivi?». Risponde che «il bisogno dell’uomo non è solo quello di consumare, ma di tremare davanti all’immenso».
Si addensa, così, Sacritalia, accumula peso specifico col suo linguaggio dinamico e libero, con scelte musicali dal sapore forte, spesso rock accesso o melodico, con clip, tra una riflessione e l‘altra, piuttosto vorticose con immagini che mescolano sacro e profano: una sovrapposizione che favorisce il secondo a vantaggio del primo. Inquinandolo. Come a voler ristabilire direzione ed armonia, verità celata, come a voler rispondere al contrasto tra «vita sfrenata e silenzi», Rondoni accumula passi, incontra e domanda. A don Luigi Verdi chiede se il sacro, oggi, si scorge attraverso la crisi. Il sacerdote risponde in modo illuminante: «Tutti parlano di questo mondo degradato, io credo che c’è un sacco di bellezza, ci sono dolori, ma anche sogni e tenerezze. Ho grande fiducia in questo tempo, le crisi sono un passaggio di vita, sono trovare il senso dove apparentemente non c’è un senso».
Sono parole di speranza, queste, dentro un documentario più luminoso che cupo, che guarda al cuore dell’uomo, ai suoi bisogni antichi e sempre nuovi, al suo non accontentarsi e cercare, alla sua esigenza di coltivare qualcosa che non vada via. Quel cuore, aggiunge ancora Rondoni, che «è una tempesta di desiderio, di fame di qualcosa che resti, che meriti tutto il mio amore e il mio timore». Come quel sacro contenuto nella vita umana, che può essere anche il miracolo di una figlia che ha spezzato un ciondolo a forma di ala e ti attende per volare insieme, in mezzo alla bellezza nascosta e viva del mondo.