800 anni di presepe, con bue e asino
L’asino e il bue, c’erano nella grotta di Betlemme dove nacque Gesù? Papa Benedetto XVI, nel libro L’infanzia di Gesù, ha affermato che «nel Vangelo non si parla di animali». Quindi niente bue e niente asino, stando ai testi sacri. Ma la cultura popolare da lungo tempo li ha voluti lì, accanto al neonato Gesù.
Tutto nacque probabilmente da un errore di traduzione dal greco di un passo del profeta Abacuc, che fu inserito nel Vangelo dello pseudo-Matteo, un vangelo apocrifo del IX-X secolo. Invece di “tra due ere” fu tradotto “tra due animali”. I quali, con un fantasioso richiamo a un versetto del profeta Isaia, divennero un bue e un asino.
Nello pseudo-Matteo, capitolo XIV, è infatti scritto: «Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l’asino l’adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: “Il bue riconobbe il suo padrone, e l’asino la mangiatoia del suo signore”».
Commenta il giornalista Giorgio Manganelli: «Bue ed asino non esistevano; nacquero da un genitivo plurale frainteso da un monaco traduttore. Quando costui scrisse “tra due animali” anziché “tra due età”, i due animali si materializzarono, con perplessi ragli e mugghi». Comunque, era fatta! Il bue e l’asino prendevano a pieno titolo il loro posto nella natività del Cristo. E da lì non se ne sarebbero più andati.
Anche san Francesco volle il bue e l’asino nel suo presepe, il primo della storia. Il poverello di Assisi si trovava a Greccio, un borgo in provincia di Rieti incastonato tra le rocce a settecento metri d’altezza. Lì aveva un amico di lunga data, il nobile Giovanni Velita, allora Signore del paese. Durante quel soggiorno Francesco gli chiese di individuare un luogo, immerso nella natura, con una grotta, che potesse fare da sfondo a una rivisitazione della Natività.
Francesco avrebbe fatto costruire una mangiatoia, e vi avrebbe condotto un bue ed un asino. Voleva celebrare quel Natale in modo speciale. Tommaso da Celano, biografo di San Francesco, scrive nella Vita: «Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme».
Era la notte di Natale del 1223. A mezzanotte si celebrò la messa su di un altare portatile posto sopra la mangiatoia. Francesco disse parole piene di fervore sul Natale del Signore. Durante la messa, alcune agiografie riportano che apparve nella culla un bambino in carne ed ossa, e che Francesco lo prese in braccio. Altre narrazioni parlano di un cavaliere che vide il Bambino Gesù nella mangiatoia durante la messa.
Comunque sia andata, quella notte di Natale fu speciale per la gente di Greccio. La risonanza della rappresentazione della Natività fu così grande, che da allora – 800 anni fa – ebbe origine la tradizione del presepe. Termine che viene dal latino e che significa “mangiatoia”.
Perché Francesco ebbe quell’ispirazione? Perché il luogo di Greccio gli ricordava in qualche modo Betlemme. Qualche anno prima, il 24 giugno 1219, Francesco era partito dal porto di Ancona, con i contingenti della quinta crociata, ed era sbarcato a Acri, che allora faceva parte degli Stati crociati, gli Outremer. Dopo una sosta, raggiunse Damietta, in Egitto, dove allora infuriavano i combattimenti. Lì Francesco riuscì a farsi condurre dal sultano islamico Melek el Kamel.
Tanto si è detto e scritto su quell’incontro. Alcuni sostengono che oltre a stabilire un rapporto di amicizia con il potente nemico, egli ottenne il lasciapassare per visitare i santuari cristiani di Gerusalemme e di Betlemme. Si era all’inizio dell’anno 1220.
Fonti francescane tacciono su questa visita di San Francesco ai luoghi santi e riportano solo del suo ritorno in Italia con lo sbarco a Venezia nella primavera del 1220. E allora? Quando Francesco paragonò Greccio a una piccola Betlemme, era perché aveva davvero visto il luogo dove era nato Gesù, o un’intuizione l’aveva portato a quella associazione? È materia degli storici dirimere il quesito.
Per noi è importante costatare che da quella notte del 1223, il presepe inventato da Francesco è rimasto con noi, ed ancora continua a essere presente nelle nostre case, nelle chiese, negli spazi pubblici. Di quella notte a Greccio, san Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda Maior narra: «[Francesco] fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece condurre sul luogo un bove ed un asino. Si adunano i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di luci, solenne e sonora di laudi armoniose. L’uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia. Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levita di Cristo, canta il Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e, nel nominarlo, lo chiama, per tenerezza d’amore, il “Bimbo di Betlem”».
È curioso: da questa toccante descrizione risulta che nel primo presepe di Francesco non c’era né Giuseppe, né Maria e neppure il bambino Gesù. Ma il bue e l’asinello c’erano. Grazie a quel frate che sbagliò traducendo.
—
Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre riviste, i corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it
—