Non avere paura di essere genitori imperfetti

Quando nasce un figlio alla gioia si accompagnano spesso paura, senso di inadeguatezza, bisogno di ristabilire gli equilibri nella coppia.
Neonato, foto di Cheryl Holt da Pixabay
Neonato, foto di Cheryl Holt da Pixabay

Il Natale alle porte ci ricorda la bellezza dell’arrivo di un bambino in una famiglia. La nascita di un figlio è sempre un evento festoso e accolto con gioia all’interno di una coppia. Questo nuovo arrivo però  comporta una serie di importanti modificazioni per la coppia per vari motivi.

Con un bambino i tempi cambiano notevolmente e la coppia dedica al neonato tutto o gran parte del tempo che prima dedicava a se stessa. Prima della nascita di un figlio la coppia era centrata esclusivamente su se stessa e sulla sua sussistenza, senza responsabilità relative ad altri. Un figlio invece richiede un’attenzione verso sé spesso totalizzante e si può avere la sensazione di “aver perso la libertà”.

Inoltre, a volte, le giovani coppie si trovano senza il supporto delle famiglie d’origine e questo può inevitabilmente portare ad un senso di solitudine e di scoraggiamento. C’è poi il post partum che può essere un momento estremamente difficile per la mamma che può avvertire un grosso senso di inadeguatezza rispetto al nuovo compito che le sta di fronte. Dal punto di vista biologico, poi, dopo il parto il livello di estrogeni nel sangue si riduce drasticamente determinando un fisiologico calo del tono dell’umore, che quasi sempre si accompagna anche ad un calo del desiderio sessuale. La vita della coppia evidentemente risente di tutto ciò in maniera molto significativa.

Inoltre la presenza di un “terzo” all’interno della coppia cambia drasticamente gli equilibri. L’attenzione della mamma in genere è catalizzata sull’accudimento del figlio e deviata dalla figura del marito, che può sentirsi estromesso dalla diade madre-bambino.

A partire da queste considerazioni cosa potrebbe fare la coppia per gestire questa fase cruciale della sua vita? Un aiuto importante potrebbe venire dal trovare il tempo e la capacità di una comunicazione emotiva profonda che permetta ad entrambi di dirsi reciprocamente le proprie paure davanti al nuovo compito che li aspetta.

Può accadere che l’idea di avere un compito troppo gravoso nasca da una svalutazione delle proprie risorse o da un’ipervalutazione delle difficoltà che ci si prospetta. Riuscire a condividere le proprie paure e la propria vulnerabilità potrebbe essere la chiave di volta. Un altro aiuto potrebbe venire dalla consapevolezza che siamo tutti bisognosi gli uni degli altri e che si può chiedere aiuto: ad un nonno, una zia, un vicino, una famiglia amica…, sdoganando il diritto ad essere imperfetti e a lasciarsi aiutare dagli altri.

Una coppia raccontava: “È stato molto utile parlare con altre coppie di amici di quanto ci sentissimo piccoli e sprovveduti alle prese con il nostro primogenito. Sapere che non eravamo gli unici a sentirci così ci ha data molta forza e serenità”. Un altro passaggio delicato potrebbe essere quello di fare i conti con le proprie e altrui aspettative rispetto al nuovo compito. Scriveva lo psicoanalista Bruno Bettelheim: “Per poter crescere bene un figlio non si dovrebbe tentare di essere genitori perfetti, così come non bisognerebbe aspettarsi dai figli che siano o diventino individui perfetti. La perfezione non è alla portata dei comuni esseri umani; gli sforzi per conquistarla di solito interferiscono con quella reazione indulgente all’imperfezione altrui, inclusa quella dei nostri figli, che da sola rende possibile la buona riuscita delle relazioni umane”.

Credere che la perfezione, o anche solo qualcosa che le somigli, sia possibile in ambito genitoriale, non fa che promuovere una tendenza allo scoraggiamento e all’ autodenigrazione. I genitori che aspirano alla perfezione si sentono in colpa se ci sono problemi e criticano se stessi, o il proprio coniuge. A proposito di questo Bettelheim scrive ancora: “l’errata convinzione moderna è che i problemi non dovrebbero presentarsi, e se ciò accade è colpa di qualcuno; questo causa una tremenda infelicità in seno alla famiglia, e aggrava le difficoltà iniziali, talvolta mettendo a repentaglio persino la validità stessa della famiglia e del matrimonio… Un antico proverbio cinese dice che nessuna famiglia può appendere alla porta il cartello ‘Qui non ci sono problemi’”.

I genitori quasi perfetti, o meglio sufficientemente buoni, non si preoccupano troppo delle proprie imperfezioni e sanno perdonarsi. Il genitore sufficientemente buono accetta la sua imperfezione come parte della condizione umana e vede le sue paure e la sua feribilità non come un ostacolo, ma come una grande risorsa per una condivisione più intima e con il proprio coniuge e con chi lo circonda. “Mi sentivo molto frustrato dal fatto di sentirmi invidioso del rapporto che mia moglie aveva con nostro figlio neonato. Quando sono riuscito a dirle che sentivo un gran bisogno di far parte di quel circolo d’amore da cui mi sentivo escluso, mia moglie mi ha compreso e anche lei ha potuto dirmi quanto mi era grata del fatto che qualche notte volessi anch’io occuparmi del piccolo al suo posto”.

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