Giulia e Filippo: parole e rumore, tanto rumore, per favore

L’unica difesa possibile per le ragazze e per le donne è una comunità che si risveglia. Qui sta la novità assoluta, rispetto ad altri casi: la forza morale della parola
Foto Alessandro Garofalo/LaPresse 23-11-2023

Caro Michele, ci lega antica stima e amicizia ma leggere il tuo pezzo dal titolo “Giulia e Filippo: silenzio per favore” mi costringe a prendere la penna per rispondere, parlando, alla tua richiesta di silenzio. Capisco l’insofferenza per la morbosità dei media, capisco denunciare come il sangue attiri sempre un’attenzione eccessiva ma….

Vorrei scrivere un pezzo dal titolo: “Giulia e Filippo: parole e rumore, tanto rumore, per favore”. Stupisce infatti il tuo distacco, la distanza emotiva, come a voler derubricare il femminicidio di Giulia a mero fatto di cronaca, uno dei tanti, che nascendo da relazione morbosa è indegna del nostro sgomento. Sono ben altri i temi a cui dovremmo dedicarci, e li conosciamo, in fondo gli omicidi stanno calando e la questione di genere pare non avere neppure il diritto di venire nominata. La cronaca evidentemente, anche quando capace di scuotere e interrogare migliaia di persone, non merita spazio. E faccio fatica a dire cronaca di fronte all’uccisione di una ragazza che oggi tutte noi sentiamo figlia, sorella, amica.

In questa distanza emotiva riconosco parte del problema italiano e di quello che in questi giorni abbiamo reimparato a chiamare “patriarcato”, che prima che una forma del pensare e dell’agire è un’incapacità di sentire il grido (di aiuto) delle donne. Non riuscire a capire perché – ma preferisco dire, “sentire” – la vicenda umana e personale di Giulia e della sua famiglia e anche di Filippo e della sua famiglia abbiano scosso così profondamente le donne e gli uomini di questo Paese, è un problema.

E il perché ce lo sta spiegando da giorni Elena, la sorella di Giulia, che pur così giovane è diventata maestra coraggiosa per tanti, capace di spostare il suo dolore per farsi carico di quello delle altre donne, che con lucidità e una pazienza straordinari (come straordinaria abbiamo capito essere la mamma, scomparsa per malattia qualche mese fa), ci sta chiedendo di non tacere, di non voltare la testa da un’altra parte, di tenere viva l’attenzione. La loro piccola vicenda personale è diventata “questione pubblica e civile”. Elena ci sta spiegando che l’unica difesa possibile per le ragazze e per le donne è una comunità che si risveglia, che dice basta, che fa rumore, che si scopre fragile e bisognosa di proteggere le proprie figlie. Qui sta la novità assoluta, rispetto ad altri casi: la forza morale della parola.

I dati parlano chiaro: le donne si misurano ogni giorno con la violenza domestica, il pericolo nello spazio pubblico, le molestie sul luogo di lavoro. Save the Children rivela nella sua ultima inchiesta che nei primi mesi del 2023 il numero di emergenza delle donne ha ricevuto 9.272 chiamate con richiesta d’aiuto. In 3 casi su 5 relative a donne con figli minorenni. Più di 3500 chiamate segnalavano figli che avevano assistito alla violenza o subito violenza essi stessi.

In tantissime – madri, sorelle, figlie di questo Paese – ci siamo riconosciute nella storia di una figlia che non torna a casa, di una figlia arrivata felice alla vigilia della Laurea con il suo portato di talento e di passione, di sogni e di investimento. Giulia somiglia a mia figlia, somiglia alle mie allieve, così piena di vita e di talenti, di intelligenza e di coraggio.

Le ragazze e i ragazzi hanno raccolto subito questo invito a parlare e stanno scendendo in piazza in tantissimi, come non vedevamo da anni, facendo rumore, prendendo la parola, suscitando dibattiti e confronti, chiedendo una risposta più coraggiosa alla società civile, alla politica, alle forze dell’ordine.

Non è un caso che il film di Paola Cortellesi C’è ancora domani stia riempiendo le sale dei cinema come non accadeva da tempo, facendo ridere, piangere ed emozionare persone di ogni età, uomini e donne, proprio sul tema della violenza sulle donne (e non solo). Non c’è nessuna riservatezza da tutelare. Nessun lutto da proteggere con un velo pietoso di indifferenza e di omertà.

«Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva», scriveva Michela Murgia e forse stavolta le donne e soprattutto le giovani ragazze lo hanno capito per davvero, e mi auguro che continuiamo a parlare, parlare, parlare e far rumore. Il silenzio sarebbe davvero la scelta peggiore che possiamo fare. Anche oggi che la festa in difesa delle donne è finita e rischia di calare il silenzio.

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