300
La trasposizione sul grande schermo della battaglia delle Termopili arriva nelle nostre sale dopo lo straordinario successo di pubblico negli Stati Uniti e le stroncature di una critica in genere più tollerante nei confronti di operazioni di questo tipo. Ma 300 è, oggettivamente, un’opera difficile da inquadrare. Ispirato all’omonima graphic novel del genio fumettistico di Frank Miller, principale artefice negli anni Ottanta della modernizzazione della figura del super eroe (Devil e Batman su tutti) e successivamente della rifondazione visiva in senso antinaturalista del noir con Sin City, il film ha i limiti e i punti di forza di un esperimento condotto fino alle sue estreme conseguenze, provocatorio e passibile di più livelli di lettura, come molte opere dell’autore. Appare chiaro che ci troviamo nell’ambito del Cinema Baruffe finanziarie mito più che della storia, e la lettura in chiave politica che più di qualcuno ha inteso dare alle vicende del re spartano Leonida e dei trecento guerrieri che bloccarono lo sterminato esercito persiano di Serse nell’imbuto delle Termopili (Sparta come Israele, Persia come Iran), sembra fuori luogo e ingiustificata. Il film può essere interpretato piuttosto come una moderna fiaba, ma fin troppo violenta e dominata dall’esaltazione del sangue, che trae consistenza nel rigore formale della perfetta trasposizione in 35 millimetri delle tavole di un fumetto, e la sua forza nella fascinazione visiva di una ricerca estetica curata nei minimi dettagli. 300, insomma, è un film bidimensionale come il fumetto da cui origina e al quale non è lecito chiedere di più. Regia di Zack Snyder; con Dominic West, Lena Headey, Gerard Butler, David Wenham.