Intelligenza Artificiale e riciclo della plastica
C’è nell’aria una grande preoccupazione per il ruolo del nuovo protagonista dei nostri tempi: l’Intelligenza Artificiale (AI). Le sue enormi capacità, che vanno al di là di ogni controllo, fanno un po’ di paura, e forse non tanto per il fantasma della “macchina che domina l’uomo”, ma per il rischio che, come altre volte è accaduto, l’uomo – o meglio, alcuni uomini – usino questo strumento per dominarne altri. Proprio mercoledì e giovedì scorsi (1-2 novembre) si è tenuto in Gran Bretagna il primo summit internazionale sulla sicurezza dell’AI (AI safety summit). Tra i cento invitati: leader politici, dirigenti tecnologici e accademici. Per tanti analisti, questa riunione ideata dal primo ministro inglese Rishi Sunak, avrebbe lo scopo di collocare la Gran Bretagna nel ruolo di intermediario tra i blocchi economici di Stati Uniti, Cina e Unione Europea.
Che la preoccupazione ci fosse l’aveva dimostrato nel gennaio 2022 un sondaggio fatto in una trentina di Paesi dalla Ipsos (società multinazionale di ricerche di mercato e consulenza, con sede a Parigi) per incarico del World Economic Forum (il Forum di Davos). All’affermazione «I prodotti e i servizi che utilizzano l’intelligenza artificiale offrono più vantaggi che svantaggi» il parere degli intervistati è stato molto diverso a seconda dei Paesi: dai più fiduciosi, i cinesi (78%), ai più diffidenti, i francesi (31%). In mezzo gli italiani (50%). E al di sotto di questa percentuale, tutti Paesi con un elevato sviluppo economico: Europa, Stati Uniti, Australia, Canada e Giappone.
Di fronte a questo clima esitante e timoroso non è male mettere di rilievo affermazioni che danno speranza, come questa: «I metodi computazionali e la biotecnologia possono permetterci di trovare soluzioni a molti dei problemi ecologici che ci riguardano». La frase è del professor Víctor Guallar ed è relativa agli ultimi sviluppi nella lotta contro l’inquinamento causato dalla plastica. Si tratta di uno studio, pubblicato di recente sulla rivista Nature Catalysis e portato avanti da un team composto di ricercatori dell’Istituto di Catalisi e Chimica del Petrolio del Csic (Consiglio superiore di ricerche scientifiche), del Barcelona Supercomputing Center e dell’Università Complutense di Madrid, che sembrano aver ottenuto grandi progressi.
La loro ricerca offre importati passi in avanti rispetto ai risultati ottenuti da ricercatori giapponesi nel 2016, quando hanno scoperto che l’enzima PETasi poteva degradare la plastica. Il vantaggio della nuova proteina che hanno sintetizzato gli spagnoli è di operare a temperatura ambiente, evitando l’emissione di elevati livelli di Co2 associati ad altri metodi di degradazione a temperature più elevate.
Senza entrare troppo nella complicata terminologia scientifica, basta dire che questa proteina artificiale ha la capacità di degradare la microplastica di polietilene tereftalato (PET), una delle plastiche più utilizzate negli imballaggi e per la produzione di bottiglie, aprendo così nuove possibilità per il suo riciclaggio e riduzione. Secondo Guallar, la nuova proteina è in grado di degradare le micro e nanoplastiche PET con «un’efficienza tra cinque e dieci volte maggiore di quella delle PETasi attualmente sul mercato e a temperatura ambiente». Questo successo non sarebbe stato possibile senza il ricorso a metodi computazionali avanzati, cioè di AI.
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