Muore improvvisamente l’ex primo ministro cinese

È morto improvvisamente il 27 ottobre scorso, a causa di un attacco cardiaco, l’ex primo ministro cinese Li Keqiang. È stato una figura importante non solo per la Cina, ma anche a livello internazionale
Li Keqiang
La foto dell'ex primo ministro Li Keqiang su uno schermo Led a Beijing, venerdì 27 ottobre 2023. (AP Photo/Ng Han Guan)

I drammatici avvenimenti che dal 7 ottobre si susseguono nella striscia di Gaza e in Israele, investendo un po’ tutto il Medio Oriente con il mondo sospeso a guardare la possibile incombente escalation del conflitto, hanno oscurato l’uscita di scena definitiva di un personaggio di alto profilo a livello mondiale. Il 27 ottobre, infatti, è morto improvvisamente, a causa di un attacco cardiaco, l’ex primo ministro cinese Li Keqiang, che è stato una figura importante non solo per la Cina, ma anche a livello internazionale. Si era ritirato – o era stato costretto a ritirarsi – dalla vita pubblica solo alcuni mesi fa, dopo il XX Congresso nazionale del Partito Comunista, al termine di un decennio di impegno costante e decisivo nelle riforme economiche che hanno coinvolto il gigante asiatico.

La sua uscita di scena aveva suscitato non poche speculazioni. L’impressione generale, ampiamente condivisa dagli osservatori, è che si sia trattato di un’evidente mossa di Xi Jinping, che in occasione del XX Congresso del Partito era riuscito a portare a termine la sua opera di sostituzione della vecchia nomenklatura con i propri fedelissimi. Immagine più che eloquente della politica del leader cinese attuale, che è riuscito a essere riconfermato per un terzo mandato. Il Congresso ha segnato anche l’impietosa uscita di scena di un altro grande del passato politburo, Hu Jintao, che – lo ricordiamo tutti per le scene mostrate dai notiziari di tutto il mondo – era stato scortato fuori della grande aula da alcuni funzionari. Li si trovava accanto a Xi e all’anziano collega, suo vero mentore, confuso e perso in una scena che lo screditava definitivamente agli occhi del mondo. In quel momento non ha potuto fare nient’altro che osservare senza battere ciglio. Poco dopo anch’egli è sparito dagli apparati senza che nessuna spiegazione fosse data agli organi di stampa internazionali.

Nel corso degli anni in cui si è trovato al potere Li, economista di formazione, aveva puntato ad una impostazione economica orientata ad allargare il mercato snellendo burocrazia e amministrazione e, per questo, soprannominata Likonomics. L’arrivo di Xi ha significato una decisa svolta statalista e, sebbene non sia mai apparso un vero scontro fra i due, era chiaro che la tendenza politica correva su binari diversi e che per Li non ci sarebbe stato un futuro nella stanza dei bottoni del sistema attuale cinese. Nel decennio in cui si è trovato a ricoprire la seconda carica dello Stato – fra il 2013 e lo scorso marzo – Li aveva dato prova delle sue doti di tecnocrate capace e di larghe vedute, in grado di tener testa all’ascesa di Xi Jinping come riformista in un governo sempre più autoritario. Il suo compito non era stato facile. Infatti, aveva dovuto cimentarsi con la sfida che il governo cinese deve affrontare da anni: mantenere l’economia in crescita, tentando di annullare l’impressionante debito accumulatosi nel corso degli anni a causa degli eccessi compiuti negli investimenti e, al tempo stesso, portare avanti i programmi sociali e le riforme burocratiche.

A parte aver avuto l’onore e la capacità di iscriversi all’università nei primi anni, subito dopo la rivoluzione culturale, Li si era poi distinto con una scalata qualificata e qualificante ai ranghi supremi del partito. Aveva, infatti, ricoperto importanti incarichi di governatore provinciale e di segretario del partito nella provincia centrale dello Henan, una delle più popolose della Cina, e nella provincia di Liaoning, la rustbelt situata nella zona nord-orientale del gigante asiatico. Si era distinto per la sua capacità nella riqualificazione delle abitazioni a basso reddito, ma al contempo aveva dovuto superare l’onta di accuse per aver cercato di coprire un’epidemia di Hiv causata da trasfusioni di sangue. Infine, aveva raggiunto nel 2007 i ranghi del Comitato permanente del Politburo, il massimo organo politico cinese, grazie anche alla spinta dell’allora premier, proprio quell’Hu Jintao, che lo aveva apprezzato fin dai tempi della sua frequentazione della Lega della Gioventù Comunista. Li è poi diventato vicepremier con la possibilità di essere considerato come uno dei candidati più accreditati a guidare il partito comunista cinese. La vittoria di Xi nel 2012 ha, di fatto, messo fine alla corsa di Li, sebbene il nuovo presidente cinese abbia dovuto tenerlo al suo fianco fino ad alcuni mesi fa, quando Xi Jinping, con un congresso ormai quasi completamente nelle sue mani, è riuscito ad esautorare gli ultimi avversari, fra cui anche Li.

Non si deve, poi, dimenticare che nei 10 anni di presenza al vertice del governo, sebbene la sua importanza sia progressivamente diminuita, Li ha dovuto affrontare il grande, imprevisto e drammatico problema dell’epidemia di Covid 19. Ovviamente, non lo ha fatto dal punto di vista medico ma da quello della gestione economica e finanziaria. Sebbene il sistema cinese di test di massa, quarantene e divieti di viaggio abbia, almeno inizialmente, limitato la trasmissione del virus, di fatto l’economia ne ha risentito, soprattutto dopo che Pechino ha imposto misure ancora più severe nel 2022, prima di riaprire frettolosamente, esponendo la popolazione vulnerabile. Difficile dire fino a dove certe scelte sono state sue o del potente Xi. Fa impressione, comunque, rileggere alcune parole pronunciate da Li nel corso di un discorso di addio ai dipendenti del Consiglio di Stato, il gabinetto cinese: «Il cielo sta guardando quello che fanno gli uomini. Il firmamento ha occhi». Una frase forte per una cultura dove il “Cielo” ha una importanza fondamentale nello scegliere la guida del popolo, elemento chiave della cultura confuciana.

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