Appello dei vescovi al confine balcanico

I presuli a capo delle diocesi di Gorizia, Trieste e Koper/Capodistria hanno emesso una nota congiunta che richiama all'impegno all'accoglienza anche in questi frangenti di sospensione del Trattato di Schengen
Mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste

Alla frontiera tra Italia e Slovenia, oltre che le forze dell’ordine e le autorità locali e nazionali, si sono mossi anche i vescovi: l’arcivescovo di Gorizia mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, il vescovo di Trieste mons. Enrico Trevisi, e il vescovo di Koper/Capodistria mons. Jurij Bizjak hanno infatti emesso una nota congiunta a proposito del problema dei transiti sulla rotta balcanica e della stretta ai confini che ne è conseguita. Il riferimento è in particolare alla sospensione del Trattato di Schengen partita lo scorso 21 ottobre, per un periodo iniziale di dieci giorni; ma rispetto alla quale il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha già assicurato, in un’intervista al Messaggero Veneto, una proroga dell’orizzonte almeno di qualche mese sui sei massimi previsti.

«Le tragiche notizie che giungono dalla Terra del Signore portano anche fra di noi le conseguenze di quella che nel 2014 proprio a Redipuglia papa Francesco definì una “terza guerra mondiale combattuta a pezzi” – scrivono i presuli -. Pur comprendendo le ragioni alle basi di queste decisioni degli Stati, non possiamo non ricordare, guardando alla storia di queste nostre terre, che le nostre popolazioni sono state capaci di trasformare le divisioni e le differenze culturali, linguistiche, storiche in occasione di memoria reciprocamente donata».

Proseguono osservando che «proprio i confini si sono trasformati in luogo di incontro e di accrescimento reciproco, tant’è vero che si è scelto di eleggere come Capitale europea della cultura 2025, la città di Nova Gorica insieme a quella di Gorizia»; e che «il transito di tanti fratelli che giungono nelle nostre terre percorrendo la rotta balcanica deve continuare per noi ad essere non motivo di preoccupazione ma stimolo a testimoniare ogni giorno, senza interruzione e con rinnovato vigore quella diakonia dell’accoglienza a cui siamo chiamati e di cui, come credenti, saremo chiamati a rendere ragione». La Chiesa locale ritorna dunque ad insistere sul tema dell’accoglienza: e va in questo senso ricordato che tra gli enti più attivi su questo fronte ci sono le Caritas diocesane della Regione, anche in collaborazione tra loro.

Intanto, continua l’implementazione dei controlli alla frontiera – fissi ai valichi principali e con pattuglie mobili su quelli secondari – che, sempre stando a quanto dichiarato da Piantedosi, hanno portato nelle prime 48 ore dal ripristino al rintracciamento di 66 stranieri e al respingimento di 28 di questi. I sindaci dei comuni di confine sono tornati a chiedere che si individuino delle modalità “agevolate” per i numerosi lavoratori transfrontalieri, che passano dalla Slovenia all’Italia e viceversa in maniera continuativa ogni giorno: che sia una corsia preferenziale, o un documento specifico come ai tempi dell’ex Jugoslavia, ma comunque una modalità che non ponga il rischio di ritrovarsi in coda sulla via del lavoro.

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