Bombardato ospedale a Gaza, infuria il conflitto. Hezbollah attaccherà Israele?

Il partito di Dio (Hezbollah), la milizia sciita affiliata al regime iraniano che controlla il sud del Libano, minaccia di aprire un secondo fronte contro Israele. Ma al di là della retorica, le vere intenzioni non sembrano quelle di attaccare. Ma il rischio di un errore, di un missile fuori rotta, è comunque molto reale e rischia di scatenare una conflagrazione a catena di portata ben più che regionale. Intanto, 500 palestinesi sono morti per un missile che ha colpito un ospedale al centro di Gaza.
Un bambino palestinese ferito nell'attacco all'ospedale di Gaza, foto LaPresse
Un bambino palestinese ferito nell'attacco all'ospedale di Gaza, foto LaPresse

Fin dalle prime ore successive all’orribile attacco di Hamas in Israele, il 7 ottobre, la paura di un allargamento del conflitto in corso nella striscia di Gaza fa temere le durissime conseguenze che l’apertura di un secondo fronte potrebbe scatenare. Il confine più pericoloso è quello con il Libano e la Siria, a nord di Israele. Vale a dire la Blue line che da decenni segna la fragile (e spesso violata) demarcazione fra Hezbollah e lo Stato ebraico. E se Hezbollah fa paura già da solo, nessuno ignora che è la punta avanzata dell’Iran.

Il partito di Dio (Hezbollah), a quanto pare, avrebbe 20 mila miliziani attivi ed addestrati, e altrettanti di riserva; è dotato di droni, missili e razzi (si dice 150 mila), perfino di piccoli blindati. Qualcuno è convinto (per quanto se ne possa sapere) che il regime iraniano fornisca attualmente a Hezbollah circa 700 milioni di dollari l’anno, facendo dei miliziani sciiti di Hezbollah il gruppo militare non statuale più potente del Medio Oriente. E se, a quanto pare, né l’esercito israeliano né Hezbollah sembrano intenzionati a darsi battaglia, c’è pur sempre qualche falco, dall’una e dall’altra parte, che invoca lo “scontro decisivo” ad ogni costo.

Non è certo secondario che il manifesto di Hezbollah, pubblicato nel 1985 a 3 anni dalla costituzione della milizia sciita libanese, dichiarasse che lo scopo dell’organizzazione era quello di espellere tutte le potenze straniere dal Libano (e non sono mai state poche) e di distruggere lo Stato di Israele (a lungo indicato come “entità sionista”, senza mai citare la parola Israele, in segno di disprezzo) nel nome di una fedeltà assoluta alla Guida Suprema iraniana, che all’epoca era ancora l’ayatollah Khomeini.

Un recente esempio occidentale di fanatismo ad ogni costo è riportato da Fiamma Nirestein (Il Giornale, 17/10) che riferisce una dichiarazione di David Wurmser, ex consigliere strategico di John Bolton durante la presidenza di Donand Trump: «Israele deve fronteggiare gli Hezbollah, essi sono Hamas all’ennesima potenza, anche nella crudeltà terrorista: meglio armati, più numerosi, i pupilli sciiti dell’Iran. La guerra esclusiva contro Hamasli spingerà a saltare sul campo, indisturbati. Invece, se Hezbollah fosse affrontato e sconfitto, anche Damasco che dipende dal suo sostegno verrebbe scardinato, un colpo sulla scacchiera dell’Iran». Un delirio di onnipotenza, quello di Wurmser, che ostenta le stesse farneticazioni ideologiche di Hamas, e che potrebbe segnare l’inizio di un conflitto spaventoso.

In un’intervista all’Adnkronos del 16 ottobre, Meir Litvak (docente di Storia del Medio Oriente all’Università di Tel Aviv ed esperto israeliano di questioni iraniane) afferma che “probabilmente anche Teheran non vuole che la milizia sciita libanese entri in una guerra più ampia, perché gli è utile in Siria”, per il sostegno al regime di Assad e alle mire regionali iraniane.

Aggiunge inoltre Litvak: “Quello che Nasrallah [il leader di Hezbollah] ha fatto finora è stato di lanciare attacchi che costringono Israele a dispiegare molte truppe al confine con il Libano, invece che a Gaza, provocare vittime in Israele (…), far innervosire gli israeliani. Ma finora, e sottolineo finora, tutte queste misure sono sotto la barra dell’attacco su larga scala che porterebbe ad una guerra”.

Tanto più che uno scontro massiccio lungo la Blue line provocherebbe la completa distruzione del Libano. E Nasrallah ci tiene molto ad essere considerato “il difensore del Libano”. Se ci tenga più di eventuali ordini di scuderia provenienti da Teheran non è dato sapere. Per ora qui il conflitto sembra a bassa intensità consensuale. Eppure, qualche giorno fa un missile sfuggito al controllo di Hezbollah è piombato sul campo dei Caschi Blu dell’Onu, senza fare vittime. Occorre ricordare che proprio in Libano, lungo la Blue line, è schierato, con compiti di peacekeeping, il contingente Unifil delle Nazioni Unite (che collabora con le Forze armate libanesi): 10 mila uomini di 48 nazioni, attualmente al comando di un generale spagnolo. Fra loro si trova il contingente italiano costituito da 1.100 uomini della Brigata Sassari.

I miliziani di Hezbollah per ora si sono limitati a lanciare verso la Galilea qualche decina di razzi e proiettili anticarro, poco più. Lo hanno fatto montando e smontando sistemi d’arma fra i bananeti della regione, e poi scomparendo. Forse non vogliono mettersi contro l’Onu. E se il missile finito sui Caschi Blu avesse fatto vittime, che sarebbe successo?

Invece altri missili lanciati per sbaglio (o volutamente?) qualche giorno dopo sono finiti dritti sull’ospedale battista del centro di Gaza, e di vittime civili ne hanno fatte 500. Chi ha lanciato cosa? Il rimpallo di colpa è furibondo in queste ore: Israele? Hamas? La Jihad islamica? Probabilmente non lo sapremo mai: resta il fatto che il grido muto di quei 500 morti innocenti sta moltiplicando l’odio all’infinito.

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