Somnole. Danzando tra il sonno e la veglia
Ci vuole un surplus di talento artistico, di inventiva e resistenza fisica per ricercare inedite forme di danza. E Boris Charmatz lo possiede. Impegna bocca e cassa toracica nell’elaborazione del suono, il suo bellissimo assolo Somnole (al Teatro Argentina per il festival Romaeuropa). Il 50enne coreografo e danzatore francese (da poco chiamato alla guida del Tanztheater Wuppertal), fischiando quasi ininterrottamente per circa un’ora, respirando e inspirando, autogenera la colonna sonora della sua performance.
Creato nella solitudine del confino pandemico del 2020, Somnole nasce dal desiderio di esplorare lo stato di sonnolenza, «…quegli stati di latenza, il letargo e la sua fine, la risacca dei sogni ad occhi aperti e l’urlo del risveglio». Charmatz entra a occhi chiusi, piedi scalzi e torso nudo, con una fantasiosa gonnella che gli cinge la vita. Si muove inizialmente come un sonnambulo, alzando le braccia. Poi inizia a sognare a occhi aperti in un crescendo di movimenti, di gesti, di azioni non lineari dettati, a tratti, dai motivi musicali fischiati, alcuni dei quali riconoscibili – Il buono, il brutto e il cattivo di Moricone, Summertime di Gershwin, e The Pink Panther, Birdsongs, Stormy Weather, e poi Sinatra, Bach, Haendel… –.
È un archivio dell’inconscio, di gesti e memoria, quello che la mente del danzatore elabora e fa affiorare durante lo stadio di intorpidimento, tra il sonno e la veglia, quando il corpo prende vita. Ricordi, desideri e sogni che Charmatz esprime con una danza intima, languida, furiosa, tenera, trattenuta, incontrollata, e con salti, port de bras, pirouette, stando in equilibrio su un gomito a terra, rannicchiato, steso, gattonando, roteando, mentre emette fischi, gorgheggi, trilli, gargarismi, sibili, fino a fischiare rumorosamente in segno di rivolta. In questa dimensione onirica si trovano spazi di più intensa intimità, come il lento indicare con il braccio alzato e il dito puntato cercando qualcuno in platea per poi avvicinarsi ad uno spettatore invitandolo ad un fugace, lento, dolcissimo ballo.
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