Ruanda: 25 anni fa, il genocidio

Le cerimonie per commemorare l’anniversario della tragedia dei Grandi Laghi sono iniziate domenica mattina a Kigali e nel resto del Paese

Cade il 7 aprile l’anniversario dell’inizio del genocidio del 1994, quindi 25 anni ormai, durante il quale almeno 800 mila persone morirono tra aprile e luglio, secondo le Nazioni Unite. In questa tragica ricorrenza è prevista una settimana di attività dedicate alla memoria del genocidio e un lutto di cento giorni. Il capo dello Stato ruandese, Paul Kagame, 61 anni, ha dato inizio alle celebrazioni. Mano nella mano con sua moglie Jeannette, si è dapprima inchinato dinanzi a una corona di fiori, per poi accendere la fiamma del ricordo, insieme al Presidente della commissione dell’Unione africana Moussa Faki e al Presidente della Commissione dell’Unione europea, Jean-Claude Juncker.

Se diversi leader africani come Idriss Deby (Ciad), Denis Sassou Nguesso (Congo), Ismail Omar Guelleh (Gibuti), Mahamadou Issoufou (Niger) e il primo ministro etiopico Ahmed Abiy hanno partecipato alla cerimonia presso il monumento, anche il primo ministro belga Charles Michel è venuto per esprimere il sostegno dell’ex potere coloniale.

Paul Kagame ha pronunciato il suo discorso rituale durante una cerimonia presso il Kigali Convention Center, emblema della modernità nella capitale ruandese e del rinnovamento del Paese dopo il 1994. L’assenza di Emmanuel Macron è stata una cocente delusione per i ruandesi, che speravano vederlo esprimere le scuse dalla Francia per il ruolo nefasto giocato dalla Francia nel 1994, che è accusata dalle autorità ruandesi di essere stata complice del regime hutu responsabili del genocidio, o addirittura di aver preso parte attiva ai massacri, cosa sempre negato dai vertici francesi. In una dichiarazione dell’Eliseo, il presidente francese comunque «esprime la sua solidarietà al popolo ruandese e alla sua compassione per le vittime e le loro famiglie». Forse un po’ poco.

Lo choc suscitato dalle commemorazioni in tanti sopravvissuti è così violento che numerosi psicoterapeuti sono stati mobilitati per l’occasione per contenere l’esplosione delle emozioni. Non è facile curare le ferite di un genocidio che, rispetto all’entità degli appartenenti all’etnia tutsi, regge ik confronto con altri genocidi del passato, quelli armeno e ebraico in primo luogo.

Val la pena di ricordare che i massacri perpetrati dalle Forze armate ruandesi e dalla milizia hutu Interahamwe, ma anche direttamente da molti civili hutu esaltati dalla propaganda anti-tutsi, iniziarono il 7 aprile 1994, dopo l’assassinio del presidente Juvenal Habyarimana, un hutu. La carneficina si è conclusa il 4 luglio con l’ingresso a Kigali della ribellione tutsi del Fronte patriottico ruandese guidato proprio dall’attuale presidente Kagame.

Tanta acqua è passata sotto i ponti della storia, dopo il massacro iniziato il 7 aprile 1994. Ma la memoria è ancora vivissima, e non ha avuto ancora quella “purificazione” necessaria per girare veramente la pagina. In particolare l’assenza del presidente francese appare uno schiaffo ben assestato ai ruandesi, ma anche altri rappresentanti europei avrebbero potuto fare il viaggio a Kigali. La memoria può essere curata solo con una terapia di gruppo, anche tra popoli e statisti, media e operatori culturali. Non è infatti facile dimenticare, ad esempio, gli appelli della Radio-televisione Mille Collines (Rtlm) che istigava al genocidio rivelato i nomi delle persone da uccidere, offrendo premi in cambio di cadaveri e esortando al massacro: «I tutsi rimpiangeranno di essere nati… Le fosse sono ancora mezze vuote, dovete riempirle…».

 

 

 

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