Come costruire una comunità viva
Il Piano B, presentato al Meeting di Rimini, deve fronteggiare povertà, transizione ecologica e digitale, lavoro povero, gravi disuguaglianze nei prossimi decenni. Sfide da far tremare i polsi e non sappiamo di avere già le risorse per avere successo in una società civile italiana assai vivace e ricca di solidarietà.
Non abbiamo bisogno di un nuovo partito ma di uno spartito, come un percorso da fare con un metodo condiviso. I 13 fondatori sono espressione della società civile organizzata e vogliono portare questa ad un dialogo alto ed esigente con la politica in tutte le sue espressioni. La musica da suonare insieme è quella dello “spartito”, sulla base di un lessico condiviso. Tra loro Becchetti, Magatti, Giaccardi, Bruni, Vittadini Bentivogli, Granata, Cartabia, Giovannini.
La sfida consiste nel mettere in connessione permanente pensiero ed azioni virtuose, radicate nel Paese. Da qui può nascere una comunità nazionale orientata all’innovazione sociale e politica. Apparteniamo a mondi vitali che mettono in pratica il nuovo paradigma di generatività, solidarietà, sussidiarietà così caro a papa Francesco. È un vasto mondo di persone e organizzazioni che esprimono una ricchezza di senso del vivere: imprese capaci di coniugare profitto e positivo impatto sociale e ambientale, associazioni di volontariato, enti del Terzo settore, comunità locali che hanno in comune la mentalità “contributiva” della cosa posso fare per il mio territorio e non “estrattiva” delle rendite e dipendenza passiva da sostegni pubblici.
È l’altra Italia giunta alla consapevolezza di poter trasformare il nostro Paese in crisi da decenni, verso una nuova prosperità.
Continua la nostra esplorazione del lessico di parole fondative, pronte per diventare operative e realizzare così una nuova sinfonia della società italiana attraverso la piattaforma internet.
Generazioni (Alessandro Rosina)
Le generazioni legano le persone che vi appartengono al proprio tempo, al passato, al futuro, alle innovazioni in rapporto con le tradizioni. È necessario il riconoscimento reciproco di valore per avere una buona società. È importante allora avere una prospettiva generazionale per interpretare il mutamento sociale in un’epoca di rapide trasformazioni. Le ultime generazioni sviluppano sensibilità e attese diverse da quelle precedenti. Dobbiamo pertanto capire le specificità antropologiche dei giovani, le loro fragilità e potenzialità. Ogni generazione ha il proprio valore e deve essere messa in condizione di portare frutto rispetto alle sfide del proprio tempo. Ovviamente ogni generazione cerca di andare oltre le precedenti. Va incoraggiata.
Il nuovo innanzitutto va capito, non giudicato, per tirar fuori il meglio di sé, per tenere alta la voglia di cambiamento e non adattarsi troppo al mondo attuale, per trasformare la realtà costruendo un futuro migliore. Cambiamento e rinnovo generazionale vanno insieme. Solo così il mondo può migliorare. Quali sono allora i meccanismi di riconoscimento oggi per assicurare la trasformazione di cambiamento in miglioramento?
Assistiamo in Italia ad una forte denatalità con indebolimento delle classi centrali lavorative ed aggravamento del conflitto intergenerazionale dovuto ad un elevato debito pubblico ed alla crescita continua della componente anziana. La questione centrale è allora cosa fare per non rendere questi squilibri insostenibili e ritornare a crescere. Il degiovanimento crea un sistema di nuovi rischi e opportunità. Lo sviluppo sostenibile coinvolge soprattutto le nuove generazioni. Il futuro infatti sarà profondamente diverso dal presente. Fondamentale è pertanto la formazione delle nuove generazioni rispetto ad un mondo nuovo. Altra novità è il grande potenziale rappresentato dagli over 55 mentre è da affrontare l’occupazione degli under 35. È una grande questione politica: mettere in equilibrio generatività, fasi della vita, generazioni.
Giustizia (Marta Cartabia)
È una esigenza fondamentale per ogni persona come la libertà, l’amore, la verità, la bellezza. Potente è l’esperienza personale dell’ingiustizia. Nel concreto vivente (Romano Guardini) ci accomuna la domanda di giustizia, purtroppo spesso inappagata per i limiti umani. Se assolutizzata può produrre inquisizione, totalitarismi, terrorismi, attuali forme di populismo giudiziario. La giustizia da sola non basta. Anzi, può arrivare a negare sé stessa. Per essere veramente tale deve riconoscere il senso del limite. Bisogna sempre andar cercando nuove vie della giustizia.
Recentemente hanno trovato sempre più spazio la giustizia costituzionale e quella riparativa. Il giudice delle leggi ha dovuto difendere il patto sociale sancito dalle Costituzioni, nate dalla lotta contro il fascismo ed il nazismo, attraverso la tutela dei diritti della persona, diritti civili, umani e sociali. Sul piano penale si sta affermando la necessità di rieducazione e reinserimento del condannato. Così, di fronte ai limiti della giustizia penale si è fatta strada la giustizia riparativa. Essa guarda avanti e mira a ricomporre e a riparare le vite segnate dal reato. Con l’aiuto di un soggetto terzo, vittime e responsabili partecipano liberamente alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato. È “la giustizia dell’incontro” tra reo, vittima e comunità. Attraverso un mediatore si punta alla riparazione dell’offesa con il riconoscimento reciproco e la ricostruzione della relazione sociale.
Europa (Luca Jahier)
È uno straordinario progetto politico, nato dopo due guerre mondiali, con 500 milioni di abitanti, un mercato unico, una moneta unica, con la condivisione di valori di libertà, dignità della persona, solidarietà. Ha raggiunto livelli di benessere e di coesione sociale senza precedenti attraverso una legislazione avanzata a protezione di ambiente, lavoratori e consumatori. Primo esportatore del mondo, il Continente oggi è anche il primo donatore con il 46% degli aiuti.
Grazie all’Europa un miliardo di persone è uscito dalla povertà. Brexit, Covid non hanno fatto deragliare il progetto. Anzi, con Next Generation EU, emissione di titoli di debito comune, con straordinarie misure di cura tramite vaccini, generosi strumenti di aiuto e sostegno economico e finanziario, il processo di ripresa e resilienza si è consolidato. Si è accelerato il percorso di transizione ecologica, digitale, di sviluppo sostenibile. Si tratta di una leadership mondiale in questo campo. La guerra in Ucraina ha messo in forte difficoltà l’Europa per la questione dell’autonomia energetica, per l’uscita dalle fonti fossili, per le inevitabili tensioni tra gli Stati nazionali.
Dopo 70 anni non mancano però i punti critici: tensioni sullo Stato di diritto in Ungheria e Polonia, architettura istituzionale e decisionale incompiuta, esortazione a maggioranza qualificata su gran parte delle materie. Si profilano 4 sfide. La prima è quella della trasformazione strutturale delle nostre economie, imprese, sistemi di welfare, città, trasporti, formazione, produzione, consumo, per costruire società più sicure, sostenibili e capaci di mantenere coesione e adeguatezza del proprio modello sociale e di competitività sostenibile.
La seconda sfida è quella delle immigrazioni, che vedono divisioni e tensioni securitarie. Dobbiamo trovare soluzioni di governo complessivo di un fenomeno storico. La terza sfida è quella della difesa comune dopo la guerra in Ucraina, oltre alle sue tradizionali capacità di diplomazia culturale e climatica. La quarta è quella delle riforme istituzionali, a partire dalla abolizione del diritto di veto in importanti materie come politica estera e fisco, rafforzamento della dimensione democratica anche con forme di democrazia partecipativa.L’ Europa comunque si è fatta sempre e continua a farsi attraverso le crisi.
Casa (Elena Granata)
Siamo il Paese che vede nella casa di proprietà il centro di una struttura economica e familiare molto forte. Parliamo di una costruzione sociale fatta di legami familiari intensi che hanno salvato le famiglie dall’abisso di varie crisi nel tempo. Tuttavia viviamo nel paradosso di troppe case senza abitanti e di abitanti senza casa, considerando seconde e terze abitazioni. Siamo il Paese in Europa con più case rispetto alle famiglie. Cresce così il numero di persone, soprattutto giovani, migranti, lavoratori, famiglie numerose, sfrattati, anziani, studenti universitari che hanno difficoltà a trovare alloggio.
La questione abitativa è essenzialmente politica. La scarsità di case è frutto di politiche mancate. Servono regole pubbliche per orientare il mercato abitativo, difendere il diritto ad una casa e al buon abitare. Occorre valorizzare una produzione edilizia flessibile, poco energivora e sostenibile sul piano ambientale. Abitare non significa solo casa, spazio intimo ma anche relazione, riconoscimento, parchi, giardini, cohousing, spazi di ascolto, di prossimità, d’incontro, strade, piazze, qualità dei marciapiedi. Fondamentale sarà la cura della terra, del paesaggio, la mitigazione climatica con il verde, con le comunità energetiche, con nuovi stili di mobilità e di vita nelle città a quindici minuti a piedi per i servizi.
Innovazione (Paolo Venturi).
È un meccanismo generativo di processi dai quali derivano idee, prodotti, tecnologie per il mercato o per la società. I processi orientati al cambiamento non devono però dimenticare il fattore sociale per non diventare solo distruzione creatrice alla Schumpeter. L’ orizzonte di un’azione generativa infatti è la condivisione di valore sociale e non l’estrazione. Per migliorare la vita sociale di persone e comunità bisogna considerare l’impatto sociale delle innovazioni.
Quindi, spazio a socievolezza, intelligenza collettiva, beni relazionali nelle trasformazioni socioeconomiche. Non solo innovazioni digitali ma anche responsabili, inclusive e civili. La sfida epocale della transizione digitale e dell’intelligenza artificiale esigono una diversa coscienza e grandi investimenti in formazione ed educazione. Non solo in competenze Steam (Scienze, Tecnologie, Arti, Matematica, Ingegneria) ma meta-competenze del capitale umano che potenziano la persona. «Senso, tecnologie inclusive, competenze plurali, sostenibilità e cooperazione devono diventare gli elementi di una innovazione che esce dalle secche di una visione estrattiva ed efficientista, per aprirsi ad una dimensione più sociale».
Dobbiamo coltivare l’innovazione dove la capacità emergente è la capacità dell’intero ecosistema di organizzarsi. Questo significa responsabilizzazione delle organizzazioni pubbliche e private verso i cambiamenti e gli shock considerando innovazioni e sostenibilità come sinonimi viste le vulnerabilità.
Sussidiarietà (Giorgio Vittadini)
«Sussidiarietà è parola prima di ogni buona comunità e società». Il primo che deve agire ed essere ascoltato è quello più vicino al problema. Tutti gli altri attori devono fornire un sussidio. Da qui l’art. 118 Cost. sulla sussidiarietà verticale tra livelli di Governo della Repubblica sia orizzontale tra questi ed i singoli associati per attività di interesse sociale.
Oggi la sussidiarietà ha un preciso risvolto politico sia rispetto al neoliberismo sia in relazione al neo- populismo statalista. Ha un risvolto rivoluzionario: mettere al centro la persona e le comunità come attori dello sviluppo economico e sociale. Questo significa non puntare sull’io isolato ma sul noi del bene comune, sulle formazioni intermedie, rispetto del pluralismo e del pensiero critico.
Stato e mercato non riescono a risolvere i grandi problemi di ineguaglianza senza il contributo della comunità. La linfa del nuovo sviluppo deve venire ” dal basso”, dai territori, dall’iniziativa delle persone. Co-programmazione e co- progettazione diventano così il metodo di lavoro tra pubblico e organizzazioni della società civile per concorrere al bene comune.
Lavoro (Marco Bentivogli)
«Il lavoro è il crocevia di tre grandi trasformazioni in atto nella nostra società e nel nostro sistema produttivo: digitale, climatico- ambientale e demografica». Dobbiamo costruire un «nuovo pensiero del lavoro», non ideologico, post- novecentesco, afferma papa Francesco.
La tecnologia cambia profondamente il modo di lavorare e libera l’uomo, come sempre, da alcune incombenze per concentrarsi su altre. Il 65% dei bambini che inizia la scuola farà un lavoro che oggi non esiste, secondo il Forum sul futuro del lavoro. Bisogna progettare ecosistemi intelligenti per valorizzare l’unicità degli esseri umani. Serviranno nuove architetture economiche, sociali, politiche e produttive, un nuovo sistema educativo e formativo. Accorciamo il tempo inevitabile tra scomparsa di alcuni lavori e la nascita di altri.
Serve un nuovo alfabeto del lavoro che deve essere generato, amato, stimato. Il lavoro per tutta l’umanità aumentata ci salvi dalla noia, dal vizio e dal bisogno e sia crescita, mobilità sociale vera, fioritura delle persone dentro legami fraterni e partecipazione comunitaria.
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