«24 ore per il Signore»
«Non ci aspettavamo che il papa venisse nella nostra parrocchia, è una notizia che ha entusiasmato la comunità. È stato un regalo imprevisto perché ci è stato comunicato solo pochi giorni fa». A parlare è don Antonio Raimondo Fois, parroco della parrocchia di Santa Maria delle Grazie al Trionfale dove papa Francesco si recherà per la celebrazione delle «24 ore per il Signore», iniziativa di preghiera e riconciliazione da lui voluta fin dall’inizio del suo pontificato. «Il fatto che il papa presieda nella nostra comunità questa celebrazione, che ha una valenza mondiale perché è inserita nel contesto delle 24 ore per il Signore e si svolgerà in tutte le Diocesi del mondo, è un evento che ci ha riempito il cuore di gioia!».
Un tempo privilegiato, un’occasione per fare esperienza della misericordia, per dare spazio alla preghiera e all’incontro con Dio. Da venerdì 17 a sabato 18 marzo le chiese rimarranno sempre aperte per offrire a tutti la possibilità di sostare in adorazione e di accostarsi alla confessione. «Le porte aperte delle chiese sono il simbolo dell’amore misericordioso di Dio», si legge in una nota del Dicastero per l’Evangelizzazione che anche quest’anno ha curato l’organizzazione. Le comunità in preghiera restituiscono l’immagine di una Chiesa che accoglie e si mette in ascolto.
Ma è sempre facile confessarsi? «La nostra parrocchia ha sempre avuto una buona tradizione in merito alla confessione – racconta don Antonio –. Nel passato abbiamo avuto la fortuna di avere in parrocchia un grande maestro, padre Santiago Bretón, un noto biblista che, quando ha lasciato l’insegnamento, ha dedicato tutta la sua vita e il suo tempo alla confessione. È stato un uomo realmente dedicato alla gente. Come parrocchia non abbiamo mai accusato la “crisi del confessionale”, perché c’è stata sempre una disponibilità da parte dei sacerdoti, anche prima del mio arrivo. È storica in questa parrocchia questa disponibilità: tutti i giorni c’è un confessore, anche la sera, e la domenica – sia la mattina che il pomeriggio – ce ne sono sempre tre o quattro. Nel momento in cui diamo alle persone la possibilità di accostarsi al sacramento, lo fanno con serietà e con grande gioia perché nella confessione si tocca con mano l’amore di Dio che copre la tua miseria, le tue fragilità. Sapere che c’è qualcuno che ci ama nelle nostre debolezze è qualcosa che veramente consola e ridà forza».
Nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie si fa quotidianamente esperienza dell’amore materno di Maria che, con la sua intercessione, aiuta a riavvicinarsi e riconciliarsi con Dio. «Maria ci accompagna con il suo silenzio e con la sua preghiera. L’icona che custodiamo, che si trova a Roma dal 1587, fu portata da Fra Albenzio da Gerusalemme ed è stata oggetto di venerazione per molti secoli. La nostra icona rappresenta la Madonna che allatta. È l’immagine della tenerezza di una madre, di una donna e Maria è maestra di tenerezza, di accoglienza. Penso che proprio l’icona della Madonna delle Grazie possa essere espressione di quello che è veramente la riconciliazione. È bella l’immagine di una mamma che accoglie il bambino e lo allatta, è icona di quello che succede nel sacramento della riconciliazione: sapere che c’è un Dio che ci aspetta e che vuole nutrirci del suo amore. Solo se ci nutriamo del suo amore saremo capaci di amare, solo così saremo in grado di dare amore nella nostra vita, di concedere il perdono essendo uomini di riconciliazione. Ci sarebbero meno guerre sia a livello familiare che comunitario – perché anche le nostre comunità molte volte sono caratterizzate da queste divisioni – e anche a livello mondiale»
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