Iraq, accuse e fake news contro il patriarca Sako
Nei giorni scorsi, il 2 ottobre, in Iraq si è svolta una manifestazione che dal 2019 ogni anno in questo periodo (proteste di tishreen, ottobre in arabo) chiede, come riporta Agenzia nova (2 ottobre), «riforme politiche ed economiche, la fine delle ingerenze esterne, in particolare dell’Iran, e maggiore impegno delle istituzioni nella lotta alla corruzione». Come sempre la manifestazione è stata bloccata e dispersa a colpi di lacrimogeni e bombe assordanti, con qualche ferito e qualche arrestato.
L’estenuante conquista del potere da parte di milizie e gruppi iraqeni filo-iraniani non demorde, nonostante le proteste, nonostante centinaia di morti, e non solo quelli della rivolta del 2019 che le proteste di tishreen non smettono di ricordare. È passato poco più di un anno dall’abbandono della politica da parte del leader sciita nazionalista (anti-iraniano) Moqtada al Sadr, che si ritirò (agosto 2022) e sciolse le forze politiche che lo sostenevano, dicendo: «Ho deciso di non immischiarmi negli affari politici. Annuncio quindi ora il mio ritiro definitivo». Aggiungendo: «Se muoio o vengo ucciso, chiedo le vostre preghiere». Da allora ci sono stati forse meno morti ammazzati in Iraq, ma le milizie e i partiti filo-iraniani la fanno sempre più da padroni.
In questo Iraq senza pace e senza istituzioni efficaci si inserisce un fatto sconcertante: un attacco subdolo e istituzionale ai caldei, i cattolici iraqeni, nella persona del loro patriarca, il cardinale Louis Raphael Sako. Ne parlai in un articolo del 20 luglio 2023, quando mons. Sako decise di lasciare Baghdad, la capitale iraqena, per rifugiarsi a Erbil, nel Kurdistan iraqeno, in un monastero che si trova in una delle zone ancora relativante abitate da cristiani. Perché l’esodo dei cristiani iraqeni va avanti da una ventina d’anni, aizzato dalle persecuzioni che si sono succedute: oggi ci sono in Iraq, su una popolazione di oltre 40 milioni di abitanti, forse 150 mila cristiani, rispetto agli 1,5 milioni del 2003. Chi ha potuto, ha lasciato il Paese rifugiandosi soprattutto in Usa, Canada e Australia (ma anche in alcuni Paesi del Nordeuropa), dove gli iraqeni si sono quasi sempre bene integrati costituendo, con l’aiuto dei Paesi ospitanti, comunità vitali e dinamiche. Ho conosciuto personalmente diverse famiglie in fuga, prima dallo Stato islamico e poi dalle varie milizie che si contendono il territorio.
Il colpo di grazia ai caldei sembra oggi provenire paradossalmente da uno di loro, il politico iraqeno Rayan al Kildani (o Kaldani, cioè il caldeo), che ha convinto il presidente iraqeno Rashid a revocare al patriarca la gestione dei beni della Chiesa caldea, calcolati in alcuni miliardi di dollari. Kildani è una figura molto dubbia, fondatore delle Brigate Babilonia, una milizia sedicente cristiana (ma che accoglie anche miliziani musulmani, sia sciiti che sunniti) che ha combattutto contro lo Stato islamico accanto a milizie sciite filo-iraniane. Kildani è stato sanzionato dagli statunitensi per crimini di guerra e per aver fra l’altro impedito agli abitanti cristiani di Batnaya, un villaggio della Piana di Ninive, di rientrare nelle loro case: per poterle così saccheggiare, ovviamente in nome della “causa” anti-Isis. Kildani è stato fra gli organizzatori, accanto a generale dei pasdaran Qassem Soleimani, dell’attacco all’ambasciata statunitense a Baghdad del 31 dicembre 2019. È stato amico di Soleimani, ed ha sempre pubblicamente elogiato l’operato del battaglione al Quds dei pasdaran.
Questo ambiguo (per usare un eufemismo) personaggio si è accaparrato 4 seggi in Parlamento (dei 5 riservati ai cristiani) nelle elezioni iraqene del 2021, con il sostegno dei filo-iraniani. Il tentativo di screditare il patriarca Sako non conosce mezze misure, comprese fake news e denunce. Lo scopo sembra non tanto quello di controllare i beni della Chiesa caldea, anche, ma soprattutto quello di “gestire” direttamente e senza interferenze le numerose proprietà dei cittadini caldei che hanno lasciato il Paese, magari alienandole “legalmente” ai loro legittimi ma lontani proprietari. L’ultima trovata di al Kildani per screditare il patriarca Sako si è realizzata nello scorso mese di settembre, quando il politico iraqeno si è accodato ad una delegazione di cristiani caldei che hanno reso omaggio a papa Francesco in Vaticano, durante un’udienza generale. Non si sa con la connivenza di chi, di fatto al Kildani ha potuto accedere, nel gruppo, al baciamano del Pontefice, evidentemente ignaro di chi avesse davanti. È bastato un attimo che forse nessuno ha notato, ma accuratamente ripreso in video. Ma questa ripresa è poi servita in Iraq, diffusa attraverso i social media, per “dimostrare” il sostegno di papa Francesco a Kildani, con l’aggiunta di commenti che insinuano la falsa notizia che il Papa si appresterebbe a deporre il patriarca Sako, o qualcosa del genere. Ad uso e consumo dei cristiani caldei iraqeni. Riccardo Cristiano, giornalista e scrittore italiano e grande esperto di Medio Oriente, ha scritto vari e indignati commenti su questa situazione, con molti dettagli. Anche Asianews.it ha riportato più volte il pensiero e gli appelli del cardinal Sako, tuttora esule a Erbil. Interessante l’intervista al prelato su Asianews.it del 19 settembre scorso.